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Non picciolo biasmo mi par che sia de l´umano ingegno, Ioan Francesco dolcissimo, ch'essendo il parlar commune a tutti gl'omini, pochi siano quelli che dal sempre verde et ameno prato d'eloquenzia notabilmente adornati riescano. E si fra li varii studii che ad investigar le diverse nature d'animali, a calcular l'occolti decreti d'i celesti corpi, et a dipinger la bellezza de la ingegnosa terra e d'i suoi fecondi parti, ognor se frequentano, alcun vi ne fusse d'eloquenzia sì acceso che tra li secreti tesori dove questa ch'io dico mirabil reina di mortali occolta giace, trovasse et a' degni intelletti communicarla s'ingegnasse, senza dubio il mortale vivere sovra mortal modo ornato e bello sarebbe; atteso che questa è quella che con sua non meno elegante copia che copiosa eleganzia le agghiacciate voglie ad espugnar qualunque onorata e difficil pugna pote infiammare, e le fiamme degl'infuriati animi nel più acceso loro incendio in tenera dolcezza liquefare.
E perché la moltitudine di sue laudi è d'altri umeri peso che d'i miei, invece di commemorarla mi resto a piangere la calamità d'i nostri tempi, tanto diversi da quel felice secolo nel cui al crescer de l'imperio latino, scoprendo costei le sue troppo bellezze e coruscando coi raggi del suo splendore solo nel mantoano e ciceroniano petto, pervenne leggiadramente al colmo del suo pregio. Di quel secolo il quale di meravigliosi spirti pululava e che di questo tra le umane cose quinto elemento si adornava, devemo tanto ricordarne quanto di questo dove or ne trovamo potemo dolerne. Però che, mancati quelli spirti a li quali non revoluzion di tempi,non inclemenzia del cielo, non impeti di ferro, non combustion di foco mai leder poteva, la infelice Italia con questo lungamente vessato Regno di Napoli sono sempre stati sommersi negli diuturni diluvii di varie barbariche nazioni; el che è stata cagion potissima d'averne posti in gran bisogno di quelli soblimi ingegni che con la somma loro eloquenzia, col prudente governo, con la grandezza d'animo e con ardentissima carità s'avessino in difension di loro republica adoprati.
E perché non intendo avilupparmi in simil materia, sol mi doglio che la penuria d´eruditi scrittori conduca a morte li atti immortali e che da qui proceda che si da uno incolto e rozzo stilo li virtuosi pregi de l´invitti animi sono divulgati, le castigate orecchi da rochi strepiti e le diserte lingue da le spinose carte velocemente fuggir son costrette. Però quando alcuna spezie di saporoso inchiostro si trova a perpetuar le degne memorie d'i mortali disposto, se li deve continue grazie et infinite lode rendere, come a quello da chi l´umana posterità tanto onor ne riceve che fra li dii la fa connumerare. Questa eccellente norma d´eloquenzia e di ben scrivere è di tanta felicità, che dentro le morte carte li divini studii et onorati gesti di spirti illustri resuscita, li virtuosi loro esercizii, li degni dominii, le prosperità, l´infortunii, li esilii, le dote del corpo, le virtù de l´animo, le morti, le guerre, le vittorie, li triomfi, le spoglie, et insomma tutte le gloriose memorie d'i tempi passati, non altrimente che si nanzi gli occhi ce fussino, rappresenta; tal che impossibil mi pare di potersi tanto la eloquenzia commendare quant´ella merita o quanto da se stessa s'estolle; e lo splendor suo è si chiaro, che niente lascia di confusione o di tenebre nella mente de chi la receve; e con tanta propria similitudine le cose a noi incognite depinge, che 'l senso interiore fa capace di quello che mai l´esteriore non vide.
Questa è quella altissima reina il cui parto ne fa padre di bellissima prole, il cui stato è maggior d´ogni imperio, il cui onore avanza ogni dignità, la cui vita vive più del mondo, e la cui gloria risplende più che 'l sole. Questa da varie generazioni di pene cava dolcissimi diletti, e nel gusto di umani diletti trova acerbissimi tormenti. Questa conduce a la vision di cose celesti per camino tanto soave, et apre la voracità de l´Inferno per lochi tanto spaventevoli, che non manco orror dona quando per li orridi viaggi fa strada che porge diletto quando per lochi ameni ella ne guida. Né mai veloce cavallo al cenno de lo sprone o del freno così tosto si mosse, come ad ogni suo arbitrio questa li giocondi affetti e le meste passioni da' nostri animi rimove. Questa fa seccare e rinverdire negl'uomini il volere, come la primavera d'i fiori e l´autunno delle caduche foglie suol fare. Questa schivando li vizii mortali acramente le fulmina e confonde, e seguendo la religion di virtuose opre, nel mondo senza fine le premia et al cielo gloriosamente l´essalta. E perché da la innumerabil sua copia il parlar mio inopia non rechi, dico che questa mi par quell´amplo Oceano che di Omero gli Greci han scritto, dal quale tutt'i flumi han esito e tutti in lui ritornano. E tanto più meravigliosamente di preziose gemme ella s'adorna, quanto più per farsi bella de le facultà poetiche si serve; le quali dal fonte de la divinità da' primi secoli ebbe
Vedesi ancora che la poesia è tanto più divina di tutte le liberali discipline quanto il divin furore donde elle nasce è più eccellente d´ogni eccellenzia umana; e chiunque istimasse quest'arte esser umana e non divina meritaria solo de la sensitiva sua parte esser participe. E mi pare che, sì come l'anno e no 'l campo produce il frutto, cosi 'l furor divino, e non l´omo produca il poema; e questo si verifica per ciascun di quelli che, quantunque dotti et eruditi siano, diventar poeti non ponno si prima dal furor divino concitati non sono. Veggio anco che la poesia è quella che, abbracciando tutte l´arti con diffiniti numeri, con misurati piedi e con gravi sentenzie, quanto l´omini han fatto, quanto han mai detto e conosciuto, sotto meravigliosi velamenti, da chiari lumi illustrati e di varii fiori parimente ornati, non senza dilettar l'orecchi e giovar l´animo, mirabilmente esprime. Sovente ancora la divina providenzia questa divinità spira et alle menti di rustici, incolti et inettissimi uomini l´infonde, per significarci che li sacri poemi da' suoi doni e non da le umane dottrine procedeno; el che non za divino misterio se pò credere, atteso che l'altissimo Idio è sommo poeta e lo mondo con tutte le cose create è il suo poema. Onde, fra tutte le creature razionali principalmente il poeta deve conoscer che ha seco quella sempiterna et a Idio istesso simile imagine, il donator de la quale, come a suo et universal creatore, deve con ogni suo intento adorare, timere e reverire; e, temprando sue voci con l´armonia di tutt'i corporali sensi, darli ognor grazie in versi e cantici; e tutt'i doni che da sua larga bontà li veneno, deve per lo colto di sua gloria e per l´onore di sua maestà usarli, spenderli e consumarli, però che tutto quel tempo che a non pensar di lui fia speso, indubitatamente se può tener perduto. Et assai beato è colui che 'l corso di sua vita il mena tale quale deve presentarlo nanzi a Idio.
Et acciò che da la dignità poetica non mi dilunga, dico che nel principio d´ogni poema — quel che non usano gl'altri scrittori —, li poeti invocano il favor divino per dinotare che 'l poema sia divino e non umano documento. E si con diligenzia pur s'investigasse la qualità del poeta e del profeta, non poca similitudine tra l´uno e l´altro si trovarebbe; e questa somiglianza forse indusse Aristotele a chiamar teologi li poeti, il nome d'i quali da' Latini è detto
Ora avete per le già narrate ragioni — avenga che infinite altre per brevità lascio — in gran parte inteso li sommi pregi de la eloquenzia e la divinità de la poesia, a la quale possemo lunghissima vetustà attribuire. E non senza cagione li antichi dissero che Apollo e nove muse hanno la protezion d'i poeti. Sarebbe ancor cosa assai degna d´esser intesa il narrare quel che li dottissimi filosofi argutamente del furor poetico intesero; ma per non esser troppo lungo, alla essaminazion di più avidi e curiosi ingegni lo ripongo, alli quali ancor lascio, l´interpetrare come alli dolci canti d'Orfeo li fiumi e le pietre d´aver orecchi mostrassino, e l´indomite fiere la lor selvatichezza lasciassino, e come la sovave citara d'Amfione constrinse che in edificar le tebane mura le stesse pietre sé ordinassino. Né m'affaticarò, fra le diverse opinioni che ho raccolte, nominare il primo inventor di versi, perché tra 'l variar d'i secoli e la varietà di lingue son varie tenzioni.
Molte altre cose, che arei da dire ancora, lascio per esser laconico. Né queste parolette che mi sono occorse avrei già dette, perché non era mia intenzione ragionar d´eloquenzia né di poesia, ma di fare breve prefazione a la descrizion che, come sapete, ho fatta de l´aminissimo sito napolitano. Pure la cagion che a questa lunga digressione mi ha spinto, sperando che non sia disdicevole, è che, per vedervi ne' vostri giovenili anni coltissimo giovene, mi par che siate e de l´una e de l'altra facoltà così avido che la elegante industria che usate nel ridurre le amorose invenzioni con ornate e candide parole, ad ordine di terminati numeri, di misurate sillabe e de accomodate sentenzie, dona indicio che non senza il favor del celeste influsso a questo solo siete nato. E si da cosi fatta bellezza mai non vi dipartite, né cosa più vaga, né gemma più ricca, né vita più viva per l´imortal vivere trovar porrete. Oltre di questo, dopo nostra amicizia ho visto fiorir in voi uno ingegno nobilissimo, notrito dalla già fruttifera dottrina di Misser Pietro Summonzio. omo dottissimo e d´ogni parte di virtuosi et onesti costumi così ornato che a giorni nostri è stata persona di raro essempio. Da tutte queste et altre bone parti che in voi conosco ho preso ottima coniettura che s'a così dolce studio, a così bello essercizio, a così riposata fatica et a così magnanima impresa, accompagnato da virtuose operazioni perseverarete, acquistarete quella soprema ricchezza che con voi crescerà e con voi viverà sempre, e dopo questo stato alla eterna beatitudine vi sarà duce.
E benché io pensi che tutte queste cose che v'ho dette, e per aventura assai più, siano da voi fra le dotte carte non solo state viste e considerate, ma poste in esserzizio, nientedimeno le degne memorie e li chiari nomi di quelli, tra' quali il Signor Ioan Francesco Caracciolo vostro materno avo immortalmente vive, e qual ottima lira degli amorosi poemi dal venerando simulacro di muse, Messer Iacobo Sannazaro, non poco celebrato risona, devrebbe esser fiamma ardentissima d'accendervi ad ogni preclara impresa. E si mai pietoso ricordo vi punge di quella viva Fenice del Signor Pier Antonio Caracciolo vostro zio, lo cui bel stilo la sua morte fa viva, devriavi accendere a donar di voi maggior spettazione di quella che da lui si sperava. Queste mie parole se appo voi avranno qualche peso, ho giudicato che al virtuoso vostro animo debbian esser grate et a mia cordial affezione convenienti; e, pensando d'aver acceso chi arde e d´aver giunte ali a chi vola, lascio di voi l´assunto alla vostra natural virtù che seco vi tira.
E poiché mi avete spinto a poner in opra il più volte tra noi ragionato pensiero di parlar di questo bel sito di Napoli — la cui amenità ne la sua copia mi ha sommerso, e con la mia forza, dispare al suo peso, mi son posto a scriver di lui qualche cosetta —, dico che tal sito tra le reggioni maritime è bellissimo, e d´ogni parte tanto ben dalla natura ornato che si 'l preponesse a tutti quelli che nel settentrione, ne l´occidente e nel mezzogiorno ho visti, non senza suo dignissimo merito li conveneria; atteso che di vaghezza è amplissimo, d´abondanzia ha tutte quelle cose delle quali l´umano appetito puote satisfarsi — anzi, di tutte le cose che qui abondevolmente si trovano, in l´altre parti a pena qualcuna di esse si trova —, e quasi non si pò bramar cosa alcuna per lo viver umano che la terra qui non produca. E perdonimi ogni città che così ben servita dal mare, così ben nutrita da la terra e così da clemente aere sempre conservata, di gran lunga non si pò tenere. Lascio di narrare le infinite eccellenzie della città che si gode di tal sito, perché la irradiazione del suo splendore, la eternità di sua fama e la gloria di sua generosa nobiltade merita degnamente tutto il cumulo e l´amplitudine de l´oratoria e della poetica facultà in sue laudi adunare.
E si quella dolce maestà, che dalla natura tiene, invita ogni animo gentile a portarli singolarissima affezione, a me. con la debita reverenzia che l´ho sempre portata e porto, così rozzo e mal colto come mi trovo ha invitato a ragionare del suo bellissimo sito ne l´umil stilo d´ottava rima, oggi da eccellenti scrittori più che per a dietro frequentato; tra' quali dalla candidezza del raro spirto di Misser Ludovico Ariosto oggi meravigliosamente si vede illustrato. E benché il suggetto sia tale che, quanto più di quello si parla, tanto più resta di poterne dire, non ho possuto a l'amoroso stimolo di vostre persuasioni negar di satisfare. Onde, quanto conosco il dir mio dissimile alla bellezza del loco, tanto voi sarete inescusabile d´aver voluto inestar su la quercia il pero.
E perché osservan li eruditi scrittori di presupporre il nome della cosa di che si tratta nel principio d´ogni lor trattato, avend'io da ragionar di cose liete, dilettevoli, floride e.gioconde, m'ha parso da l'ombra della bellezza poetica toglier qualche ornato velo, e sotto quello dar nome a questa mia cosetta “Tripudio di Nimfe Napolitane”, e con quelle andarmi giocando per le gioconde et amene parti del sito già detto, chiudendo il dir mio con l'inchiudersi loro a ballare in quella verde foresta, de la quale non senza poetico artifizio si ragiona né meno a le nimfe senza misterio s'allude. Ma convien che rompa la noce chi vole gustar suo frutto: li concetti miei son castamente ombreggiati e cautamente tessuti; e quando li veri loro sensi saran gustati, porran forse dilettare a quelli che son ora et a quelli che dopo lor verranno; et a questa città saranno per aventura tanto più grati quanto vedrà sue belle membra, non in marmo intagliate né in tavole dipinte, ma fra quelle colorate parole che le muse m'han concesse, dal vivo ritratte, da coltissimi spirti vagheggiare.