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Ciò dice de dante perchè non fu aventurato ai beni de le richeze del mondo le quali vegneno piue da la ventura che da virtù e da sapienza.
donna gientile cioè la grazia che prima ne viene ne la
fantasia e chiamase grazia illuminante. Lucia è quella ch’à iluminato le nostre vedute,
che per sua pietà la te mandò a la salveza... grazia enfine a la nostra salvazione.
E pronti sono al trapass
A lor surse. questa fu l’ombra de misere cavalcante de
cavalcanti di firenza, padre de guido cavalcanti et fo ei detti epicurei.
Forse cui guido. questo guido nonn estudiò in virgilio,
anzi studiò in filosofia et però dice forse om.
Ma non cinquanta
om.
Noi veggiam. coloro c’ànno la mala luce sono naturalmente
i vecchi che vegono le cose da lungi meglio che da presso. quando l’omo vecchio vole
vedere una cosa sì la se delunga dal viso et alora la vede et apresandolase nol la vede.
Così vol dire de l’annime d’inferno che antiveggoaltra m.
Federigo secondo de la casa de sovave imperadore. (a) fo rubello de santa ghiesa si
ch’è messo tra i pactarini. et così questo cardinale. ma solo dio el sa altra m.
D’uno grande avello. questo anestasio fu papa et fu tracto
de la fede da uno ch’ebbe nome fontino. et fu uno grande ereticho perchè ’l decto
anestasio fu privato del puntificato secondo infed
Qualunque se medesmo desperato s’ucide o per alchuno vicio destruggie la sua fachultà che poi venuto im povertà se despera come segue.
Chi biastimma dio per sua superb
L’amore de la natura se corrompe per ciascuno che fa contra. et questi sono che
semmena
per l’altro modo quel amor s’ubblìa. nota
Qui sono coloro che l’amore naturale. et l’amore de la fede umana rompono mentitori senza niuno amore. freddi d’onni virtù. traditori.
Philosophia come natura prende. ciò ch’essa fa sì
l’aprende dal divino intellecto. ciò vol dire la prima natura che fa si è dio, ch’à facto
l’exere de la natura seconda. ciò sono le cose gienerate et questa seconda natura se fa
figliuola de dio. et quantunque ella pò s’esforza de seguitare dio. e la natura umana che
se dice exere figliuola de la figliuola de dio si che l’umana natura vie
Mentre che furia. qui mostra che l’uomo se dìa partire da
l’uomo adira
Questa roccia. vole dire virgilio che nella passione de giesu christo el l’ora ch’ei morìo in croce che quella roccia così cascasse. Alcuno altro dice che fu allora che christo nacque.
E tra ’l piè della ripa. Centauri fuoro li primi omeni che
fuoro veduti su cavalli. andavano trascorrendo per le contrade e robbando et ucidendo le
persone. perchè erano così forti fuoro chiamati ciento auri. ciento perchè erano ciento. et
chiamati auri che come ’l vento corrino. et credè la giente che li viddeno da prima che
l’uomo ’l cavallo
qui me tentò et dixe quello è nexo. ha detto sopra
Prosegue
secondo la tradizione
Mostrocci un’ombra. costui fu uno conte di monforte il
quale venuto d’inghilterra, uno barone de la casa reale d’inghilterra stando in viterbo in
ginochioni denanzi a l’altare quando se levava el corpo de giesu christo esso conte decto
de sopra con uno spuntone l’ucise se può dire in grembo a dio. el chuore che ’n sul
tamis ancora si cola. poi fu in inghiltera una figura de marmo a la sua immagine nella
ghiesa reale presso a quel fiume c’à nome tamis la quale figura è da quei d’inghilterra
onorata enchinandose a lei per suo onore.
Quando noi ci mettemmo per uno bosco. questo bosco che
non era segniato da sentieri è la mente del desperato senza punto de ragione. ei
maladecti suoi pensieri sono i bronconi neri oscuri nodolosi contrari a la vita del
desperato. l’arpie sono ucelloni enfernali rapacissimi divoratori. fanno lamento en su li
àlbori strani. Sono le desperate annime che ucidono per desperacione i loro corpi
privandose de la propria vita. et sono arbori a significare le tre potenze de l’omo. ciò
sono: vita sensitiva, vita vigitactiva et vita entellectiva. Onde se l’u
om.altra
m.
S’elli avesse potuto creder prima. Virgilio conta el lo suo
libro che arivando enea enn alchuna parte dove vidde molti sterpi, che cavandone
alchuno esso sterpo parlò tutto sanguinando. dicendoli com’elli era pollidoro figliuolo
de priamo re dei troiani stato morto dal suo cogniato nominato polimestor. onde perchè
dante legiendo questo en sullo virgilio et forse non credendolo volse virgilio ch’ei
n’avesse qui la sperienza.
I’ so colui. costui fu cancellieri de lo imperadore frederigo
ba
La meretrice. ciò dice de la invidia. cierti invidiosi achusaro de falso el decto
cancellieri a l’imperatore. per la qual cosa l’imperadore il fece abacinare. per lo quale
desdegnio se desperato gittatose in ll’acqua d’uno ponte afogando morìo. et però dice
ingiusto om.
Come l’altre verremo ma non però ch’alcuna. qui fa dante
una comparazione che l’uomo che se priva de la vita del corpo sia sì grande rapace de sè
medesmo che secondo elli ae meritato non è ragione secondo la giustizia ch’ei merta de
r
con una mano che segna i vv.
Et eccho om.
Quel dinanzi. questi che sono tormentati da le cagnie sono
coloro che se ucidono non de tanta fama chome quei che diventano àlbori. et però sono
facti sterpi. tra i quali raconta d’uno senese nominato lano. el quale avendo el suo
destructo, a la sconficta ch’ei senesi recevectaro a la pieve al topo esso alano desperato
de la sua povertà potendo scampare a studio consentìo de farse ucidere.
O iacopo. similemente per fuggire la povertà in ch’elli era
venuto ucise sè stesso et fo trovato nascosto manicato da’ sorci inn uno orto fra cessti
d’erbe.
Qui dice dante che firenze fu dificata socto el nome de marte et che quando i
fiorentini mutaro d’adorare marte et adoraro giovanni batista. che marte sdegniato
sempre col la sua arte. cioè deo de le bataglie. sarebbe contra i fiorentini. E se non fosse
la testa del decto marte ch’era murata en alchuno ponte d’arno ch’esso marte al tucto
avarebbe destructa fiorenza. et che sopra la ciennare che remase al fuoco d’actila che
arsaviò fiorenza, ei cictadini remasi che la refondarono avarieno lavorato invano. se non
fusse la decta testa del deo marte altra
m.
Le forche se chiamano giubbecto nella lingua francesca altra m.
Quostui fece de le mura de le sue case forche. ciò è che s’empiccò elli stesso in casa sua.
Quali Alexandro. nelle parti d’india piove falde vel fiamme de fuoco. per che alexandro facìa andare le sciere de la sua gente intorno pestando perchè ’l fuoco non s’apicciava ed era più agevole ad aspegniare. et chi dice falde grandissime de neve.
Ciascuna parte è rocta. ciò sono d’una f
o figliol.
Ma quello engrato populo che discese. dice che quando fo
desfacta fiesole dai romani che e’ fiesolani devenaro cictadini de firenza. da questi
fiesolani è venuto onni engrato modo de reggiere. da costoro nacque el sopranno
Non è. dice dante io non temo la furtuna pur che no faccia contra la mia conscenza.
cioè contra la fede christiana. però ch’io me credo aquistare tanta onorata bona fama che
la fortuna no la mi pò torre a modo ch’essa
Insomma. tucti costoro en tempo antico fuoro lerci del vituper
Siecti racomandato el mio tesoro. ci
già era jn loco. om.om.
Disse a costoro se vole exere cortese perchè fuoro vallorosi
hommeni grandi con molta virtù bene che da quello vituperevole vizio fussaro bructi
come Aristotile scrive nella sua ecticha dove tracta de baractieri retenetori de bordeli,
ruffiani, assessini traditori et sodomiti et usurari.
Nevote fu. costui ebe nome guido guerra et fu valente omo et savio et fecie in toscana per parte molto et fo dei conti del casentino ghelfo. et li altri sui compagni ancora fuoro assai famosi fiorentini ma sodomiti. et nara ch’ei vanno correndo sopra una rovente rena ignudi. sovra li quali piove continuo fiamme ardenti de foco. et sono quasi a una medesma pena coi superbi lassati a rietro et co li usurari qui poco innanzi. a significare le loro operationi perdute come se perderebbe onni seme semenato el la rena.
mi noce.
Taide. questa fu la puctana che colle sue losinche tradìo
sansone suo e tossorollo. per quale cagione fu acecato dai sui nimici. costei sendo
adimandata da sansone s’elli avi’ grazia el lei ella li respose le grazie ch’ella li avìa eran
meravigliose.
Le righe abrase sono due, ov’era scritto una chiosa
volgare di cui si legge: “lo quale fu giusto”
Nuovo giason. costui fu el lo vecchio testamento signior del tempio come papa et
per avarizia corrocto el re del popolo de deo el decto re li concedecte ch’ei facesse
spelunca bordello del decto tempio. et così farae uno papa che verrà da ponente de santa
ghie
Questo papa adimandò di fare parentado col lo re Karolo de la casa di francia re del
reame de puglia credendo che per moneta el decto re se vendesse. onde la resposta del
re fo che se ’l papa fosse de tale casa che doppo la sua vita fossaro li altri come era de la
casa sua reale che suciede sempre al primo ginito che ’l farebbe. et così confuse la sua
superbia altra m.
Quella. costei è la santa ghiesa stessa che nacque colle
secte teste. ciò so le sette virtù. quatro cardinali. prudenzia temperanzia giustizia et
forteza. et le tre fede speranza et carità. altri dice li secte doni de lo spirito santo. altri li
secte sacramenti de la sancta ghiesa. li comandamenti che dio diede a moisè son li dieci
Anfirao. costui fu grande indivinatore et quando el re
arastro pose oste a la cità de tebe diede per consiglio al decto re che no seguisse quella
empresa però ch’elli avia veduto la grande destrucion che n’averia. et volendo el decto
re seguire il suo consiglio el decto Anfirao a peticione della sua moglie coro
sì s’aterga. om.
Suso in italia bella giace un laco.
quel luo
luogo è nel metzo. etc.
Et già ier nocte fu.
Quale sono messi li baractieri el la pece perchè la pece à
questa natura. che fredda se speza ed è lucida nera. a dimostrare che ’l baractieri
s’engiegnia de mostrar
A quella terra. cioè lucca e pone ch’ei lucchesi sono
costumati losenghieri et in comuno sono baractieri. et bonturo fo maestro dei baractieri.
ma dice fore che buonturo per lo contrario.
El serchio è uno fiume presso a luccha qual come ’l nostro arno a noi nel mezzo
Capro
poi disse noi. qui mostra il dimonio de dire alchuna volta
vero a fine pericoloso de colui che i crede.
Et più oltre. om.om. il computo onde trascurando l’incarnazione gli viene come anno nel
quale fu “il suo lavoro il 1399, come in Bv.
Quando dante fecie questo libro fo al tempo del perdono del mille trecento. si che
corriva da la morte de christo alora mille doigiento sessantasei et christo avìa trentatre
anni si che da la sua nactività ’nfine al decto perdono corino mille trecento e a la morte
mille trecento sic
Corredori qui quasi dante remprovera a li aretini quanta
tribulazione ab anticho ei fiorentini à
Coi giottoni. Reg. XXII, 26, 27. Psal. XVII, 26, 27
Quando i delfini che so pesci c’ànno la schiena come porco. quand’i marinari li
v
Che più non s’apareggia mo et issa. mo et issa sono uno medesmo tempo che l’aretino dice mo del tempo presente e ’l lucchese dice issa di quello che l’aretino dice mo et de converso. E nota che come mo s’acorda enn uno tempo con issa così inn uno punto s’acorda el fine col lo principio et de converso che sempre el fine è a uno tempo col lo principio e ’l principio col lo fine. etc.
Non corse. simillitudine che ’l testo dice assai chiaramente.
che quanto più l’acqua cade più d’alto tanto più veloce è presso al suo fine del lo
Elli avìano cappe dorate de fore. et dentro de piombo gravi
tanto che fedderigo. el re federico de cicilia facìa morire i sui condannati vestiti de
cappe de piombo tanto gravi che morivano stentando. etc. a questi ipocriti dice che sono
dorate de fore sì che li abaglia. per dimostrare la loro falsetà che dentro son pieni de
gravissimi peccati et mostrano d’esare santi abagliando prima se medesmi poi coloro
che vegono de fore.
interlineare
Frati gaudenti. Questi fuoro doi frati li quali erano tenuti
santi et per la loro buona vita el lo parere de fore fuoro chiamati dai ghibellini et dai
ghelfi di firenza in concordia che questi frati avessaro autorità a pacifficarli ensiemi.
questi come falsi corrocti per denari presaro l’una parte onde i ghibellini foro cacciati di
firence et feciero sì che anco se pare intorno dal gardingho. ciò è quel luogo così
chia
Me disse quel conficto. chostui fu caifasso che consigliò
essendo sommo pontefice quello anno el lo tempio dei giuderi. disse contra iesu christo
che convenia che uno omo morisse a ciò che ’l popolo non perisse tucto. dicendo se
christo vive tucto el popo
In quella parte. El giovanecto anno s’entende marzo et
quando el sole è socto l’aquario ch’è di genaio. è stato ed è presso a gienaio uno mese in
mezo da gienaio a marzo. sì che marzo se dice ch’è giuine et de marzo cominciano le
nocti a menomare enn avanzare dei dì. però che de marzo è el dì pari de la nocte ed è
questo al mezo marzo et l’altro dì cominciano a cresciare e’ dì en dì, et le nocti ad
andarsene a mezo dì. altri dicono ch’è de gienaio et ciascuno dice e
Più non se vanti libia si è nella parte d’africa dove sono
diece generazio
Tale era el pecatore. sono poniti ei ladroni dai serpenti per
similitudine. cioè come ’l serpente sempre vae nascoso et così va el ladro. e dice che se
traforma el ladro punto dal serpente in sua vanità. et le punture rapresentano li ochulti
pensieri da chui sono ei ladroni sempre stimulati come possano furare sì che se
trasforma
magra.
Sopra campo picceno.
Lo mio maestro. questo chacco fu de la schiera de’ centauri. ma perchè fo ladrone non è messo fra i centauri. questo ladrone essendo ercole con molta grande peculia de bestiame dalla victoria ch’elli avìa auto contra ’l decto gerione ch’el l’avìa morto. arevando en quel loco dove questo ladrone chaccho abitava più volte avedendose ercole furate del suo armento non se podìa avedere da chui. perchè caccho la nocte pigliava le vacche per la coda et i buoi e traendoli a dietro le mecteva en ella sua speloncha socto il sasso del monte aventino. andando ercole d’intorno una volta sentìo mughiare le vache ch’erano el la speluncha. onde ercole seguitando el loro mughiare pervenne a l’entrata de la speluncha et combactè con chaccho. et sì l’uccise che per la voluntà forse che po’ ch’ei l’ebbe morto li diè più colpi. et però dice che li ne diè ciento et non sentìo le diece.
Erra dicendo che Cadmo “ma osserva che Ovidio
“la trasformazione
Così vidd’io. e qui me schusi se lla penna aborra. dice
dante stesso che li parse aborrare in questo capitolo. et così è.
ma si preso. Bv. crede
s’accenni al tempo della Visione
Et qual è collui che se vengiò col li orsi. questo fo eliseo
profeta et fo discepolo d’elia profeta et quando elia n’andò suso in cielo en sun uno
carro de fuocho portato da cavalli nom poteo vedere altro che la su fiama. e dise
piangendo. maestro mio perchè m’abandoni? poichè remase eliseo fo molto ingiuriato
da’ fanciulli e andavalli dietro perch’ell’era molto vecchio et chalbo dicieno: chalbo.
chalbo chalbo chalbo. per quale cacione venaro
Chi è ’n quel foco che viene sì diviso. la pira si chiamava nel tempo antico quello fuoco dove s’ardivano i corpi morti de’ grandi segniori. leggiese nelle istorie dei tebani che doi fratelli l’uno chiamato theocles l’altro pullinnicie furono ensieme nemici et pieni di tanta crudele discordia che amendui combactendo ensieme a corpo a corpo amendui s’ucisaro insiemi. poi così morti per fare com’era usanza fuoro messi in quel foco chiamato la pira. e dice stazio ch’e’ dui mostraro questo miracolo. che la fiamma del fuoco faciva doi corni ardendo divisa a dimostrare la gravissima nimistà dei loro pessimi crudelissimi corpi.
diadimia fedele anco ad achille. dice anco per alcuna pistola che ovidio scrive
mandasse d’el
lassa parlare a me, ch’ei sarebbono schivi del tuo dicto. perchè dicie dante: tu se’ nato de’ romani. i romani sono nati dei troiani. i troiani sono nemici dei greci. Io dice virgilio so nato dei tebani nè sono i tebani tanto nemici dei greci quanto dei miei quanto dei tui. e anco perch’io cantai el lo mio libro a loro onore.
costo
Me dipartì. questo fu olisse re il quale fu ritenuto col li sui
dopo lo desfacimento della cità de troia per incantamenti d’una c’avìa nome circie inn
una isola del mare doi anni. al fine vago d’andare
tucte le stelle de l’alto polo. vòle de l’altro polo. dice che vediva le stelle che sono da l’altra parte de la terra ciò è l’altra tramontana. et può dire alta però che da la parte del cielo de là se chiama antarticho et la nostra sechia polo artico. si che vedìa enn un’ora la tramontana nostra et quella de là.
Mughiava. uno grande ingegnioso credendo venire in grazia
d’uno crudelissimo re di cicilia et chi dice tiranno fabricoe uno bu
Io fui om d’armi. questi fu el conte guido da montefeltro che
fu grandissimo malizio
Che de l’anella. Annibal de cartagine più volte isconfisse i
romani. tra le quali li sconfisse e ucisine tanti che se trovaro l’anella che fuoro tracti ai
morti venticinque moggia d’anelli mandati per segnio de victoria en cartagine. et fu
questa sconficta el lo tereno de puglia. Anco fo una sconficta em puglia receuta da uno
signore nominato Ruberto viscardo dove moriro migliaia de pugliesi per la lungha
guerra dal decto Ruberto. Anco fu em puglia enn uno luogho che si chiama aceperano et
anco fu in puglia sconficto el re manfredi et morto dal re Karlo de francia primo re de
puglia de la casa di francia. Anco fu im puglia sconficto dal dicto re Karlo corradino
com molta giente dove senz’arme vinse il vechio Alardo. mesere Alardo fo uno
chavalieri che per saramento nom potìa portare armi contra el re manfredi. ma con suo
consiglio venuto al re Karlo chon uno falcone in mano fu el re manfredo dal re Karlo
sconficto.
Vedi com’è strappato maometo. De costui sa tucto el mondo
ch’ei fu erecticho pactarino col lo suo compagnio chiamato eli et col lui sono così
tagliati tucti ei semmenatori de li scandali comectetor d’odio de omicidi et d’altre
maledicioni simiglianti. questo maometto fu de spagna et mandato a predicare per
convertire li saracini dal papa. esso maomecto convertine molti a la fede christiana poi
per alchuno sdegnio aùto col lo decto papa disse el contrario ch’elli avìa predicato.
predicò contra la fede christiana onde per lui tucti se fecero contr’ai christiani più
contrari ch’ei non erano stati de prima et adorano maometo per loro idolo mandato da
dio etc.
E fa sapere ai dui. questi fuoro doi fratelli signiori de fano. li
quali venuti come li avìa mandati per lo misere malatesta vechio d’arimino li fece
amazarare in mare. pres
Quel traditor che vede pur chol l’uno. dicie del dicto
malatesta ch’era ciecho d’uno ochio che li fece amazerare. e tiene la terra che tale è qui
meco vorrebbe de vede
Chostui fu cavalieri di cesare. dubitando julio cesare de
passare il confine contra roma ch’è quel fiume nomato rubicone che ss’entendiva chi ’l
pad’altra
m.
Gridoe. recorderaiti. chostui fu colui che consigliò li uberti
che ucidesero quello dei buoni dal monte c’avìa rocto el parentado da sè a li uberti.
dicendo chosa facta cap’à che fo la sua desolazione et morte de sua schiacta. ch’era de’
lamberti signori alora de firenze. et de li uberti ancora. come fo rocto el parentado dei
buoni dal monte per colpa di buon dal monte qui ricta se tace.
E già la luna. Quando Dante da prima entrò con virgilio
nell’inferno (la luna) era di quassù la sera. ma era tanto volto el cielo ch’era la luna
passata da l’altra parte de la terra. si che venìa ch’ella fosse socto ei piei di dante. come
de quassù li era sopra el capo. ed era più che meza nocte et dante nom potea stare più
che infine al dì per uscire d’inferno. et però dice virgilio afrectandolo: el tempo è poco
d’altra m.
Io fui d’arezo. costui fu uno notaio che per alcuno vizio
credendo envaghire uno giovane per arecallo a sua voluntà li fece credere che sapìa fare
per arte magica fare volare altrui. volendo el decto giovane invachito de volare volse
ch’el decto notai’ el facesse volare com’elli li aviva promesso. et perchè no ’l fece
achusollo a uno capitano de siena et fo in Siena. sì ch’a petizione del decto giovane esso
capitano fece ardare il decto notaio. tenendo el decto capitano che ’l decto giovane fusse
suo figliuolo lu secondò. dedalo fo uno che campò de pregione com’à scricto ovidio.
albero en siena ebbe nome il giovane che l’avìa achusato.
Ma nell’ultima. dice l’artino decto de sopra ca non fui
giudicato da minos in questa bolgia d’inferno per lo pecato contra natura per lo quale
me fece ardare ’l decto capetano ma per l’alchimmia ch’io nel mondo usai.
Onde l’altro. qui pone i nomi de coloro che feciaro la brigata
en siena chiamata la brigata spendareccia. che facieno cociare li arosti al fumo de’
garofani. et facieno frigiare ei fiorini et davanli davanti per tagliere et altre molte
bestiali vanitadi. per la quale vanità tucti se dotaro. tai fuoro queste le più principali
stranezze.
Ed elli a me. Mirra ebbe nome una figliuola d’un re la quale
innamorata d’amore libidinoso et manifestatase a una sua baila o de morere o d’avere
suo padre, la baila fece che ’l padre credendo avere a fare chon alchuna giovana come la
baila li avia facto crede
O voi che senz’alchuna. maestro adamo fo uno grande
falsatore de l’alchimia et stecte col li conti da romena et quivi a petizione dei decti conti
afalsò el conio del comuno de firenze. et fece fiorini falsi gigliati. per quale cagione
saputo ello fu preso e fu arso in fiorenza secondo afalsatore de moneta om.
L’una è la falsa. Esendo gioseppe venduto da i sui fratelli a’
mercatanti d’egicto da i decti mercatanti a uno barone del re faraone ch’avìa nome
furafar. la moglie del decto furafar ennamorata de joseppe mandato per lui et avendolo
nella camara la decta moglie de furafare lo ’nvitoe ch’elli avesse a fare col lei. et
avendolo preso per lo mantello Joseppe uscìo del mantello et fugìo via. perchè la falsa
dollorosa gridando et piangendo l’achusoe al marito com’elli l’avìa vol
E qual’è quei. alchuna volta sognia l’uo
Che dove l’argomento. El li maladecti giganti erano queste
condizioni le quali non sono el li alifan
Noi procedemmo e venimmo ad anteo che ben cinque alle
om.om.
Qual pare la carisenda. è un’alta torre altissima ed è molto
piegata im bolognia che fa come qui el testo dice.
Ma quelle donne m’aiutino c’aitaro a murare tebbe. anfione
fu re de la cità de tebe il quale volendo chiudare de muri la citade parlava tanto
dolcemente al poom.
Non fece. la danoia è ’l magiure fiume che sia nella magnia
più socto la tramontana che ghiaccia sì forte de verno che ce vanno su per lo ghiaccio ei
vianda
Se vòi sapere. questi furo doi fratelli conti. li quali uno ucise
a tradimento l’altro.
Non quelli a chui fui rocto. costui fu figliuolo del re artù et a
tradimento vene a bataglia col lo padre. onde el padre pensando al tradimento del
figliuolo avisato lui con una lancia el ferìo sì che tucto el suo pecto li partìo. e tirando a
sè la lancia per miracolo uno raggio de so
Sassolo mascherone a tradimento ucise suo padre medesmo.
Et perchè nom me meta. Camiscione dei pazi fu uno
chavalieri dei pazi el quale ucise uno suo fratello a tradimento. per la quale morte
sempre poi fuoro nimici ensiemi divisi ei figliuoli del morto con li figliuoli de misere
camiscione. et più morti passa
E aspecto Karlino. karlino fo del casato dei pazzi. esendo
enn uno castello chiamato piano asediato dai fiorentini tractando col li fiorentini a
tradimento diede ai fiorentini el decto casted’altra m.
Piangendo me sgridò. om.
Ei pia nge qui. questi fu da duera
grande traditore
Quasi dica che ’l dolore il tenne vivo doi dì, ma poi per lo digiuno venne meno la
sua vita altra m.
Respose. quostui fu chiamato frate alberico. et avendo
envitati cierti che se credìeno exare sui grandi amici a uno mangiare dicendo: vegniano
le fructa. com’elli avìa ordenato esciero fore fanti armati che a taula fuoro da essi fanti
morti a pe
Qui per dichiarare a molti che vogliono aporre a dante che dicie contra la christiana
fede non creda alchuno ch’ei creda che mai anima vada in inferno al modo ch’ei dice se
prima el corpo suo non more. ma pensando a l’oribile pecato del traditore en che come
la inniqua anima traditrice à deliberato de fare el tradimento. per comperazioaltra mano
Ch’ei giganti non fano colle sue braccia. Ciascuno gigante
mostra per longheza vintiquatro braccia. et più dice dante mi convegnio ch’ei giganti
non se convegniono de grandeza colle braccia de lucifero. et dice ch’avìa tre faccie a
una testa. quella denanzi era vermiglia. in similitudine de la sua maladecta irachundia et
infernale dollorosa superbia. la nera la tenebrosa sua sempre atenebrata oschu
quindi cocito. da questo uribile maladecto dimonio procede
tucte le pene tormenti dei traditori. come da cholui da chui venne et vene et verà onni
tradimento. radice prima che ’l suo criatore vo
Cioè de l’altra parte della terra.
rubrica
Per correre migliore. Conciosiache dante abbia corso tucta
la maladecta oscura acqua dei li oribili fiumi dollorosi d’inferno dice che omai entende
correre migliore acqua. cioè del purgatorio e diom.
seguitando el mio chanto de chui le piche. Le piche fuoro
donne che per loro superbia se vantaro d’exere de più dolce loquenzia che apollo deo de
l’eloquenzia. onde apollo vincendo le decte donne de sapere per vendecta fare de la loro
aroganza le convertìo in scialinguate piche contra a tucte le decte muse che sempre sono
el lo canto del loro deo apollo. et per disperacione ch’elle ebbaro fuoron così le misere
trasformate.
lo bel pianeta. ciò era el sole ch’era el lo segnio de l’ariete
en sullo aparire. presso a dì velando abraso
goder pareva. queste stelle giusticia temperancia forteza
prudenza. le quali quatro virtù sono fuggite da noi de qua. et se vom.
viddi. costui fu el forte giusto temperante prudente catone
romano posto a guardare l’anime de purgatorio. per la grandissima prudencia. giusticia
ch’elli ebbe benchè fu senza fede pone catone per santità de vita em purgatorio a questo
uficio. chome minos a giudicare l’anime d’inferno per la crudele giusticia de la quale
esso fu pieno vivendo en questo mondo.
or ti piaccia. libertà va cercando. queste parole dice virgilio
a catone quasi dicendo: tu cie dìa fare grazia per amore de la libertà che costui. cioè
dante. vae om.
Marzia tua. questa fu moglie del decto catone. a la quale
esso portò tanto amore onesto quanto più esso poteva. et fu tanto l’amore che vedendose
vecchio catone per onesta descrezioOra che de la dal malo fiume
dimora. ciò è ’l fiume d’acaronte. più movare nom mi può. da
Va dunque et fa che tu costui recinghe. Virgilio nello inferno
el lo capitolo XVI de l’inferno avì facto desciegnere dante d’una corda malitiosa.
cienctura. sì che però dice qui va dunqua et fa che tu costui recinghe d’uno giuncho
schiecto. cioè d’una centura schiecta senza veruno vicio senza alchuna fronda de
superbia. cioè con tucta vera umiltà.
Già era el sole. quando el sole e’ se colca a noi, da l’altra faccia de là da noi de la
terra alora se leva el sole a quei de là dove dante era uscito d’inferno da quella parte. ed
era dante tanto da lungi a gierusalemme che sopra gierusale
Ed elli a me. se quei che leva quando et chui li piace. cioè
dio.
Ond’io ch’era ora a la marina. el lo tempo che fu a roma
del centesimo questo casella escìo de questa vita. però che tucte l’annime che se partiro
quello anno tucte se rasegnaro al porto dove ’l tevare mecte in mare. et che quivi da un
angielo fuorono passate in una navicella et poste.
Amore che nella mente mi ragiona. è una canzone che
dante avìa facta de la sua donna che comincia così. la quale esso casella avìa entonata.
ci
Ora se nanzi a me. non ti maravigliare. più che dei cieli
che l’uno a l’altro non encombra la veduta delle stelle. cioè da noi alle stelle sono
immezo sette cieli et nullo engombra l’altro de vedelle.
E disiare vedesti senza fructo. coloro che i avarieno el
lo
Poi sorridendo. questi è ’l re manfredi re dei pugliesi nato
de l’altissima casa de sovave de la mangia. el quale re fo sconficto da re carlo fratello
d’uno re di francia e colla fforza de santa ghiesa. el qua
Vedi. costancia reina fu su figliuola et de lei nacque.
moglie del glorioso re pier d’araona et de cicilia.
Ch’altra potenzia. la potenzia stecte a udire et udìo. quella fu
la potenzia sciolta. et la legata potenzia fu quella del vedere. che non vidde tutto quel
tempo che l’udito udìo, come dice ’l testo.
lo sommo. Era el monte che dante avìa a salire tanto erto
suso come da mezo qadrante a cientro lista. come questa figura mostra qui di lato Qui è nel cod. la figura d’un angolo retto che sottende un
arco di cerchio, e con la bisettrice d’esso angolo
come ciò sia. imagina essare doi grandissimi monti. l’uno en
su l’altro. l’uno da l’altra parte de la tera de là da noi. l’altro da la parte nostra. asempro
come due scudelle l’una in sull’altra coperchiate. e fossaro. dal colmo de l’una fusse una
formicha et dal colmo de l’altra fusse una altra formica. l’una volta en sul mezo de le
schudelle et così l’altra et
Per la ragione. l’ebrei che sono socto el sole nel mezo ànno
sempre el loro settentrione dal lato dricto. et sono in mezo tra ’l sole et settentrione et
àn
Ed elli o frate. come stato è decto l’annime stanno fuori de la
porta del purgatorio quasi amusando desiderando d’entrare dentro. quasi con una pena.
come se dice
Quindi fu’ io. chostui fu morto per invidia et fecelo ucidare
per envidia come dice apertamente il testo. ma li pro
O rispos’elli. l’archiano è uno fiume che viene de l’alpe de
pratomagno corretto di m. post. dell’ermo
indi la vale. la nocte che venne facta la sconficta venne sì
grandissima piova che tucta la conabrasione d’una
riga
Ch’i’ fei di me. poi de sua preda me coperse. la preda ch’ei
vol dire furo la rena la melma le sassa che l’arno mena quando in cotale modo engrossa.
come qui fecie l’arno che recoperse il corpo del decto buono conte sì ch’ei mai non fo
più retrovato etc.
Ricordite. questa pia fu grande gentile contessa. et fu moglie
di misere nello la quale fu morta dal decto suo marito. di m. posteriore el quale misere nello fu da sticciano
Quivi era l’aretino. questo aretino fu uno grande giudice
legista et fu chiamato su abrasione:
misere
Quivi era. questo aretino fu ciuccio da pietramala. et
avendo guerra colli usciti che se recietavano el lo castello de rondene et cavalcati a la
cità ei decti usciti questo ciuccio trasse dietro a li usciti infine a l’arno et sendo giunto a
l’arno el trasportoe il cavallo sì ch’esso ciuccio li anegò dentro. et però dice et l’altro
om.
Quivi colle mani sporte. federigo novello. fu dei conti
ghibellini de bagno. et fu morto a peticione del conte di battefolle. d’uno ceppo nati
consorti chiamati conti de casentino. salvo che quel da bettefolle erano parte ghelfa. et
quelli di bagno ghibellina. Quel da pisa fu morto alla guerra dai pisani ai luchesi. fu
figliuo
Piero da la broccia. fo uno bailo de’ du figliuoli del re de
francia. morta la reina loro madre represe moglie il decto re loro padre una donna de le
duchesse de bramante. questa donna per envidia che ’l decto piero guardava con cotanta
solecitudine i decti figliuoli secondo maladecta novercha fece avelenare i decti figliuoli
e apose che lli avìa morti el decto. a la quale
Surse. questo sordello fu mantuano. et fu uno grande buono
dicitore in rima et im prosa. et per gramatica volgare d’altra m. e fè uno libro che fu chiamato tesoro dei
thesori
vieni a vede r
montechi monaldi et
filippeschi. ciò sono doi casati. l’uno ghelfo et l’altro ghibellino che ànno guasta la loro
casa per divisione. quella dei filippeschi ghibellini deserta et quella dei monaldeschi
ghelfa non à molto meno a desertarsi. etc.
Ma vedi. andare in su di nocte non se pote. vol dire che senza
la luce cioè christo non se può salire ad a
bene se porrìa. col la nocte se può andare peccando et
tornare sempre en giuso errando come dice christo: chi va de nocte offende dio etc.
Cholà disse. come dante dice ch’ei filosofì ànno nell’inferno
alchuno luogo por loro senza tormento et per unore de la fama ch’essi ànno di qua, così
pone ai grandi magnifi
E vidi uscire. dui angieli com penne verdissime. sono angieli
che significano la nostra speranza. et che vegnono dal grembo de maria nel quale
incarnoe il nostro redentore nostra verace fede. nostra tucta speranza. chon due spade
afocate. spontate a dimostrare che jesù christo non usa la sua justicia de ferire per punta
ma per taglio. afocate de carità d’amo
Quando sarai. questo che favella mo è ’l giudice di gallura.
giovanna era la sua figliuola. la madre de questa sua filiuola moglie del decto giudice se
remaritò a misere galeasso dei visconti di milano et però dice no le farà si bella
sepultura misere galeasso come gli avarìa facto el gallo di galura. affermando che mai
nom può avere donna remmaritata con lo secondo marito quanto solamente morta
vedova colle bianche etc.
El duca mio. le tre facelle sono le tre virtù divine che sono
più ardenti. vive. acese a quelli di purgatorio che non sono a quelli de quessto mondo:
ciò sono fede speranza et carità. le quattro stelle giusticia prudenza. forteza. temperanza.
le quali sono assai basse in questo mondo. quasi tenute a niente. etc.
De giemme. la luna era el lo segnio de lo scorpione. el sole in
quello de l’ariete. si che quando la luna era presso a corcarse lo sole che li era d’altra
parte oposito era presso a levarsi. et però dice che de la nocte si erano andate più che le
due parti et quasi la ura del sole. voleva d
Essare mi parea. Aganimede fu de la schiacta reale de’
troiani. et fu robbato da giove portate in cielo per suo pincerna. cioè che ’l fece suo
servidore che li dava a bere a la taola et avìa caciata una dolzella che giunone la moglie
de giove li avìa posta prima. perchè sempre giuno fo poi nemica de’ troiani.
Lucia è decta luce doppo la gracia preveniente de antecedente merto. et venuta
come apare el l’incominciamento del primo suo libro. dove tracta ed beatrice. dove dice.
luci
viddi una porta et tre gradi per ivere ad essa. et uno portieri.
ciò s’entende il sacerdote che ci confessa. l’uno scalieri ch’è cotanto bianco pulito terso
è la vera perfecta contrizione con che l’uomo se riconossca dei sui pecati. et che se
riconosca com’elli è pecatore. et non s’enganni sè medesmo. el secondo è la dollorosa
satesfacione oscura traversa de rendare l’altrui. el terzo la penitencia che ssi fa col
proprio corpo de l’omo. et dice che sedeva in sullo limitare del diamante.
lo terzo è porfido vermeglio. di colore de sangue che significha la penitenza de la propria carne del corpo del pecatore. sopra questo tenìa ambo le piante l’angielo de dio cioè ’l sacerdote sedendo in sulla soglia che mmi sembiava pietra di diamante. vole segnificare che quando l’uomo viene al grado de la penitenza ch’elli e’ i tegnia su amendue li piei che se actua per lo effecto del buono.... ch’elli oservi. et stia dricto sedendo in sullo diamante. ch’ei non vacilli ma sia sempre costante el le virtù operare. facendo così semo tracti de le mani d’inferno et posti nelle mani de l’angielo che ce apre ’l purgatorio.
Ciennare o terra che secca se cavi. sono vestimenti del
dricto onesto saccerdote. de tera avendo sempre respnodi?
poi pinse l’uscio et aperse dicendo om.
A l’aprire non rugghiò nè se mostrò si agra tarpea quando julio cesare la vuotoe del tesoro ch’avìa quando metello la volse defendare. esso metello buono li fu tolto. dicese che quando s’apriva la decta tarpea per tucta roma s’udiva el rughiare che faciva la decta porta.
Era intagliato lì nel marmo stesso. om.
perchè si teme. passando i buoi chol l’arca santa ei buoi
enciamparo sì che l’arca mostrò di cade
Quivi era. traiano imperadore fu pieno de tanta virtute
iustizia che santo papa gregorio uno dì ch’esso passa
Come per sostentare. Quelle figure che se depingo
O vana gloria. chome poco dura verde la gloria mondana se
le persone grosse materiali nol la aiutano a durare. tempo di verde dura fra costoro. ma
non vole dire così. O vana gloria. tu duri com poco verde enn altrui. cioè che basta s’ella
nol li è tolta da quelli che sono con più sutilità d’inged’altra
m.
pria che passin. il cielo che più va tardo alchuno dice ch’è
quello de le stelle. che pugni a
Quelli è respose. miser provinzan salvani fu senese et fu
signiore de siena. or avenne che quando el re Karlo sconfisse il re manfredi et chi dice
corradino, fo preso in quella sconficta uno cavalieri, grandissimo amico de misere
provinzan. sì che stava nella prigion di Karlo in molta pena. el decto misere provinzano
per aiutare questo suo amico et trarlo de la pena ch’ei sosteniva et non potendolo
aiuta
Almeone. fu figliuolo del grande indovino anfiarao. el quale
anfiarao avìa decto al re arasto che se levasse dall’impresa ch’elli avìa contro la cità de
tebe. poscia a petizione de la sua moglie corrocta per molti doni de consigliar el decto
che seguisse la gue
A quel tempo non sarebbe stato omo che per falsetate avesse tracto le carte del libro
delle ragioni. nè avesse lo staro del chomuno ch’era facto col le doghe. il quale realtra m.
E prima. oreste fu marito de ysona. et per venticarsi de pirro
figliuolo de achille che a forza li avìa tolta la detta ysona sua moglie ucise ’l decto pirro
dentro el lo tempio del dio apolline. Anco el decto oreste figliuolo del grande re
agamenonne fece la sua madre cletemestra la
Gli occhi diss’io. mostra qui dante ch’esso fosse più superbo
ch’envidioso. et io el credo che non
tu vederai. giente vana pone per li sene
Io veggio tuo nipote. questo nipote fo uno fulcieri da calboom.
I sono aglauro. questi fu pieno de tanta invidia che dicìa male d’onni savio
virtudioso omo et per envidia volendo torre la fama altrui se pose a contendere co
merchurio. onde merchurio per sua sapienza li acrebbe tanta invidia che om.
Che per quanto se dice più lì nostro. qui prova dante
l’invidiosi quaggiù in questo mondo è de neciessità de non volere avere consorti. però
che a partire i beni de questo mondo quanti sono meno i consorti tanto sono più ricchi et
magiure parte ne toccha per uno. et quanto più sono li consorti tanto meno ne toccha per
uno. Tucto el contrario aviene nella vita dei beati. però che quanti più sono i beati tanto
ànno più beatitudine. asempro de li specchi. ponendo denanci a uno specchio uno
doppieri aceso questo in quello specchio no à se non uno lume, et se tu poni d’entorno al
decto doppieri mille specchi, tucti li specchi ciaschuno à ’l lume suo e ’l lume de li altri
spechi en chui risplende il decto doppieri. sì che non possono avere tra loro invidia
perchè ’l doppieri risplenda en ciascuno. anco n’ànno più lumi et più beatitudine che se
fusse pur uno specchio etc.
Et una donna. questa visione. la donna pone la vergine
nostra madre. quando essa retrovoe iesu christo suo figliuo
Indi m’aparve un’altra piangendo. ciò era una reina moglie
del re pisistrato signiore de la cità d’atene. questa reina avìa una sua figliuola del decto
suo marito la quale fanciulla era amata da uno fanciullo tanto ch’esso era per morire
d’amore. onde costui pensando dicieva: io muoio per costei ed ella no sa ch’io muoio
per lo suo amore. ond’io moio chon più dolore chè s’ella el sapesse io morrìa contento.
et ciò pensando se despose de fare ch’essa el saprebbe per morire contento. Uno giorno
che la reina com molta giente andava a una festa del dio apolline con questa sua
fanciulla questo fanciullo come fu a l’entrare del tempio escìo che noscosto sic
Quando l’anima mia tornò de fuori. cioè io recono
ciò che vedesti fu perchè tu lectore anconci l’annimo tuo a perdonare et aprire il chuore a l’acque de la pace. etc.
non dimanda’. come fanno coloro che disaminano altrui per
sapere che non vede. ciò fanno i medici a lo ’nfermo che ciacie dicendo: perchè
t’avenne. quando. dove. et la cagione. però dice co l’occhio che non vede.
De l’empieza. quella che mutò forma nell’uccello ch’en cantare più se dilecta fu filomena de chui è decto el lo nono capitolo ed è la rondinella. dove questa per empieza de venticarse ucise ’l figliuolo et dedelo cotto a colui chiamato tereo suo padre. chome è scricto al decto nono capitolo.
Nè criator nè criatura. en questo capitolo se prova che mai
non se fecie nè po’ farese operatione senza amore. come seguendo chiaro el troverai
infine al fine de questo capitolo. etc.
E quale Ismeno et asopo vide lungo el fiume dei tebani andare le gienti furiose
correndo. pregando i loro idoli guardassaro i loro beni et specialmente le loro vignie che
di baccho avessaro bisognio. ch’è dicto deo del vino. così andavano queste annime om.
Maria
E tale à già l’uno piede per vechieza. come dicie
Mi venne in sognio una femmena balba. questa femena è
figurata una persona innamorata d’un’altra. come noi per speriencia el potemo provare
sendo lo ’nnamorato o la innamorata entoppandose insi
Ancora non era. quando una donna v’aparve lunghesso questa per confondare
questa venne presso a dante. et virgilio mirava pure en questa donna onesta per
Quand’io udî venite. questo è uno angielo ch’envita l’annime dicendo beati chi lucente. che sano consolare l’annime donne. non serve de’ pecati ma donne de le virtù.
Intra Siestri etc. corre uno fiume c’à nome lavano. costui che favella fu dei conti
chiamati conti da lavano. per lo nome del fiume così chiaom.
Maladicta sie tu lupa d’avariscia che più ài magiure preda più ch’oaltra
m.
I’ fue radice de la mala pianta.
figliuolo fu’ io. questi fu re padre del re di francia. padre del re Karlo che sconfisse il re manfredi. et poi corradino. fece mozare lo capo al decto corradino. che mandò santo tommaso d’aquino ad abitare nel cielo. come raconta qui el suo padre chiamato ciappecta. etc.
Karlo. questi fu un altro Karlo dei desciesi da questo ciapecta. chiamosse Karlo
senza
l’altro che già uscìo. costui prenze de la decta casa de francia fu preso in mare poi lassato per danari. vendecte una sua figliuola al marchese de ferrara, tanto oro quanto la ventuta pesava. et però dice. o avaricia che poi tu più farne etc.
perchè men paia. papa bonifacio. col le forze d’uno re di francia sciarra da la colonna el decto prese socto la ’nsegnia del decto re enn anagni et menato sorpreso a roma. morìo arabbiato er roma. ponendo per pilato chi dice el decto re. chi sciarra da la colonna etc.
Lodiamo i calci ch’ebbe liodoro. quostui fu uno grande
barone del re apollonio mandato al sommo pontiffice del tempio che volìa el tesoro del
decto tempio et dimandalo. meravigliosamente aparìo uno chavalcatore terribile a
cavallo che andando sopra ’l decto liodoro tucto ’l desfecie im presenza de tucti ei
sacerdoti subito morìo. poi el sommo pontifficie con li altri fece pregare et pregò dio per
lui. per li quali prieghi dio li
Quando io sentìo. cierto non se scotea sì forte delo. è uno monte el l’isola di creti. et
dice ovidio che questo monte empregnoe et tremava fortissima
La sete naturale. mai non se sazia se non col l’acqua che giesu christo diede a la samaritana. cioè de l’acqua de la divina gratia de amare dio. seguirlo sopra ogni altro dissiderio. questa può saziare la nostra voluntà. non altro.
Tremacie quando l’annima sentase che si mova per salire. et nota che magiure miracolo è de venire a voluntà libera senza impedimento. che non sarìa de movarse o tremare uno monte. prima vòle bene. vòle la volontà asolutamente. vòle bene ma el talento vòle bene con ragione etc.
Nel tempo. tito imperado
Al mio ardore. qui conta come da virgilio ebbe la forza de ciò ch’elli avìa scricto et de li ommeni et dei dei studiando el lo tractato che virgilio avìa facto d’enea. che si chiama l’eneidos. etc.
Or sappia ch’avarizia fu troppo da me etc. perch’io fui troppo prodigo. questo troppo più de cinqueciento anni m’à tenuto in questo cerchio punito col li avari. et se no fusse.
E già le quatro ore del dì n’erano andate. la quinta era in su lo mezo del cielo sì
ch’era quasi mezo dì. et però dice le quatro ancelle erano remase a dietro et la quinta
er’al temo cio
Li due poeti. questo arbore quando Andam et eva fuoro cacciati de paradiso eva
colse un ramocello de l’albo
Poi disse. qui dice a reprensione dei troppo golosi dicendo che quando la nostra donna vergine virtuosa disse al convito vino non abente. ch’ella el disse per carità de le nozze che non fussaro non orevoli. perciò per la sua fede il suo benedecto figliuolo jesu christo fece ’l miracolo de l’acqua diventare vino. et così seguendo delle romane anche non golose. de daniello et del glorioso batista dicendo. melle locuste. locuste sono raddici d’erbe amare et chi dice melle salvatico. ma ciò che si fosse coloro che mangiano con fame onni cibo li pare dolce. et a coloro che beono per sete onni ruscello li pare anecta. anecta è uno licore che di dolceza passa tucti li altri licori. ma più dolce a l’assetati è la pura acqua vòi de fiume vòi de fonte. etc.
Ed echo. colui che piagnie d’alegreza se pu’ dire ch’ei
canti. così quelle annime sperando de venire a la beata vita piagnivano cantando la loro
pena con dilecto. etc.
Non credo. resitone fu uno re che sse facìa om.
Parieno. chi nel viso. el naso si è imezo de le due ciglia
come il gamo de l’emme col le volte da lato sì che fa uno emme. l’occhio manco è facto
come uno o e el recto uno altr’ o. sì che
o chol lo emme et coll’altro o releva omo. en nelle ciglia el naso dimostra uno m
con doi o.
la faccia. forese fu dei donati fratello di misere corso
donati. et fu fratello de la vergine giovane chiamata picarda che fu trata del monisterio
per forza coma nel terzo capitolo si trova di paradiso dove tratta del voto. et fu questo
forese grande amichissimo et dilecto de dante. il quale a la sua morte dante il pianse
molto et
Che quella. la voglia che menoe jesu christo a la croce dove a la morte chiamando el padre gridando elì elì. quella voglia fa chiegere voluntaria. et così vanno queste annime voluntarosamente a l’arbore che li afama de compiere la loro penitenza. come christo la sete de la umana salute in sulla crose.
Ond’elli a me. la vedovella
om.
Dicie chi l’ha vedute che le saracine vanno tanto turate che del volto quasi non
mostrano o de carne innuda. non espoppate senza vergonia come meretrici. ma grave
giudicio verrà sopra esse. altra m.
El mormorava. gientucca. dice gientucca di quella giente
ch’erano ivi de spirti magrissimi che mormoravano.
O annima fa sì ch’i’ t’endenda. femmena è nata che te
farae piacere la mia cità. ciò dice de lucca. et così fu. che dante stando in lucca invaghìo
d’una giovana per lo cui amore uno tempo li fecie piacere molto la restanza de
luccha.
Ma dì s’io vegio. dante fece questa canzoom.
Poi se partì sì come. questo arbore fa vendecta dei golosi discendenti d’adam et d’eva per lo pomo ch’essi mangiaro de quello albore primo de chui nacque questo chome è decto a rietro. che li tiene sempre afamati i decti golosi infine al tempo a loro da dio diputato. et più o meno secondo la colpa et più et meno stata comessa in questo mondo.
Ricordive. questi maladecti sono i centauri de l’inferno che fuoro ingienerati secondo dicono i poeti el li nuvoli de l’aire mezi ommeni et mezi cavalli. costoro vennaro sendo stati a taula satolli venero a bataglia con teseo et col li sui compagni. teseo sobrio col li sui sconfisero i decti maladecti satolli e briachi pieni de vivande avinazati. a dimostrare la virtù de teseo et la sua temperanza et la viziosa bestiale vita de’ satolli.
Ora era. el sole era el lo segnio d’ariete a mezo marzo. et
avi’ lassato el tauro el lo mezo del cielo. ch’era più che nona. a mezo aprile il tauro
e
A lora. come se può. Meleagro fu fatato quando ei nacque sì che la madre sua udìo i
fati tra i quali l’uno dei tre fati disse ch’ei fosse bello gratioso e con mo
Sangue. qui dice stacio si soficientemente come l’uomo se
forma nel ventre de la sua madre col lo seme del padre et come l’anima dio la ’nfonde
nel corpo de l’infante tosto ch’elli à compiuto el suo exere et come l’anima po’ pigliare
uscita del corpo uno corpo fantastico d’a
Tant’o vra. sfongo marino è una
materi
Non so chi meglio el potesse dimostrare la nostra formazione però la passo per non sapere dilla.
Quando lachesi. om.
Non tocco di questa materia tanto perfectamente l’autore la descrive.
La nova giente. contra i sodomiti grida soddoma et gomorra. che fuosic
Donna è. ciò dice de biatrice che l’aspecta el sommo el monte. paradiso diliziano
altra m.
La giente. iulio cesare stando inn egicto col la reina
cleopatra quando revenne a roma col lo triunfo era mottegiato regina per lo contrario del marito de cleopatra.
nostro pecato. fu de femmene ma usando come insensate
bestie disonestamente lusuriando.
falli per me u
Chi fu costui el testo perfectamente el conta.
I’ so Arnaldo che vo piangiendo la passata follìa. et vo godendo el dì ch’i’ spero
dinanzi. Or a voi prego per quel valore cioè dio che vi guida senza duolo su per questa
scala altra m.
Sicome. quando dante era da l’altra parte de la terra et era
tra gierusalemme e ’l suo uriente de là el sole era sopra gierusalem et sopra uno fiume
che si chiama gangi et però dice l’onde in gangi da nona riarse. che ’l sole era supra el
decto fiume si che ardìa le sue onde col lo grande suo calore che li è sopra quasi a filo
etc. ibero è un altro fiume il quale chia
Chom’al nome. Tisbe et pirramo fuoro doi ennamorati l’uno
de l’altro. pirramo mascio tisbe femmina. et fuoro de la cità de babillonia. et postise
insiemi: la cotale nocte a la cutale ora usciremo de casa e l’uno aspecti l’altro a la cotale
fontana. così fêro ma giunse prima la fanciulla et in questo ch’ella aspectava el suo
desiderato, aparìo uno leone. onde la fanciulla piena di paura lassando ivi una sua
gonella fuggìo et nascosesu
abrasione ma della stessa mano: rosse de colore sanguignio etc.
Sappia ch’io so lia. fo lia moglie de giachobbe et fo sirocchia de racele moglie del
deto giachobbe. lia viene a dire la vita activa et però dicie le belle mani a farmi una
ghirlanda. racelle vi
Quel dolce pomo. el dolce pomo s’entende qui si è de venire
a fine de avere onore de la ’mpresa virtuosa che va cercando la cura de’ mortali. è
d’aveom.
Tale qual di ramo. è una selva di pini en romagnia molto
grande. tucti pini. la quale quando uno vento trae tra essi. et dice quando eolo ch’è deo
dei venti manda quel vento c’a nome sciloccho. tucta la decta selva è piena de molto
odore et così dae asempro de la decta campagnia. etc.
Tu mi fai. proserpina fu figliuola de la dea de le biade.
andando col la madre scieliendo fiori per una campagnia plutone dio de l’inferno im
presenza de cierere madre de la fanciulla proserpina uscito pluto d’inferno asalìo la
decta proserpina e posela in su uno carro et col lo grembo pieno di fiori la portò via sì
che la madre perdecte la figliuola sua proserpina. et proserpina perdecte la primavera de
la campagnia fiorita. et però così dice per similitudine de l’andare scegliendo fiori.
etc.
Non credo. venare madre del chupido amore avendo im
braccio chupido suo figliuo
Quinci lete. questo è uno fiume che se chiama lete e à questa
natura da dio che l’annima che passa di questa vita et che non va inn inferno tucte fa
mestieri che ’l passino. da l’una proda l’anima che beve de la sua acqua ciò ch’ella ae
operato col corpo onni cosa dismenticha onni pecato ch’ell’à mai cummesso. et da
questa proda è chiamato lete che viene a dire dismenticanza. da l’altra proda se chiama
Quelli c’anticamente. li poeti che poetaro del monte de
parnaso et del suo felice stato dice che volsaro dire de questo santissimo dilectevole
monte paradiso diliziano. dove adam el primo omo che fu radice de tucti li altri qui fu
innocente et nocente.
E una melodia. mi fe’ riprendere. qui vol dire quanto è da
tenere cara la virtuosa libertà che una donna testè formata per exere libera credendo.
non soferse d’ubedire colui a chui è ubediente la terra e ’l cielo. la quale avarìa facto il
suo migliore a ubidire.
O sacro sante. qui chiama dante in suo aiuto tucte le potenze
de la eloquencia. ciò sono chiamate muse. decte vergieni per la purità che dìa exere
nella lingua di colui che favella. Or conviene. licona era quella fonte di parnaso dove
andavano a bere li phylosaphi et li poeti l’acqua de tucte le scienzie. ora conviene che
per me versi et urania m’aiuti col le sue compagnie. urania si è decto grandissimo et
nobile ingegnio. etc.
Poco più oltra. questi sette candellabri pare che dica li secte
doni de lo spirito santo. et chi dice li secte sacramenti. qui disegnia de quel bello et
luminoso cielo ch’ei vidde. et qui maravigliandose vide virgilio maravigliarsi di quelle
cose non meno che dante. perch’erano cose spiritali de nostra fede, la quale et de la
quale non fu virgilio sperto. etc.
vergini martiri. alr. angieli. quasi come ciente che facieno onore al griffone christo et al carro santa ghiesa.
di secte liste. ei sette doni dello spirito santo. ciò sono om.om.
Socto così bel cielo. questi vinti quatro libri de la bibia tucti
cantavano a unore de la nostra donna et anco de la sancta chiesa secondo profeti che
profetaro et de l’una et de l’altro. illuminati per spirito santo etc.
Sicome. questi quatro annimali s’entendono li quactro
evangelisti. iovanni aquila. marco leone. luca bove. matteo omo. onnuno era pennuto de
sei ali a modo che sono i serafini. le penne piene d’occhi. ciò vol dire per l’altissima
luce ch’elli ebbaro et àno de la veduta divina. argo è decto el cielo stellato et anco el
pavone per li occhi de le sue belle penne.
di fronte al v.
c. s.
Tre donne. om.
Da la sinistra. prudenzia. forteza. giustizia, temperanza en
questa vita che se pone per la mano manca sono queste quatro. ma le tre sono
ch’entendono più a le celestiali condicioni sono da la destra vestite de porpore ci
A presso. questi dui vecchi. alchuni dicono che l’uno era
moises che fu crudele punitore et oservatore de iustizia. l’altro era aronne suo fratello. et
perchè aronne fu sacerdote et moises no erano inn abito dispari ma. pari enn ato et
onestato sodo. et altri dice abrasione: probabilm. di
quanto segue, messo poi di fronte ai vv. cui si riferisce
L’uno si mostrava. questo dice alcuno era santo luca perch’ei
fu meddico et de quello sommo ipocrate. ci
Mostrava l’altro la contraria chura. de costui om.
Poi viddi. questi quattro sono i quattro più principali doctori
che fuoro confesso
E questi secte. ciò dice quatro doctori et dui de sopra luca et paulo. et uno vechio
lano secte. col primaio stuo
Quando ’l sectentrione. il primo cielo chi dice ch’elli è da la parte de l’altra tramontana che se chiama antartico. et dico che da quel cielo cadde lucifaro. et però dice nè d’altra nebbia che di colpa velo. et a quella tramontana se facìa quella giente acorta come a la nostra ch’è decta più bassa fanno i marinari. quale temone gira. da quel cielo di là dicese che ’l suo settentrione non vide mai sole nè tramontare nè levare. alchuni dicono che vol dire del sectentrione de lo cielo ’mpireo dei beati. ma
di fronte al v.
dicendo col le mani piene de gigli spargendo date. cioè date a piene mani le sante operacioni fiorite et virtuose.
Sovra. el candido velo è la pura santissima fede et l’uliva
la profonda umilità. la gonella de colore de fiamma viva l’ardententissima vera carità. el
manto verde la ferma et costante speranza de dio. ei fiori le santissime operazioni de la
divina scrictura che cie fa beati. et però la chiama beatrice.
Tosto. qui mostra che beatrice li aparìo et segue et dice
prima ch’i’ fuore de puerizia fosse. dante in sua puerizia ennamoroe d’una fanciulla
c’avìa nome bice. la quale quasi fu la prima cagione per entralli enn amore. cominciò a
studiare et fece molte canzoni per lo suo amo
Chosì. questoro che cantaro qui erano angieli che notano
dietro a li eterni giri. dicese ch’ei cieli nel loro volgiersi che fanno melodie tanto
dolcissime cho no è core mortale che le potesse sofrire. anzi de la dolcezza verrebbe de
subbito meno.
Voi vigilate. disse biatrice a quelle creature d’angeli et beati ch’erano intorno di lei sì che nocte nè giorno etc.
Si tosto chom’io. questi ennamorò d’alchun’altra et fu
vero. ma poi retornando per lei al primo amore la seguitò fine ch’ei visse. et ciò ch’elli
mai disse fu a onore de beatrice ed ella per lui andò a virgilio el lo limbo ch’el
secorresse. et così fece.
Tuctavia. alza la barba. la barba è segnio d’età matura ed è
segnio de discrezione. quasi dica tu non se’ fanciullo che per poco tempo te possi
scusa
Ch’i’ non levai. et quand’el viso. la barba si è segnio de
descrezione. d’onestà de ssenno et di ragione. sì che non se può schusare l’uomo poi
ch’elli è venuto a l’età de la barba de le colpe ch’esso commecte. et però disse biatrice a
dante. alza la barba. etc.
Poi quando. questa donna fu en questa vita chiamata
matelda. et fu piena veramente piana
Tracto m’avìa. questo fiume dall’una proda infine al mezo
à nome lete. et tanto vol dire lete quanto dismenticanza de mimoria de non recordarse de
operazione che l’uomo abbia mai adoperato. da l’altra sponda vel proda se chiama
eunonè et da questa parte à virtude contraria. che come la prima parte tolle onni
mimori
Noi semo ninfe. fuorono vergini c’andavano con la dea
diana cacciando per selvi le fiere quaggiù al mondo cacciatrici dei vizi del mondo. et nel
cielo semo stelle de biatrice. ciò sono luci de la vita contemplativa. et fummo prima
chom biatrice in cielo. etc.
O isplendore. chi porre’ mai dire o pensare la dolceza
dolcissima de quella santissima seconda bellisima bocca de beatriccie. no mai cholui
che più sapienzia bevè nella fontana del monte di parnaso ch’è de tucte le scienzie
abundevolmente pieno. quasi onni lingua ce verebbe meno respecto a la tradolcissima
celestiale armonia di quella beatissima celestiale boccha santissima de beatrice.
Ma poi ch’al poco il viso riformossi. viddi el carro col lo glorioso esercito. questo exercito erano li angieli che facienno reverenzia entorno al carro santo nel quale stava l’arca santissima en chui erano le leggi che dio prima diede a muisè guidate et condocte dal santissimo griffone che ssentende iesu christo e el carro la santa ghiesa catollica et postollica de la christiana e veracissima fede dei veracissimi christiani.
di fronte
Io senti’ tucti m
E volto al temo. el temo del carro tirato dal griffone che
ss’entende christo venuto a morire ubediente al padre. come adam fu disubidente al suo
criatore. dice che lascioe quello temo del carro a la pianta de la morte veddova frassca
divenuta per disubidienzia. esso christo per ubidienzia se lassò legato.
Chome. om.om.
di fronte, solita mano
E tucto in dubbio. socto la fronda nova, cioè la santa
christiana fede de christo che ssi può dire nova. ed è radice de la santa scrictura nova de
christo che dice. la tua fede t’à facto salvo. va et non pechare più. etc.
In cerchio queste secte. ciò sono le virtù decte di sopra che
facieno cierchio d’intorno a beatrice. con quei lumi e
Qui sarai. tu poco tempo. dice biatrice a dante. silvano
cioè al mondo e sarai meco im paradiso senza fine cittadino de la beata cielestiale cità di
roma dunde christo è romano.
Com’io vidi. l’ucello di giove dicono ei poeti l’agulia ed è
posta qui per Costantino imperadore. il quale fu prima nimico del nome de christo.
presecutore d’onni christiano. el quale a l’albore sancto decto de sopra diede molta
tribulazione de fare occidare quanti christiani elli potiva fare.
Poscia. questa volpe dice altri eretici maliziosi tiranni et
falsi filosophi contrari a la fede santissima de christo. come fu maomecto actila totila et
altri maligni. enfine stati recreduti et caciati da la santissima vera beatrice.
Poscia. dice ancora pure de costantino ch’esendo d’una sua
infermità liberato da santo silvestro papa esso costantino facto christiano dotoe la santa
ghiesa per amore de jesu christo. trovase scritto che ’l dì che costantino dotoe la
ghie
Poi parve a me. questo drago
Trasformato. queste teste vol dire che come la santa ghiesa
che ss’intende per lo carro, fu già ornata dai deci comandamenti che sono adornamento
di tucta la fede christiana. così queste corna sono sei et quatro contrari ai decti
comandamenti a vituperio de la santa fede catollica de jesu christo. le tre avieno doi
corna per ciascuna. le tre teste che fa sopra el temo del caro credo l’una l’avarizia et le
due sue corna intendo el revendare e ’l recomparare per simonia le cose de la santa
ghiesa contra onni dovere. et la seconda entendo el vicio de la gola. e lle sue corna el
disordinato bere e diluviare de bele ghiocte grandissime vivande e lli marzapani et le
anguille sofucate el la vernaccia per amore dei molti digiuni facti da jesu christo in
questo mondo. La terza testa la lusuria et le sue corna l’uno è maschio et l’altro
femmena. etc. Le quatro teste superb
E comeche perchè no i fusse tolta. questa puctana dice
alchuno de la santa ghiesa malmenata per simonia et avarizia da uno re di francia. et per
lo gigante il decto re per avarizia teniva la ghiesa de là et perchè papa bonifazio volse
rechundu
Sappi che ’l vaso fu e non è. el vaso che fu entendo la santa
umile povera onesta fedele virtuosa de christo apostollica evangelica christiana bene
ordenata santissima ghiesa. non mo’. ma chi n’à colpa creda che vendecta de dio non
teme suppe. dicieno li antichi che la persona che ucidiva un altro su abrasione, altra m. che colui
Nel quale uno cinquecento. Questa è una profezia che dante
crede. la quale dicie che verrà per volere de dio uno cinquecento deci et cinque il quale
mecterà pace per tucta l’italia. et sarae quel veltro de che fa mencione nel principio de
l’inferno. et qui el figura per numaro in questo modo che fra li scrictori. el .D. releva
500 el .V. releva. 5 el .X. deci sì che uno de et uno u et uno x releva dux cioè duca. et questo
duca sarà esso che farae vendecta de la fuia et del gigante che adultera col lei.
E forse se la mia narazione. timis pingie vol dire che due
antiche profetesse profectavano tanto oscuramente che infine che no se vedino le cose
decte da loro non se poteno intendere per altra persona.
Poi fuorono due altre che aprivano le profezie loro sì apertamente che sse potevano
chiaramente intendare. et queste donne se chia
Per mordere quella. cioè qualunque fa forza contra el legno
de santa ghie
E più corrusco. nota qui exere il sole el lo segnio d’ariete a mezo marzo et a mezo dì et a mezo giorno.
Dinanzi a me. d’una fontana del paradiso diliziano escono i
quatro fiumi principali del mondo. l’uno à nome eufrates. el secondo tigris. el terzo
gieonne. il quarto fisonne.
Ma vedi eunoè. Questo fiume da l’uno lato si chiama lete.
che vene a dire desmenticamento d’onni mala operazione. da l’altro lato el chiama
beatrice eunoè. cioè restituzione d’onni bene adoperato e ’l raquistamento de perpetua e
salda pura e vera mimoria. el quale fiume passato da la donna chiamata matelda cioè
donna de l’operazioni sante active dante con stacio desposto paro lavato d’ogni difecto
giunto a sommo el monte com beatrice parlando en lei remirando a seguitarla fu tucto
disposto de salire seguitandola. de salire a le celestiali luci de l’eterno sommo bene
comesso. dice facendo fine qui a questo secondo libro chiamato purgatorio. et
amen.
rubrica
La gloria di colui. l’altissimo infinito glorioso dio è solo
colui (che) da chui sono mosse et venute tucte le criature sì che onni cosa c’à
movimento l’ae da questo simpiterno glorioso senza fine onnipossente onnisapiente
onnibenivolente incomprensibile signiore deo et el quale col lo suo infinito splendore
onni cosa illumina. ma più en una parte de l’universo che inn un’altra. ed è tanto
meravigliosa la sua altitudine che mai non fu no è no sarae criatura che potesse
compreom.
O buono apollo. qui chiama dante in suo aiutorio esso
onnipotente sapiente deo et dicie buono apollo. apollo fo uno homo pieno de tanta virtù
et sapienzia che li antichi per tucto el mondo l’adoraro per sommo dio. chiamando dante
l’onnipote
Infine a qui. l’uno giogo. Parnaso anticamente fu decto uno
monte c’avìa doi gioghi. ciò erano doi corni nei quali el l’uno era adorato el decto deo
apollo. ed el l’altro corno era adorata la dea de la eloquenzia ssic per eloquenza
Si rade volte. de questa tua sapienzia sì rade volte se ne
cogllie per triunfare o ciessare o poeta che quando alcuno questa sapienzia studia
d’ave
per chui se preg
Quando. in questo mondo biatrice cioè la divina scrictura
ci è dal lato manco. ma em paradiso s’entenda dal lato dricto però che lassù è la sua
perfezione. lassù è perfectamente intesa. lasù è pienamente beata sanza alchuno
dubbio.
Vidi rivolta. questo sole è la divina lucie a che la santa
teologia raguarda om.
E v edendo sfavillare il sole. de
subito vide il sole in sì facto luogo ch’ei credecte che fosse un altro sole. cioè dante com
beatrice salendo verso el cielo el sole andav’ a occidente et dante verso l’oriente. et
come dante aparìo da l’uno lato vide da l’altro tanto denanzi a sè il sole che ’l crediva
avere dietro. et ciò era perch’elli era salito et non s’era aveduto del suo salire.
Trasumanama
veram. rete
E dissi già contento. ma ora me meraviglio com’io possa
salire a questi corpi cielestiali che sono cotanto levi et io cotanto grave om.
Nell’ordi
E ora lì come a sito dicreto. ordenato. la corda de l’arco del
volere a dio c’em porta. che ciò che scoccha driza in segnio lieto. cioè che onni criatura
stae contenta nel suo exere.
Vero è. chome forma non s’acorda a la ’ntenzione de colui artefe
Non dìa più amirare. del tuo salire al cielo. però che la divina natura t’à facto a
questo. La grande meraviglia è quando l’u
O voi che sete com picciola memoria et cum picolo studio e ingegno. desiderosi non ve mectè nel profondo mare de questa mia materia. torne’ a rietro.
Voi altri pochi. che da fanciullo cominciaste a studiare de mangiare el pane de la
sapienza de li angeli. del quale pane vivese qui ma non se viene sato
Ancor. de quel bruno fosse cagione l’exere raro o fora. sono fori buchi de sua
materia se digiuno perchè nello ascurare che la luna fa del soom.
Or come. ai raggi del sole sopra la neve la neve se desfà remane sola l’acqua col lo
colore de prima et col lo freddo remaso. tu dante dicie beatrici
Quali per vetri. ei vetri trasparenti sono che l’uomo che vi si specchia a pena li si
vede quasi come una ombra che pare et traspare, così nell’aqua d’uno chupo pozo.
postille quelle cotali ombre sono chiamate quasi vedute da chi li s’espiechi non
altrame
tali vid’io om.
Frate la nostra voluntà. la virtù de la carità che fra noi ce fa
exere contente de quanto noi avemo di gloria et non de più. perchè se noi desiderassimo
più bene che noi abiamo noi saremmo discordanti a colui che tucti ci apaga
perfectissimamente. ciò s’entende l’altissimo criatore. et vederai che in questo regnio
non è la nostra carità che tra no
Così fec’io. per aprendare da lei tucto l’ordene del dire ch’essa cominciò quaom.
E quest’altro splendore. costei fu costanza la quale sendo
facta soro el lo monesterio de santa chiara l’imperadore federigo secondo de la casa de
sovave per forza la trasse del monestero et presa per moglie perchè no sapìa trovare
donna degnia d’esere sua sposa quanto lei. la quale era sua consorta nata de la sua casa
ch’era alora la più gloriosa et de la magiure fama del mondo. et di costei ebbe figliuolo
el quale fu emperadore e nel quale venne meno la possanza di sovave. et però dice
secondo vento a simiglianza del vento sparita cotanta magniffica magnificenza exere
aspenta. e tu lectore non conosciarè del mondo la sua vanità? et l’ultima possanza de
questa casa fu corradino sconficto dal re Karlo de puglia facendoli tagliare la testa.
Intra dui cibi. elli è vero che stando l’uomo sospeso intra dui cibi et avesse voluntà de mangiare quanto se fosse che mirando or l’uno or l’altro et tanto li piacesse l’uno quanto l’altro esso se morìa di fame. la ragione è che non ne correbbe veruno. e de converso de l’agnello in fra i lupi et del cane in tra le donne.
Fessi beatrice. daniello profeta sendo adimandato da nabuchodinasorre che li
dicesse d’uno sognio ch’elli avìa sogniato et non se recordava nabucho che sognio elli
avìa sognia
Dei serafini. beatrice risponde a dante. colui che più s’endia.
colui che più en dio è congiunto de più a dentro vedere de dio. non ànno.
Che voluntà. se non vole non s’amorza ma fa come la natura
fa nel foco. se mille volte la forza del vento la sua fiamma piega che come la forza del
vento remane così la natura della fiamma se driza. non fece così la voluntà de costoro.
vero è ch’esse per fuggire il grande pericolo del monistero che sarebbe stato arso con
tucte le donne che v’erano dentro s’elle non ne fossaro uscite se piegoe a questa forza la
loro voluntà. ma com’elle fuoro fore del monisterio erano sechure del monistero che
non sarebbe arso ed era remaso el vento de cotale paura. così devìeno reprende
Molte fiate adivenne che per fuggire periglio contr’ a grato. Chome almeone.
Almeone fo figliuolo d’uno grande induvinatore ch’ebbe nome Anfirao. el quale anfirao
per avarizia de la moglie sua et madre del decto almeone fo condannato a morte per
giudizio de dio. che s’aperse la terra e inghi
I veggio bene. che non se sacia mai lo ’ntellecto de l’omo se no ’n vedere de le cose
el vero. el quale vero è lume de l’intellecto perchè solamente el vero sommo è la
sapienzia de tucte le cose. a que
Lo magiure dono. che dio desse a l’uomo è de la voluntà la
libertade. ora convieom.
Due cose s’apartesic
E onni premutanza credi stolta s’ella non è recolta come se racoglie el numaro del
se
Lo suo piacere. qui mostra biatrice ch’ella sia uscita con dante del cielo de la luna e sia entrata el lo cielo secondo de merchurio ch’à nome d’exere quel pianeto atribuito ai grandi mercatanti liali et rectori governatori lictarati prochuratori et fatori de’ grandi signiori soliciti de bene adoperare. Anco mostra che quanto più andava de cielo in cielo più se venìa mostrando lieta e bella et più andava in ver lo sommo et infinito bene. et però dice che la stella rise.
O bene nato
om.
Poscia che Costantino. qui parla giustiniano imperatosic
Ma prima. dice giustiniano per spiracione de dio io mi mossi a fare le leggi
chorregiere. ma non era dericto christiano ancora. ma el benedecto agabbito sommo
sancto pasto
ma dovrebbe essere 73
Ma nel comisurare dei nostri gaggi col merto de la nostra
letizia è parte. perchè non ci vediamo minori nè maggi chè ciascuno è meritato secondo
esso à meritato sì che tucti semo contenti ciascuno el la voluntà de col
E dentro a la presente margherita. cioè dentro a la pre
l’una maritò al re de puglia. l’altra al re de cicilia. la terza al re di raona. la
quarta al re d’ungherìa rema
O salvatore la chui resplendiente luce llumine cioè reschiare de questi regni
felic
cioè la luce de la sua di fronte
Questa natura. creata da Dio anima umana creata da lo spirito del criatore fo sincera
e bona. ma per suo difecto fu sbandita de paradiso. l’anima dico del primo omo et messa
nel corpo d’esso fo unita quella divin
Ciò che da dio vene senza mezo averà et è venuto non arà mai fine. et quelle cose sono decte criate. ciò sono li angieli ei cieli le stelle li alimenti l’annime de l’ommeni et de le femmene che sono solamente producte dal criatore senza mezo alchuno.
Gli angieli. responde biatrice come ’l testo el dichiara seguendo li angieli ei cieli el regnio cielestiale et ciò ch’i’ò nominato. de loro dire se pôno criati. tucte l’altre cose sono state facte da dio d’alchuna materia ch’è stata mezo tra la cosa facta et dio com el lo testo segue.
Solìa credere. Anticamente che li antichi adoom.
Noi ce volgiam. i pre
Assai me amasti. questo beato spirito fu primo gienito del re Karlo sciancato re de
puglia et fu fratello del re uberto. a voce questo fu chiamato Karlo martello giovano. or
avenne costui prese per moglie la figliuola del re d’ungheria la quale figliuola era nata
da parte de la madre de la casa del ducha d’osterliche che venìa suo aulo el duca padre
de la reina vechia sua madre c’avìa nome ’l decto duca d’osterliche rodolfo. e sendo
morto el re d’ungherìa padre de la moglie de Karlo martello et morta la reina sua madre
remase reina d’ongherìa la moglie del decto Karlo martello et Karlo martello re
d’ungherìa sì che a lui sucedìa el regnio d’ungherìa el regnio de puglia el regnio di
cicilia et non al re ruberto che ’l tenne contra una figlom.
alr. dice che carlo decto martello fu fratello del re
uberto de padre et de madre. la madre fu figliuola de rodolfo duca d’osterlicche. ma
perchè Karlo martello era el primo gienito a lui socedeva puglia cicilia et a le sue rede.
le quali furono ingannate dopo la sua morte dal decto re uberto et si fo carlo martello re
d’ungherìa per la sua moglie figliuola del decto re d’ungaltra m.
Et se mio frate. dice del re ruberto biassimando la sua avarizia dicendo ch’elli era
nato d’exere largo per asempro dei sui antichi ed elli è strecto et avaro altra m.
E ciò exere non po’. per le ragioni che segono. che per le varietà de le cose il mondo
n’è più bello come noi vedemo che quante sono più variate arti costumi de l’opare che
sono per le cità le cità ne sono più belle com più utilità. che se tucti ei cictadini
nascessero d’un annimo tutti farerieno una operazione. onde li omeni non porrieno
vivare pur d’una scienzia nè de doe nè de tre. ma per molte scienze le cità ne sono più
belle et più ei citadini serviti l’uno da l’altro. onde per questa providenzia avie
Quinci adivie n
. esaù e giachobbe
fuorono fratelli figliuoli d’isaach nati d’uno corpo ensiemi. entro nel ventre de loro
madre s’amischiavano ensie
Da poi che Karlo tuo. Quivi pone dante favellando im
persona de la moglie del decto Karlo reina d’ungherìa a la quale dante dice così. o bella
clemenzia da poi che Karlo tuo marito me nnarò l’inganni che recievere dovìa la sua
semenzia. ciò fuoro li sui figliuoli et desciendenti engannati da la casa del re ruberto et
dei sui nepoti. ch’ei disse taci.
Gli occhi de beatrice come prima da corpo a spirito me feciero ciertificato de quello ch’io disiava de sapere.
In quella parte de la terra pra
Di questa lochulenta. del nostro cielo. cioè del cielo de venus che più m’è presso
grande fama de lui è remas’ al mosic
Per letizia. cioè la leticia de li spirti beati se dimosstra el loro per magiure balenare
del loro lume come in noi per ridere. ma nell’inferno se mostra la loro tristicia. dei
dannati. per mostra
Tra discordanti. bugiea si è terra dei saracini et marsilia è
dei cristiani. e sono a rencontro. l’una tanto de lungi da l’altra che sendo marsilia inn
ocidente et bugiea è a mezogiorno tanto logni l’una d’altra che l’una fa orizonte a
l’altra. sì che quando el sole se leva a l’una se leva a l’altra et così quando se corca. et
quando uno omo va tanto ch’elli giunga el l’orizonte de l’altro el sole quando è nel
mezo cierchio del suo zodiaco alora fa mezo dì là dove prima era l’orizonte de colui
ch’era nella sua terra cioè marsilia. om.om.
Ma vaticano. vaticano è quel luogo in roma così chiamato
nel quale fuoro sepolti li martiri stati morti per la fede santa de jesu christo. che
seguirono santo pietro doppo la sua morte martoriato. sepolti com molti altri papi et altri
martiri santi.
lo ministro. ciò è ’l sole. congiunto se girava. immagina che ’l cielo sia tucto rigato
de righe minute quanto più possano l’una riga presso a l’altra. el sole vae a traverso per
quelle righe congiunto. Chon quella parte che su si ramenta. con quella parte congiunto
se girava per le spere in che più tosto onni ora se rapresenta. el sole era el lo segom.
Multiplicato. d’u’ senza risalire nessuno disciende. nota fore ch’ei dimoni de l’inferno che caddaro di paradiso onni altro che salisse al cielo non ne discese che non ve risalisse etc.
Quell’altro. fu uno frate nominato singieri el quale fu grande santo maestro che fecie libri et de dicretali et de spirtuale amunitione. li quali piacciono e nnel foro de la justizia et nel foro de la misericordia. foro se può entendere la corte dove se tiene la ragione civile et la ragione chercile. ancho se può entendere ei fori che recevette christo dai chiavelli et da la lancia et da li spini achuti de la corona.
L’altro. costui fu frate pietro maestro de le sentenze che fe’ uno libro molto da tenere caro et quando ebbe facto questo libro sì l’oferse a sancta ghiesa in questo modo. disse com’elli avìa una sua povarella limosina la quale esso la donava non avendo che donare. quello libro a la santa ghiesa.
la quinta lucie. se dice ch’è sallamone re il quale et del quale se fano molte quistioni dove l’annima sua sia. el quale re mai non ebbe suo pare secondo a lui.
Apresso. questo che vide l’angielicha natu
Per vedere. dice di buoetio chiamato santo severino el quale mostra come ’l mondo è fallacie pieno d’onni miseria. el quale morìo martire a pavia em pregione inn una ghiesa sepolto c’à nome santa maria cielo d’auro. et chi dice d’auro cieli.
Essa. questi fu grandissimo sancto maestro in divinità che tenne scola grandissima leggiendo a parigi en quel borgo che si chiama vico de li strami. etc.
O insensata chura. chi dietro a contendere im pa
la providenzia. con quel consiglio nel quale consiglio mai criatura nom poteo sapere anzi oni vita vel vista creata è vinta pria che possa vedere il fondo de l’abisso secreto de dio.
Però c’andasse. la spoom.
Intra tupino. tupino è uno fiume et l’acqua che disciende de
monte de santo ubaldo. tra questo spazio de queste due acque el beato francesco nacque
et dice de lui nacque uno sole come fa el nostro sole de gangi. gangi è uno dei dodeci
segni del cielo et ancho gangi è uno grandissimo fiume inn oriente unde ’l sole passato
el nostro levante sì che po’ dire per similitudo che ’l sole nasca di gange.
Questa privata. cioè la santa ghiesa fondata en sulla povertà de iesu christo privata del suo primo marito povaro christo vòli del primo suo povaro marito sancto pietro. a gloria de sancto francescho santo tommaso conta la sua vita seguendo.
Pensa. dice sancto tomma
Chome. dui archi che ’l sole fa per una nùola et dice tenera ci
Nascendo di quel dentro om.a e quella rembomba a et così ciò che l’uomo dice.
E fanno qui. dicono i volgari che dio fecie uno pacto con
esso Noè che mai no abissarebbe il mo
Del core de l’una. del mezo di quella luce ch’ei pone per
core. cioè come noi avemo el core in mezo del corpo così nel mezo de la luce che lì se
mostrano in fingura tonda. perchè la figura tonda è ’l più perfecto corpo. così pone che
’n quei lumi sia nel mezo del tondo el core dei beati spiriti. ponendo lo spirto per core
del lume etc.
come l’aco la stella mi fe’ parere. li marinari col la callamita fano una stella dov’è ficto un aco et come movono intorno a uno bossolo en chui è messa quella stella col l’aco la callamita toccando l’orlo del bossolo cirandola intorno la stella per l’aco che lli è ficto dentro che corre dietro a la callamita se volgie et se gira sì spesso ch’a pena se vede sì spesso se gira. et così dice dante che facieno quelli beati lumi per la letizia de ch’ei sempre sono pieni.
Siede la fortunata challaroga. socto la signioria del re di spagnia el quale porta per arme il lo suo scudo uno quartieri. el lo quarto denanzi uno leone. di sopra el lo quarto da lato al lione uno castello. el lo quarto denanzi de sotto uno castello. el lo quarto de rietro de socto uno leone. sì che tu vedi uno leone che sogioga et così un altro leone sogiocato. dentro en callarogo ch’è la cità en che nacque santo domennico.
Ma l’orbita. cioè la vistigie de la rota che fecie sancto
francesco è abandonata sì che dove la olezante comma del principio del suo ordine era,
mo lì è la contraria muffa. et la sua famiglia ch’è al principio anda
di fronte
c. s.
Ad inveggiare. cioè a emboctare a encassare a ensacare cotanto paladino. cotanto franco prode santo domennico ne mosse la infiamata cortesia de tommaso d’acquino. odendoli dire cotanto bene del nostro padre glorioso francescho. etc.
Immagini chi bene disidera intendare quello ch’io or vidi. e ritegnia l’immagiom.
Poi che tanto. tanto era el loro veloce movare ballando dal
nostro movare quanto el movare del cielo ch’avanza tucti li altri. quanto el suo movare
sia più che
Lì se cantò. baccho anticamente fu adorato per deo del vino.
peneo fu padre om.
la ciera. di che sono facte le cose mortali. et chi la fa non sta d’uno modo et però socto il segnio ideale poi più e meno traluce. ragione che le cose criate sono tucte più perfecte producte da dio che quelle che sono prodocte da la seconda natura.
Però se ’l caldo amore. de la prima virtù despone et segnia quivi la perfectione tucta
s’aquista. così fu facta già la terra degnia de tucta l’annimale perfectione. cioè la carne
del corpo d’adam de la vergine madre et del suo figl
Ma perchè paia. qui dichiara tommaso come salomone fu quello re che mai non ebbe re secondo a lui che fosse nato d’omo et definicie com’elli adimandò a dio tanto senno quanto bisognava de reggiare coloro ch’erano somessi al suo regimine.
Nota lectore qui dentro el la tua mente a giudicare de non exere corrente.
E di ciò sono. permenide. melisso. costoro fuoro infedeli contrari a la divina et vera santa scrictura. li quali etc.
Dal cierchio. uno vaso tondo che sia pieno d’acqua percoteldolo de fore o dentro
l’aqua se move da le prode prima et quando ella è al mezo tucto insiemi se move. per
similitudine se movero li santi cierchi de quelli lumi santissimi ma veram. santissimo
Diteli. qui dimanda beatricie a quelli spiriti beati et dice.
diteli se la lucie unde s’emfiora quando sare’ resusitati col li vostri corpi porrà exere che
non vi nòi. quasi voglia dire. l’occhio corporale non po’ soffrire de mirare nella rota del
sole. et voi sete qui più resplendienti che ’l so
Così questo fulgore. responde qui lo spirito et credo che fosse sancto tommaso.
alchuno altro crede salamone om.
Così come al salire. così vidd’io sciendere faville dei quei
luci sic
ben m’acors’io. tieni a mente lectore che biatrice qui entra el lo cielo de marte. et quanto più entra de cielo in cielo tanto più s’è facta più bella com magiure alegreza et dante più entendente spechulactivo contento.
Con tucto el core. tucte le lingue umane sono una en dio sì
che quando li ommeni adorano dio tucte le loro lingue dio le ’ntende om.
Chome distinta. tra i poli del mondo cioè tra oriente et
ocidente se vede una strada bianchegiare la nocte alchuna volta per molte stelle che lì
resplendono ed è come una strada lunghissima la quale molti la chiamano la strada de
santo jacomo. ma dante la chiama galassia.
Chosì se veggiono qui. le minutie dei corpi movarse per lo
ragio unde se lista talvolta l’ombra
Cotale nel co
Sì pia l’ombra. anchise padre d’enea secondo dice virgilio andando enea menato da
la sibilla per l’inferno et arivando a uno luogo che ssi chiama liso trovoe anchise suo
padre. il quale padre quando vidde il figliuo
O sangue mio. o supra abundante grazia deio sic
La prima cosa. benedecta sia tu santissima trinità de dio che nel mio sangue se’ tanto cortese. quasi dica de sè medesmo che è im paradiso per la sua grandissima et larga cortesia et per la gratia che tu fai a questo mio nato del mio sangue. benedecto sia tu sempre.
E seguìo. grato lontano. de giunone dea de la discordi
Poi comincia’. l’affecto e ’l senno come la prima qualità n’aparse di me d’uno peso
per ciascuma veram. solo
O fronda. posscia me di’. quolui da chui se dice il tuo
parentado el quale arà girata la prima cornice del purgator
Non avìa cactenella. non avieno quelle donne di firenza le cactenelle per ciegnarse
bene strecte. non avienno scaggiale che valessaro più che la persona che ’l portava. sarìa
tenuta alora tale meraviglia una gianchella uno lapo saltarello quale sarìa ora cincinato
et corniglia. corniglia fu moglie di catone la più onesta onorata donna fra tucte l’oneste
onnorate donne (onorate) de roma. cincinato fu el più virtuoso el più franco el più dricto
cictadino et colui che meno se churoe d’andare cum pompe. gianchella la più sfacciata
perduta belleza de firenze et la meno onorata. quasi tenuta ma veram. tenute
Non era giunto ancora sardanapalo. sardanapalo fu re di babilon et fu tanto
trascactivo che se conduciv’a stare el dì e la nocte per le camare pieno de donzelle et col
loro filava et cosciva et aitavale a ’ntarsare et tucto el suo studio erano confecti vini et di
mangiare et di bere de lusuriare. tanto c’a terra a terra li fu tolto el regnio et
a mezzo il capitolo in alto
Dal voi. qui dimanda dante l’antico suo. ditemi dal dì che
roma lassò de dire l’uno romano a l’altro voi al dì che tucti mo’
se dicono tu a onni giente. beatrice alora cominciò a sorridere et
fece dice dante come quella che tossìo al primo fallo de la reina ginevra. Quella che
tossìo al primo fallo de ginevra fu la donna di monalto la quale stando a vedere e
lancilocto era col la reina tossìo perchè la reina sapesse ch’ella l’avìa veduta. et fece
segnio che non temesse per avere poi la reina el lei magiure confidenza. così per
similitudine fece beatrice a dante per darli ardire de respondare et di dimanda
Dal voi. infine che roma se resse a popolo tucti onoravano l’uno l’altro consoli
sanatori dictatori maevoi. noi el lo dimandare e ’l lo respondvoi al tu.
Tucti coloro. qui dice misere cacia l’antichita de’ firentini al
suo tempo de li originali et de li aventicci et dei virtuosi et dei vitiosi et dei desfati casati
et dei facti de nuovo. racontando per nome et per segnio de l’armi ch’essi portaro ancora
i non desfacti da la fortuna come nel tessto apertamente si contene. etc.
Se la giente. ciò sono i romani et chi dice dei preti. non fosse questa giente c’al
mondo più tralignia non fosse stata a cesare noverca. matrignia. ma come madre om.
O qual io vidi. costo
Ciascuno. questo grande barone se dice per alchuni fo el re Karlo de puglia che
sconfisse lo re manfredi prima ma veram.
primo
La casa. questi fuoro li uberti la maggiure famosa casa vel schiata de firenze et la
più onorata. per lo giusto desdegnio. el desdegnio de questa casa uberti nacque quinci.
avendo uno giovano de la casa dei buon dal monti promessa de torre una fanciulla de li
uberti el dì che lli devìa dare l’anello et che l’amistà era raunata da l’una parte et da
l’altra questo giovano passan
Ma conveniessi. la pietra sciema ch’era posta el lo capo d’uno ponte d’arno in
fiorenza era una testa entagliata en figura de marte. et marte è dio delle bataglie.
conven
O cara pieta sic
sic
Nè per ambagie. non per a
la contingenza. l’avennimento de le cose prima ch’elle vengano. tucte sono depinte
nel cospecto de dio et non po’ exe
Quale se partìo. Ipolito fu figliuolo di teseo duca d’atene.
morta la madre d’ipolito represe moglie el duca una ch’ebbe nome fedra. la quale
perchè ipolito suo figliastro non volse avere a usare col lei essa l’achusò al duca de tucto
al contraro diciendo tucta squartatose ’l volto com’elli l’avìa voluta sforza
E quel che più te graverà. sarae la giente chon chui te
converae usare. malvagia ingrata sconosciente vitiosa col la quale tu cad
Lo primo tuo rifugio. la cortesìa di misere alberto da la scala
signiore di verona che porta per suo arme una scala d’argiento col lo campo vermeglio
et in su a somo la scala la imperiale. et così fu che arivando a lui dante da lui recevete
molto unore.
Che se la voce tua sarae molesta nel primo udire. quando ella sarae bene repensata
ella piacerà com più dilecto et lasscia
Già se godeva solo del suo verbo. et io gustava temperando el mio acerbo pensiero col lo mio dolce. cioè acerbo m’era udire la mia furtuna ma pensando al mio fine ch’io avìa udito m’era sì dolce che temperava col dolce l’amaro.
Et cominciò. in questa quinta pianeta de marte che vive da colui che mai non à nè
anc’averà fine spiriti sono beati om.
I’ viddi per la croce. a questa croce pone dante che vedesse molti spirti beati
andando balenando de la letizia ch’essi avieno de l’onorare quello venerabile segnio de
la fede nostra crhistiana en fra i quali udìo nominare dei santissimi conducitori et
combactetori contra et pagani et saracini om.
Si m’acors’io. qui pone dante ch’entroe salendo nel cielo de
giove. et nota che tra ciello et cielo non è spacio che sia da l’uno a l’altro. ma sono
continui et qui dà una simiglianza d’una donna che per vergognia diventi rossa.
rasecurata remane bianca. così feci’ ella. che la stella di marte onde dante era uscito era
rossa. ed elli entrando el la spera de giove vide la stella de giove bianca. simile a la
similitudine decta de la donna.
O diva. ciò vol dire o riccha fontana de sapienzia et de justizia che fai l’ingiegni gloriosi e rendelo viventi de perpetua et longa fama.
Poscia. sopra le m ch’è fine de iusti
Poi chome nel percotare. onde li stolti sogliono agurarsi.
solio
Quei che depignie. è colui da chui la natura se ramenta et fa come el somo fatore li fa fare.
Già se solìa fare guerra col le spade. mo’ fa col le lemosine che sono date ai
sacerdoti et che dia
Ma tu. papa che scrivi per cancellare et cancelli per avere denari et cusì fermo è ’l
tuo dissidero a essi che per amore del batista ch’è segniato en sul fiorino che non
conosci nè pietro nè paulo. d’altra
m.
Et cominciò. son io exaltato a la perfecta gloria et in terra lassai le mie leggi le quali ciascuno loda et tucti fanno el contraro di quello ch’ei lodano.
Poi cominciò. el nostro criatore che volse il sesto quando esso crioe el mondo non
poteo fare che ’l suo valore non remanesse vantagioso da tucto ciò ch’elli aviva criato.
ragione l’universo ch’elli à criato. et ciò che dentra a esso se trova tucto po’ avere fine
ma non mai el criatore infinito che l’ha producto. ciò entende per lo criato
Assai t’è mo aperta. la tennabre che t’ascondeva la viva giustizia et di che tu facìa
frate medessi
E tai christiani saranno dannati da l’infedeli d’etiopia quando al giudicio se partiranno le pecore dai becchi.
Vederassi di sopra al ciotto
E parano l’opare soze de quel di raona che col lo fratello nati de nobilissimo padre doi regni ànno facti bozzi.
Et quel de porto re et quel de norvegia re et quel del reame di rascia re. che male per sè à veduto el conio ducato fiorino de vinegia.
E ’l re de cipri che non se scosta da l’altre bestie
Chosì rimosso. qui pone dante et figura una agulia e pone ch’ella sia tucta piena de
sancti spiriti resplentienti come faville vive de fuoco come apare qui de socto. et pone
ch’ella avesse li occhi lucienti e che per pupilla de quelli occhi nel mezo resple
Dei cinque. che li fano el ciglio fu troiano imperatore che conso
E quel che segue. costui fu el re exacia sic
ma veram. mandaom.
L’altro che segue. fu gostantino che per rever
E quel che vedi nell’arco del ciglio fu guilielmo re de cicilia el quale fu tanto largo
pietoso benigniom.
Chi crederebbe. Riffeo fo re pieno di tanta onessta et virtuosa
O predestinazi
Noi semo levati al sectimo cielo de saturno. el quale dice biatrice che è nel segnio
del leone al mom.
Ficcha dietro a li occhi tui la mente et fa de questi beati lumi tui specchi a la figura che te sarà.
Dentro al christallo. cioè dentro al cielo de saturno del suo caro ducie sotto chui
onni malitia fu morta. tucto el tempo ch’ei visse re d’italia doppo Jano primo re de
l’italiani che se dice che al tempo del decto re saturno se chiama el suo tempo l’età de
l’oro. cioè che come l’oro è ’l più perfecto metallo così quella êra passò tucte l’altre
etadi. et però fu adorato per dio e posto nome a
E come. questa è una similitudine che come le pole fanno come dice. così facìa la moltitudine de quelli luminosi beati giochundosi spiriti mostrando a dante la loro ardente carità d’amore non altro che piena gloriosa letizia.
Tu ài l’udire mortale. et perchè qui non se canta. tu se’ venuto a tanta magiure dolceza che quella che tu ài udita più giuso et veduta. che nol l’ài veduta da quinci en giuso altro che surridere ma non ridere.
Poi respose. l’amore che v’era dentro en quel lume luce divina sopra me piove.
penetrando per questa lucie in ch’io m’ensaccho. en ch’io m’enventro. a mo’ chi avesse
dimandato jesu christo nel ventre de la vergine sua ma
Tra dui liti di italia surgono sassi. presso a firenza non più de lungi che le nuvole in
chui se fanno i toni da la terra. che se dice che so da tre migl
Che pure con cibi. d’olio lievemente ci
Opresso. quasi dica molto soperchiama veram. fanto
E la magiure om.
Und’elli. o frate. qui responde el beato lume de santo bene
Perchè non v’è il loco et non s’empola. cioè in questo cielo non è tramontana. non è qui stella che sostegnia questo cielo come li altri celi. anzi sono li altri sostenuti da questo et questo solo da la divina senza mezo infinita possanza. e nostra scala infine ad essa varcha. però chosì dal viso ti si nasconde. te se ciela. Infine lassù la vide Jacobbe. dice la sancta scrictura che dormendo iacobbe vide una scala da la sua mano dricta che giugniva da terra fine al sommo cielo. et dal cielo fine a la terra. tucta piena de resplendienti angieli che non facieno se non sciendare et salire su per essa. et a somo questa scala vedeva el salvatore de la nostra salute jesu christo.
la dolce biatrice dietro a loro om.
E però prima che tu più t’illei. cioè dice biatrice prima che tu
più t’illei. cioè che più diventi una cosa col la ultima tua salute remira en giù e vedi
quanto mondo tu vederai. quasi dicha sì poco che tti parrae come nulla. et così te
rapresentarai chon tutto el tuo core più giuchundoso a quella turba dei beati lumi che
sono cotanto vantagiosi dal cielo a la terra che tu vederai. Chol viso retornai et vidi tucte
le secte pianete. et vidi la terra come uno vile picciolo gomitoluzzo tale ch’io mi feci
beffe del suo vile sembiante.
E quello aprobo om.
l’aspecto del tuo nato. el sole se dice figliuolo d’imperione secondo le faule dei
poeti. maia fo madre forse per umido
Così la donna mia. vidi stare volta vèr la parte del cielo socto la quale il sole mostra meno frecta. quando el sole se leva la mactina a noi a pena pare ch’ei vada et la sera quando tramonta pare che subbito vada socto. sì che beatrice stava rivolta invers’a l’altissimo primo resplendiente sole a similitudine de l’ucello de chui fa menzone ch’aspecta l’aparire del sole. levare.
Quali. quando la luna è bene piena che se chiama trivia ride tra le ninfe eterne. le
ninfe eterne dice de le stelle che i poeti chiamano nimfe eterne ch’ellu
Vidd’io sopra migliaia de lucerne. dice sopra perchè ’l nostro sole è di socto da le
stelle bene che da lui sono illuminate. le lucerne dei beati spiriti che li apariro qui erano
illuminate da uno sole che li ven
La mente mia così. da queom.
Se mo sonassaro. om.om.
Non è pareggio da picciola barca quel che fendendo va l’antica prora nè da nocchieri c’à sè medesmo parcha. la barca di Flegias etiam che vae per lo fiume d’inferno tanto fievole che quando cie passoe virgilio et me solamente com’io v’entrai dentro parve carca solo di me. al peso che le mie omare ànno a sostenere. omari deboli a cotanto peso non è pari de la mia piccioleza a comperazione dal carco de le mie spalle a quello de quella antica barca la chui prora va segando per lo fiume d’inferno passando li spiriti senza corpo. così carca dal mio. quasi dica nulla comperazione è dal grandissimo peso de le mie spalle a veruno altro.
lo reale manto. ci
Quivi se vive et gode del tesoro ch’e’ marteri aquistaro nel deserto de questo misaro
et fallace falso bugia
O compagnia beata in quella ciena de iesu christo el quale ve ciba sì che voi sempre
sete sazi. dicie qui beatricie pregando per dante quei beati lumi ch’erano cotanto asimi.
se per grazia de dio costui asagia de’ tritoli che caggiono de la vostra mensa prima che
morte sia venuta el lui ch’è anco vivo col lo corpo om.
Però salta la penna. che nella nostra imaginazione a pensare quelle pieghe cioè nella nostra inmagine quelle pieghe sono de troppo colore vivo et così molto più el parlare male agievole. quasi dica l’immaginare è troppo colore vivo non ch’el parlare.
Ed ella. O luce eterna disse beatricie a sancto pietro a chui iesu christo lasciò le chiavi de serrare et deserrare il cielo. dimanda costui dei punti de la fede. per la quale fede santo pietro decto andoe su per lo mare a piede senza veruno altro argomento.
Di’ buono christiano. dimanda santo pietro dante. dimmi fede che è. dante responde
ma prima se volse a beatrice ond’ella li fece segnio ch’elli respondesse perchè senza
biatrice ch’è la divina scrictura non averebbe saputo respond
E io. responde dante. le profonde cose che mi mostrano qui la loro aparenza a li occhi dei mondani sono sì nascoste che l’essare loro. de queste profonde cose. è in sola credenzia de ferma fede. sopra la quale fede se fonda l’alta speranza et però de sua sustanza prende intendimento de credere et da questo creddere e’ i conviene vereficalla senz’avere altra vista.
Resposto fumi. di’ chi t’asecura che que
Che tu entrasti povaro et digiuno. quasi dice dante. tu no volgesti el monom.
O santo padre che perfectamente om.
S’elli adiviene mai che ’l poema sagro al quale poema à posto mano el cielo e la
tera. ciò dice d
Ridendo alora disse biatricie a sancto Jacomo. beato sancto
per chui la grandeza de la nostra corte. de la nostra ghiesa. de la nostra fede. la nostra
gloria se scrisse. fa resonare la speranza in questo cielo. tu la figuri tante volte ne la tua
scrictura quanto jesu a te o ai tre fe’ più careza. se i dice ai t
Però li è conceduto che d’egicto. om.om.
Speme diss’ io. om.
Da molti lumi mi vene questa luce. cioè da molti santi ch’ànno dicto de la speranza.
ma quello santo la distilla et manifesta nel mio core, che fu sommo cantore del somo
signiore giesu christo. santo paulo apostosu abrasione sua
Indi spiroe. de la luce de sancto Jacomo et disse. quello amore ond’io avampo de la speranza che mme seguìo infine a la fine de la mia vitoria. che ss’intende per la palma recieuta da l’altissimo a l’uscire ch’e’ santi fano di questo mondo ch’è uno campo non senza bataglia.
Dice isaia. che ’m paradiso l’annime bea
El tuo fratello. santo Jovanni assai più chiaramente il demostra là dove tracta de le bianche stole. che per revelazione de dio li fuoro mostrate nella sua pocalisse. a la fine de le sue parole apresso udìo dire a tucte quelle annime cantare sperente altamente dicendo.
Questi è colui. dice biatrice che giacque sopra ’l pecto de christo rasomigliando christo al pelicano che fa ei sui figliuoi morti per difecto de natura. et per dare a loro vita se ficcha el beccho per lo pecto ch’ei fiere al core et col lo sangue che li escie del core sopra i figliuoli el versa et col la morte sua a loro dà vita.
A questa voce lo ’nfiamato giro dei tre santissimi luminosi baroni se quetò con esso el dolce misco de quello tradolcissimo loro canto che de tucti e’ tre solamente uno suonò. et dà l’asempro come s’acordano i galeocti al suono d’uno fischio se posano.
Lo bene che fa contenta om.
Et io udì. dice dante respondere tucte concordi a lui. a quello amore et per autorità et per intellecto umano dei tui amori a dio guarda il sorano. alr. dei tui amori dio guardi el sorano.
E come a lume aguto. percote li ochi a uno che dorme e de subito se desta per lo
troppo splendore abarbaglia
E come clivo. et chi dice clino. sono le pendici d’uno fiume alte tucte vestite d’erba
fiorita et nelle quali pendici specchiate da l’acqua del chiarissimo fiume. et ivi se vo seggiono
E fia perfecto nella corte del cielo a lora tale. ciò pare che voglia dire de quel papa
clemente ch’era al tempo d’arigo imperadosic
In forma d’una candida rosa pone dante che sia facto el paradiso et che l’annime
beate sono tanto bianchissime che la neve no è apresso tanto. che fuoro quaggiù sposate
el lo sangue de giesu christo et così li angeli. salvo che li angie
E come fanno l’api a schiera. quelli angeli vanno et vegnio
Quando scendeano. el lo fiore pieno de cotante foglie. pieno dei beati tucti c’avìano insiemi de la pace perfecta ch’è lassù. et de l’ardente amore de carità dibactendo l’ali del dissiderio che tucti ànno ensimi l’uno a l’altro d’amore.
Nè lo ’nterporsi. li angeli che volando vano de sopra el fiore. la loro moltitudine de splendori non impediva la vista perchè eccho la ragione. Che la divina lucie è penetrante per l’universo secondo ch’è degnio. et chi dice per l’universo sechulo ch’è degno. sì che nulla li può essere ostante.
Se i barbari venendo de tale parte che ciascuno giorno stano coperti socto la
tramonta
Vegnendo quei barbari cotanto de lungi a roma. vedendo le maraveglie de lacterano
che li era uno tempio sì edificato che facìa tonare balena
Quivi dove più alto è ’l sole dov’elli più stregnie il freno a’ sui cavalli che menano el carro perchè non trascorrano. el quale male guidoe fetonte. com’e decto nell’inferno a 17 capitoli.
L’affecto libero al suo piacere quel contemplante uficio de doctore prese et cominciò a dire.
Da questa parte. unde ’l fiore è maturo. sono i profeti iudeci del vechio testamento.
Da l’altra parte. unde sono spartiti sono li christiani et i giuderi che credectaro en christo et viddero et divennaro christiani.
Quei due. più felici per exere più presso a la reina del cielo sono de questa corte quasi due radici. adam el primo homo radice dei corpi umani. et sancto pietro de la nostra fede ch’è salute de le nostre annime.
E quel che vide. de santa ghie
Sede lunghe
E ’ncontro. al primo omo adan siede lucia. che s’entende per la pietosa fede che
mandò beatrice a secorre
Qui farem punto. come bu