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Non furono in alcun tempo sì degni di riferire gli avvenimenti seguiti sotto i re di Francia quanto quelli sotto il presente regnante Luigi XIV, poiché avendo voluto sorpassare qualunque dei passati, portato, non meno dai stimoli della gloria che da quelli dell'ambizione, ha col mezzo delle prosperità nelle armi e della riuscita nel negozio ridotta a tale formidabile potenza la monarchia che sarà altrettanto incredibile alla posterità quanto di che tiene pena al persuadersi il testimonio stesso dei viventi. Non sarà parte di questa relazione il riandare in qual modo essa s'ingrandì nei secoli passati con titoli di matri- monii ed eredità, colla fortuna felice della guerra o per cessione di trattati, né quanto seppe Enrico IV l'avo, né Luigi XIII il padre col consiglio di esperimentati ministri operare per la quiete interna e per la dilatazione esterna del regno, così per mare che per terra, non il descrivere la situazione sua, non i costumi e genio della nazione, né quanto seppe il presente mirabile governo negli anni passati elevare di potenza con tante guerre, da' quali per pochi anni fu disoccupato, non l'incremento per vittorie e per trattati di pace, o contro i principi divisi od uniti. Tutti questi fatti furono argomento di copiose materie che da penne felici sono state descritte con pubbliche stampe all'occhio del mondo, o con iscritti reconditi al secreto dell'eccellentissimo Senato.
Girerà perciò la presente, al possibile compendiosa relazione, sopra la rappresentanza di alcune cause principali che hanno portato la monarchia alli correnti impegni, e sopra la situazione sua, con alcuni tocchi di passaggio di ciò che in sei anni nei quali mi sono fermato in quella corte, ho saputo debolmente conoscere, e dell'aspetto che indi si è mutato con quella vicenda di fortuna che instabile così nella decadenza degl'imperii si fa giuoco, con che pare voglia distruggerli, che nell'ascendente loro, al quale sono montati per mezzo della sua parzialità, in modo che mostra che qualche altro principe abbia a sottoscrivere alla loro legge e rinunziare alla libera sovranità che Dio gli ha dato.
In questa seconda situazione trovai la Francia al colmo delle maggiori prosperità, con confini dilatati per tante conquiste, con florido corrente commercio, con Ugonotti, se non persuasi nella conversione, depressi, con poderose armate marittime e terrestri, con tante fortezze fabbricate, senza scontro dei principi potenti ed emuli, con soggiogazione dei suoi nemici, con prodigiose rendite, con un gran re si può dire vero padrone della Francia, dei Francesi, del loro cuore, denaro e vita.
Ma non bastante tutta questa estesa potenza alle sue più vaste idee, entrò con coraggio ed ilarità nella presente guerra che se gli rese in seguito di poco tempo di sommo pericolo per l'unione dei cinque dei più formidabili principi dell'Europa, senza gl'inferiori, onde continuò indi con pentimento per la conoscenza di non poter durarvi che colla distruzione di quella felice floridezza alla quale era giunto.
Godeva la cristianità una profonda e tranquilla calma per
le paci in Nimega concluse, alcuni anni dopo solo agitata dal
Turco contro la sacra lega, colla garanzia dell'Inghilterra, sebbene per quello che tocca alla Spagna involta in equivoci mal
accortamente assentiti da Balbases che per discolpa imputò
Christin fiammingo, mentre non si spiegò in quanto dovevano
consistere le dipendenze cedute; quando la Francia con tali guadagnate ragioni ponendosi in possesso di moltissime terre, provocò gli Stati a soverchio coraggio di dichiarargli la
guerra con che prese il pretesto di occupare in concambio loro la
piazza e provincia di Lucemburgo. Pure riguardo all'imperio
la stessa pace di Nimega si riferì alle dubbie interposizioni di
quella colla quale la Francia teneva la sovranità di molti Stati
che da essa si dicono pretesi usurpati. Per estenderle inoltre
con apparente fondamento di ragioni, accusato però violento a
titolo di riunioni e dipendenze dei tre vescovati di Metz, Toul e
Verdun, istituì del 1680 la camera di Metz, la quale con molti
atti unì tanti Stati e feudi dell'impero alla corona. Lo stesso fecero il Parlamento di Besanc6on che dichiarò le dipendenze di
Borgogna ed il Consiglio sovrano di Brisack che spiegò quelle
della bassa Alsazia e molte dell'alta; tribunali tutti che in esecuzione dei trattati di Mu5nster, Pirenei e Nimega chiamarono in
giudizio principi sovrani ed aggiunsero il possesso di dilatissimi Stati, ancorché del 1669 dichiarò Gravel ministro francese a
Ratisbona che non si pretendeva l'immediatità delle dieci città
dell'Alsazia. In ordine a simiglianti pretese sebbene con finta di
guerra però con secreti trattati coi Borgomastri di Strasburgo,
si fece l'acquisto di quella importante piazza nello stesso giorno che quella di Casale venduta dal duca di Mantova per settanta mille doble senza il castello che gli fu alienato per venti mille: la prima essendo membro dell'impero come città libera, l'altra feudo dell'imperatore; acquisti che non potevano essere più
opportuni agli occulti disegni della monarchia universale, colla
speranza di strappare la successione della sterile linea d'Austria
in Ispagna pretesa dal Delfino, poiché con Lucemburgo s'imbrigliavano gli Olandesi, Colonia, Mu5nster e Liegi; con Casale il
Piemonte, e si facilitava l'acquisto del Milanese, e con Strasburgo dominando il Reno si chiudeva il passo alle forze dell'impero per entrare in Alsazia, e collo stesso fine di ritenere i principi d'Italia si erigevano col proprio denaro fortificazioni in
Guastalla. Così sussisteva la pace solo nel nome quando era seguitata da tante infrazioni, imputata la Francia di valersi di essa solo per un frattempo per consolidare le cessioni ed intraprendendo indi la guerra per guadagnarne altre, rompendo i
vecchi e rannodandoli con nuovi trattati secondo che le
compliva. Non poteva l'imperatore opporsi a tali atti che col negozio,
per via del quale protestava replicatamente a Ratisbona, poiché
stava immerso nella guerra contro il Turco, che fu nei suoi principii funesta per non meno gravi iatture che pericoli, non con
poco sospetto dei fomenti dei Francesi, i quali si estendessero
anche ai ribelli di Ungheria per approfittare in più modi di quella diversione. Parve anco sebbene con inganno che se ne aprisse la congiuntura quando piantato l'assedio di Vienna s'ideò
che alcuni dei principi dell'impero impauriti portassero, con ricorsi per aiuti, unita l'offerta della corona dei Romani al Delfino per conservare all'impero la libertà e prevenirgli i ceppi che
gli soprastavano, ma interessatasi la protezione del cielo alla
causa di Cesare, legò principi in suo aiuto e portò un re guerriero a trionfare colle sue insegne soccorrendo quella metropoli
che stava in evidente pericolo. Continuò anche mirabilmente,
poiché con acquisti consecutivi prosperavano le armi cristiane,
in modo che cominciò la Francia ad entrare in gelosia del suo
ingrandimento e temendo la pace col Turco allora quando furono spediti i due inviati a Vienna che si vuole le riuscì d'impedire, e stando in rottura cogli Spagnuoli progettò un trattato
di pace che non potutosi convenire si contentò di una lunga tregua per venti anni che fu del 1684 stabilita, ritenendosi in vece
di tante dipendenze Lucemburgo in Fiandra e rimanendo anco
al possesso di Strasburgo al Reno. Fra tanto l'impero si strinse colla lega difensiva in Augsbourg, trattato che adombrando
la Francia per timore dell'aggrandimento di Cesare gli fece
prendere la risoluzione di fortificare il suo regno con molte piazze che formano tre barriere in Fiandra ed altre nel Reno, alcune delle quali si pretesero erette sopra Stati di principi dell'impero, con imputata contravvenzione alla tregua suddetta. Parve
che il destino desse sempre nuove materie da fuoco poiché una
dopo l'altra successero due morti di grandi principi, la prima
del palatino che diede ragioni di eredità alla duchessa d'Orleans,
l'altra dell'arcivescovo di Colonia che suscitò la voglia di avere
quello Stato indipendente col proteggere nella nuova elezione il
cardinale di Fu5rstemberg che lo è intieramente ed in
competenza del principe Clemente di Baviera che aveva in quel capitolo
un forte partito. Ma regnando sopra la sede apostolica Innocenzo pontefice che collo scrupolo di giurisdizione ecclesiastica stava disgustato per decreti lesivi ad essa stabiliti dal clero gallicano, e favorendo come si deve credere per ragione di giustizia
più che per politica il principe, decise per essa; dal che si può
veramente dire che queste furono le prime materie che avvamparono la cristianità nel fuoco ardentissimo che la divora.
Anco l'Inghilterra aveva cangiato dalla sua faccia interna dopo la morte di Carlo II, principe che tenendo sotto gli occhi la memoria dei tragici successi del padre ed anco quella dei sfortunati nei suoi primi anni, reggeva quel regno con grande placidezza e soavissima condotta poiché avendo assoggettati i sudditi contumaci, calmate le disunioni senza infrangere le leggi fondamentali, né toccar punto la religione lasciando l'anglicana nella sua libertà, e senza apertamente favorire la cattolica, pareva solo diretto ai suoi piaceri, e sebbene garante della pace di Nimega, ad ogni modo ossia per conservarsi tranquillo il regnare, o per tenere in briglia l'Olanda coll'amicizia di un potente principe come la Francia, dalla quale si vuole fosse guadagnata per mezzo di denaro ed insinuazioni di donne, parzializzando alle sue infrazioni, si teneva con tali misure che il partito contrario non aveva pretesti di muoversi. Ma successogli il re Giacomo che regnò solo quattro anni, acceso di zelante fuoco di cattolica religione non pensò ai pericoli ed ai mali umori dei popoli divisi fra molte, mentre per rimetterle, dopo che uscì vittorioso dalla cospirazione di Monmouth che fece decapitare consigliato dai gesuiti, dichiarò apertamene il suo esercizio con libertà di coscienza e delle pubbliche funzioni, introducendo chiese, ammettendo nunzio apostolico, tenendo ministri in Roma e per esuberando compimento di zelo, abolendo il Testo colla dispensa delle leggi penali, in virtù delle quali rimangono esclusi i cattolici da alcune cariche militari di governo e di Consiglio, arrolando infine ufficiali cattolici nelle truppe e ponendo nel secreto del suo consiglio il padre Peters gesuita. Non poté però conseguire dal Parlamento il decreto, imputato il re di aver violentato in secreto con minaccie i membri di esso per impegnarli a dargli il voto; questa ripulsa lo indusse a parlare ai vescovi per obbligarli a pubblicare nelle chiese la libertà di coscienza che fu da loro rifiutata con più ragioni. Da ciò si risolse di sospenderli dalle funzioni chiamandoli in giudizio per sottoporli al banco del re. Rifiutarono essi di comparirvi con conseguenza di maggior reità condotti indi alla torre secondo il costume interrogati furono assolti per non esservi trovata prova della presentazione di una memoria colle suddette ragioni, ma pretendendo essi violentate le leggi per essere stati fatti porre in prigione rimasero di modo scontenti che unitisi cogli presbiteriani formarono una lega secreta col pretesto di porre in sicuro la religione protestante, sottoporre i cattolici alle leggi del testo, conservare la libertà del Parlamento e nelle cariche le famiglie protestanti non per levare la corona al re ma per obbligarlo a regnare secondo le leggi.
Trattò essa in secreto col principe di Oranges, una parte l'invitò, l'altra lo fomentò. Già nella lega difensiva d'Augsbourg erano entrati gli Olandesi. Il re Giacomo l'aveva ricusato, guadagnato se non con trattato secreto dalla Francia almeno col fine di non disgustarla, e credendo di non tirare tanto utile dagli altri principi quanto da essa differiva alla sua amicizia, particolarmente per la conoscenza dello stato in che si trovava dell'interno scontento.
Questo rifiuto diede calore al principe di muoversi. Le corti di Vienna e di Spagna vi assentirono, non con trattati convenuti ma con connivenza, persuase che l'oggetto non era che di obbligare il re Giacomo di separarsi dalla Francia. Ronchiglio ministro cattolico sapeva il secreto e maneggiava la condotta, e gli Olandesi fornirono tredici mila uomini. L'Inghilterra e la Francia furono avvertite del disegno prima che dell'esecuzione. Credeva quella aver forze bastanti per difendersi da' nemici di dentro e di fuori; s'ingannò perché tradita dai suoi propri ministri, questa offrì soccorsi per mezzo di Bonrepos che si ricusarono, perché un'armata cattolica forestiera avrebbe dato gelosia e maggior prova dell'alleanza secreta. Sunderland primo ministro fu il consigliere del rifiuto, il che lo rese indi in ombra che s'intendesse coll'Oranges per facilitargli l'impresa. La Francia fece dichiarare all'Olanda che se qualche cosa fosse intrapresa contro l'Inghilterra rivoglierebbe contro di essa le sue armi.
Ma il principe senza perder tempo si diede alla mossa coonestandola non per invadere il regno, ma di far unire un Parlamento libero, di difendere la religione, le leggi ed il paese, mostrando il ricorso degli ecclesiastici e secolari che si avevano a lui addrizzato per aiuto come il più prossimo alla corona che se gli voleva levare colla supposizione del principe di Galles a cui colla costituzione di un potere sovrano sarebbe passata con conseguenze di travagli per essere educato cattolico. Così senza contrasto posto il piede a terra molti signori e primi officiali dell'armata, il principe cognato di Danimarca, si dichiararono apertamente con seguito di sollevazioni di molte provincie che si rassegnarono senza spargimento di sangue. Aveva il re fatto tutto per togliere i pretesti coll'abolizione degli atti a favore dei cattolici, con promessa di tutta la libertà al Parlamento, quando sorpreso da tali tradimenti e sino dell'abbandono della principessa di Dania sua figlia, spedì lettere circolari per la convocazione di esso e destinati soggetti al genero principe per trattare aggiustamento con impegno di soddisfare la nazione dei pretesi aggravii. Coll'avvicinarsi egli a Londra s'intimidì il re, che per sicurezza stavano la regina ed il principe di Galles in Francia dove per fortunevole cambiata stella dal duca di Lauzun felicemente furono condotti, ben ricevuti ed accolti. Tentò il re marito di seguitarli con anteriore rivocazione delle lettere del Parlamento ma scopertosene il primo incamminamento, fu arrestato. Al primo avviso della fuga si erano i milordi uniti e spedito soggetto al principe di Oranges quando saputo indi la prigionia del re vi spedirono guardie che lo condussero con acclamazioni e gioia universale del popolo incostante. Spedì il re una seconda volta deputati per convenire in un accomodamento che non furono ricevuti dal principe, mostrando non poter entrambi stare in Londra, e facendo nello stesso tempo occupare i posti e le porte. Furono proposti più luoghi per il suo ritiro. Tra questi assentito Rochester, da dove sia per connivenza o per corruzione delle guardie fuggì in Francia, ritiro che finì di perderlo in Inghilterra.
Questo principio di fortuna al conquistatore fu il presagio di corrispondente fine poiché gli fu offerto il governo. Si convocarono gli Stati sotto nome di Convenzione che si cangiò indi in Parlamento. Si dichiarò il trono vacante per la fuga del re e per la decadenza come cattolico: la principessa d'Oranges per successione erede della corona che compartì il titolo ed il possesso al marito che lo ricevé sotto condizioni per contrarie e deroganti quella sovranità che togliendone molte ai re ne dava più del dovuto al Parlamento; ma quali si fossero, il regno era un contrapeso tale che obbligava a sottoscriverle. Fu indi coronato e può essere che le prime secrete idee non fossero veramente tali di giungervi, ma che nel seguito del tempo adescato dalla facilità e dall'ambizione divenissero maggiori dei suoi principii. La Scozia ritardò a seguire l'esempio per l'ostinazione del partito contrario che prevalse per un anno sino a che disperato di soccorsi cedé. L'Irlanda si mantenne più costante composta la maggior parte di cattolici, si formarono partiti e s'inalzarono rivoluzioni. Il re Giacomo vi andò in persona con deboli aiuti dati dalla Francia, condusse l'ambasciatore d'Aveaux direttore dei consigli politici, Lauzun poco esperimentato capo di militari, ma ambedue gli furono di danno, perché l'uno favorendo troppo i cattolici rese disgustati i protestanti e gli Inglesi più nemici, e l'altro perché si pose all'opera con forze non ba- stanti allo scopo. Due campagne furono coronate da felici successi, dalla vittoria guadagnata al fiume Boyne, dall'acquisto di Dublino capitale, dal che rimase costretto il re Giacomo a ridursi di nuovo in Francia pieno di discredito, ed alla fuga susseguitarono le perdite di altra battagtia presso d'Aulont, delle piazze di Zalovay e Limerick con intiera soggiogazione del regno.
Frattanto il re Guglielmo aveva stabiliti stretti trattati coi principi che erano in guerra colla Francia, la quale vi entrò con falsità dei suoi disegni, e ne fu anco imputata quando invece di attaccare gli Olandesi per obbligarli a richiamare le truppe date al nuovo re, ha portato le armi al Reno, ma esse vedendo veramente che l'Inghilterra non avrebbe mai piegato e che nel mentre era alle mani avrebbe essa fatto il fatto suo dalla parte dell'impero massime per la distrazione di Cesare dopo la ricupera di Belgrado fatta dalla porta, per il che sempre più si allontanava la pace. Non lasciò però di giustificare la rottura accusando la lega formata in Augsbourg come contravventiva alla tregua, e l'invasione del re Guglielmo in Inghilterra con che dichiarò indi la guerra all'Olanda col motivo apparente del soccorso che gli aveva prestato. Gli alleati all'incontro non mancarono di dargliene la causa poiché aveva colto il tempo nel quale l'imperatore teneva occupate le sue forze per difesa della religione contro gl'infedeli.
Sia come si voglia, la soggezione dell'Inghilterra fu così sollecita che il re Guglielmo ebbe e tempo e modo di aiutare l'Olanda, onde si accese la guerra che divenne dappoi universale e per vie sì crudeli che dai felici acquisti del Delfino nella prima campagna con l'occupazione di Philipsbourg, del Palatinato, e dei generali francesi degli Stati tutti situati da Huninghen sino a Magonza, della maggior parte di quelli di Juliers e Colonia si può dire avvamparono di una sola continuata fiamma ed appiccandosi dove poteva attaccarvi la mano.
Fu del 1689 particolarmente lo Stato di Colonia il teatro della guerra, si occuparono quattro residenze di elettori, Bonn, Magonza e Treviri che si fortificò, Heidelberg che si demolì, e lo stesso si praticò di Worms e Spira residenze di due principi dell'impero, si aggiunsero lavori a Eberbourg, e Philipsbourg.
Dopo l'unione dell'Olanda e dell'Inghilterra era entrato veramente il timore, e con non poco sospetto del di dentro non si poté occultare l'ardente desiderio della pace, nella quale si propose di convertire la tregua del 1684: si mostrò propensione di accomodarsi colla corte di Roma, e si fece che il re Giacomo spedisse Porter con commissioni di rimostrare che si trattava di religione, e con esibizione del suo impiego per conciliare le differenze che vertivano, ed in fine fece che scrivesse lette re all'imperatore insinuandogli che divertisse la guerra, dal che si scusò colla ragione che la sosteneva colla Francia. Gli Spagnuoli impressi della poca sicurezza della pace sperando migliorare la loro sorte colle mutazioni, rifiutarono la neutralità offerta da Rebenach, e si fecero compagni e principali nelle disgrazie. Il vescovo di Liegi pure la ricusò, così il duca di Lorena ridotto però senza forze, perché da tanto tempo spogliato del suo Stato ed il fece più per conservare i suoi titoli cogli scritti che coll'armi. Infine la città di Amburgo entrò nella lega.
Queste potenze la resero bensì formidabilissima ma non ancora sarebbe riuscita pesante alla Francia se male opportunemente non si fosse innestata la rottura colla Savoia sotto il dominio di un principe ambizioso, suo accerrimo nemico per i passati disgusti e disegni di spogliarlo dello Stato quando si tentò di farlo passare in Portogallo col matrimonio con quell'infanta, onde sospettato il di lui mal talento se gli levarono tre reggimenti nel principio della rottura ed avendo fatto a Cesare l'esborso di cento e vemtimille doppie per il prezzo di ventiquattro feudi ne' suoi confini e del trattamento regio con secretissimo trattato non poté però occultarlo in modo che ingelositasene la Francia passò a diffidenze indi a dichiarazioni di sicurezze. Era del duca molto nemico il ministero Louvois per certi privati interessi della posta di lettere onde si crede non poco contribuisse la di lui passione ai fomenti. Allegava il principe di esser giusto di aggrandirsi col proprio denaro: la Francia diceva che aiutava i suoi nemici; e successa sollevazione di popolo nel Mondovì per certa imposizione di sali gli offerse cinquemille uomini in aiuto, ma col temuto fine volesse porre piede nello Stato. Il duca li pacificò e li rifiutò, e non ostante avvicinandosi le truppe francesi a Pinerolo il duca fa avvicinare le sue a Torino. Continuava questa gelosia in modo ch'essi per chiarirsene proposero di attaccare il Milanese, ma in unione di esso, in ordine alla quale avrebbe avuto il duca parte degli acquisti ed altra parte quei principi italiani che vi fossero entrati. Rispose esso che avrebbe in tal caso dato il passo egualmente ai due partiti. Non piacque la risposta e si volle far credere che l'avvicinamento a Pinerolo ingrossato sino a sei mille fanti e cinquemille cavalli non era che per cambio del presidio di Casale secondo il consueto di ogni tre anni e nello stesso tempo esagerando Rebenach ministro francese le lamentazioni dello stabilito trattato con lettera domanda quattromille fanti e duemille cavalli per disarmare il duca, ne offrisce egli di questi mille e duecento, dei quali la metà pure non convenuti; ingelosita nuovamente con alcun fondamento la Francia de' negoziati col governatore di Milano, dimandò nuovamente Verrua a Torino per pegno della neutralità che faceva credere il duca voler mantenere, negoziazioni che reciprocamente tendevano a tenersi a bada, mentre così l'una che l'altra parte inclinava alla rottura, alla quale infine, dopo la promessa mancata della suddetta sicurezza delle piazze proruppe; poiché stretto trattato di lega il duca col governatore coll'acquisto del trattamento regio e col mensuale aiuto di trentamille scudi, fece marciare le truppe spagnuole unite alle sue, dichiarò la guerra, e datavi nella prima campagna la battaglia alla Staffarda che perdè, ne conseguitò indi la resa di Susa, con che chiusosi il passo alli soccorsi di Savoia cedè nella seconda le piazze di Monmigliano, Nizza e Villafranca e dopo la battaglia perduta alla Marsaglia s'unì con l'Inghilterra e l'Olanda con condizione di altrettanti mensuali, e così divenuto parte di tutta la lega espose in compenso i proprii Stati alla voracità del fuoco ed al taglio del ferro con lagrimevole calamità. In tal modo aprì l'ingresso in Italia all'armi forestiere le quali coll'apparenza di aiutarla la opprimono con pesante giogo anche pei principi neutrali coi quartieri d'inverno.
Con tutti questi prosperi acquisti era non ostante gravosissima questa guerra per il dispendio che necessitava e per il timore che i principi della provincia e gli Svizzeri ne prendessero gelosia, così come prima della rottura si negoziò secretamente con questi e si praticò lo stesso col papa e la serenissima Repubblica, offrendo nelle loro mani per deposito le piazze pretese in pegno, così dopo di essa si esibì loro pure separatamente di farli mediatori della pace e di non attaccar piazze ritirando le loro forze, quando gli alleati promettessero lo stesso; e questo non solo per levare le ombre e far rilevare non avere l'oggetto di ritenervi gli acquisti, ma per levar la radice che andava prendendo negli Stati dei principi il nome e l'autorità di Cesare, indebolendoli con gravi estorsioni. Durò sempre nel ministero questa massima particolare di liberarsi della guerra d'Italia che poco si pensava dell'altre con quell'effetto che suole alterarsi a misura dei successi, poiché si può dire veramente che la vittoria riportata a Flerus e la morte del duca di Lorena voltando la faccia agli altri in Fiandra ed al Reno posero in grande aria il ministero. Si erano già poste guardie alle coste, assicurato il regno da movimenti interni, disarmati gli Ugonotti del Delfinato, Provenza, Linguadoca ed essendo susseguitate le vittorie di Steinkerke e Neerwinden oltre il successo di cavalleria a Leuze, gli acquisti di Mons, Namur e Charleroi in Catalogna, Belaques, Roses e Girona con la battaglia vinta in mare, risarcita la perdita di un confitto con altro vinto, e non considerate perché lontane le perdite dell'isola di san Cristoforo e s.Eustachio nelle Antille, esperimentavano gli alleati che una campagna non era grado che alle perdite nella susseguente e che rimanevano solo col desiderio di conseguire quello che non potevano nemmeno tentare. La Francia all'incontro pubblicava che ancorché si andasse rovinando coi disegni, si andava risarcendo con l'esecuzioni e gli acquisti.
In tale stato erano le cose quando non si lasciava di conoscere che con tutti essi più era la rovina interna che il prodotto, che infine si dovevano restituire le piazze prese, che l'imperatore aveva fatto il suo giuoco, facilitatasi la corona di re dei Romani ed il dominio sopra i principi d'Italia, il credito sopra quelli dell'impero: per questo si fece tutto per porre divisioni, separare principi, particolarmente Savoia, per poter fare o il fatto suo in Fiandra o la pace a suo modo; si gettarono di- versioni sopra gli Stati del Baltico e si accesero inutilmente in Irlanda, si procurò formare un terzo partito in Italia, un altro in Germania colla gelosia dell'aggrandita possanza dell'imperatore, si assentì alla mediazione di più principi perché si tenessero in neutralità ed in fine si procurò che non dessero quelli dell'impero più truppe del loro contingente od almeno più tardi nella campagna che fosse possibile. Arti però tutte che andarono per la maggior parte a vuoto accreditandosi con ciò la forza di quel sovrano destino al quale l'umana fiacchezza non ha forze da contraporre, poiché non riuscì di portare la Danimarca alla guerra sovvertendo l'Holstein che deve restituire, nonostante le offerte di assistenze, anzi le corone del Nord si legarono con essa con un trattato per proteggere il commercio; non per la mancata successione mascolina nello stato di Lussemburgo, non di staccare l'Hannover che preferì i fini tanto opposti e fomentati dell'elettorato al denaro per una neutralità, non Baviera con offerte in parte della successione di Spagna, non di conservarsi Mu5nster che cedè indi al denaro, non di sciogliere la lega contro il Turco con offerte alla Repubblica ed al re di Polonia, non infine il maritaggio del principe Giacomo insinuato con una principessa francese.
Il solo vantaggio fra tanti contrarii ed infelici maneggi fu di tenere gli Svizzeri, i principi d'Italia e le corone del nord in neutralità e sopra tutto di preservare l'intelligenza al reciproco interesse colla Porta, dalla quale lontana diversione non tira la Francia minor utile che dalla vicina resistenza. Appariva chiaro il pensiero degli alleati non essere che di vincerla per mezzo della stanchezza, il tempo avendo in loro aiuto; col commercio che hanno interdetto vanno indebolendola, onde conosciuti invalidi gli acquisti e le felicità al conseguimento della pace, si cominciò colla riforma della cavalleria, sforzata non poco dalla grande mortalità nel regno, coll'abbandono del mare, prefiggersi di stare sulla difensiva, sempre però continuando a dimandare ed insinuare la pace, e facendo credere ai popoli che gli alleati la ricercano, cercando per tal sinistra congiuntura sforzosamente il desiderio e l'ambizione di render più vasta la monarchia, la quale quando si trovava nello stato creduto al maggior ascendente si avvicinava ai maggiori pericoli di grande pregiudizio.
Sopra il soglio di essa capo e potentissimo re regna oggidì Lodovico decimoquarto, negli anni cinquantaotto, con perfetta salute, sebbene di quando in quando da alcun leggero accesso di febbre agitato, e più per l'uso frequente della china che alcuno vuole gli fissi gli umori, che per la sua complessione ch'è anzi robusta. La gotta che pure sovente lo travaglia, benché breve, non gl'impedisce il moto e l'applicazione. Ama la caccia del tirare a volo, in che alcune ore ogni giorno s'impiega; la sua grande capacità, la memoria di che è dotato, l'esperienza così lunga del regnare, la dissimulazione con che tratta, la generale cortesia, sebbene col dovuto contegno, lo costituiscono per gran re, e tutto che l'adulazione sia giunta all'eccesso non solo di statue innalzate, di medaglie impresse, di pitture, di stampe, ma quanto nei discorsi può passare dall'idea, non si può dire molto di elevato merito senza verità, poiché nelle sue azioni comparisce grande e vasto, parla poco e sempre giusto, si vuole che parlerebbe di più e con famigliarità ma che ne schivi studiosamente le occasioni. È imputato di esser inclinato ad eccedente risparmio, il che però non si scorge nella dispensa delle grazie. Chi negli accidenti ed occasioni, dell'arte della preven- zione si serve, è sicuro di tirar vantaggio od offuscamento anco del chiaro stesso della verità. Fu fortuna nel suo regnare non trovar emuli capaci di fargli contrasto, solo il re Guglielmo gli fa di presente una guerra di gloria e di fatto, sebbene per altra via tanto più sensibile quanto se la natura lo ha dotato di gran parti, la fortuna nei suoi principii gli aveva negato gl'istromenti di adoperarle, onde più d'un particolare che da un principe è contrario. Di quanto che opera, i ministri gli danno merito e tutto gli attribuiscono, con ciò sovente conducendolo ove vogliono; ad ogni modo il massimo non si decreta senza sua previa conoscenza, niuno oltrepassa la sua particolar funzione, ed ognuno vien ricevuto a parte, così dai secretarii di stato che non entrano nei consigli, come dai ministri che compongono il consiglio.
Molti regolatamente s'uniscono, e con diversità di materie s'impiega il tempo ogni 15 giorni: nel lunedì quello dell'espeditioni, nel quale si trattano gli affari interni delle provincie alla presenza del re, del Delfino, et duca d'Orleans, v'intervengono il cancelliere, il duca di Bonigliers, li signori Pelletier, e Pompona ministri di Stato. Il martedì, ed il sabato si raccoglie il consiglio reale di finanze, dove hanno parte li due primi con il signor di Ponchartein, ed il consigliere di Stato Punort; nel quale esaminano certi affari di finanze, e più per la loro direzione, ed esecuzione, che per prima opinione di progetto; il venerdì s'impiega in quello di conscienza, dove vi è il padre la Chaise confessore del re, e si consulta l'arcivescovo di Parigi; ma sopra tutti con regolato giro in tutto l'anno il mercordì, giovedì, e domenica si raduna il consiglio di Stato, nel quale si esaminano le materie politiche, economiche, e di guerra, e tutto ciò riguarda lo Stato. Vi entra il Delfino introdottovi dal re già da 4 anni.
Quando passai nell'impiego lo ritrovai composto di tre ministri di Stato, signori di Louvois, di Croissi, e di Pelletiers. Vi entrò indi Segnalai, che restatovi solo un anno uscì dal mondo, e gli fu sostituito il signor di Ponchartein, e mancato poscia di vita il primo, succederono il duca di Bonigliers, ed il signor di Pomponne, de' quali cinque soggetti di presente è formato. Quattro erano li secretari di Stato, e dopo l'accennata morte delli due primi successe il signor di Ponchartein all'uno, all'altro il signor di Barbeizeux, i quali con il signor Croissi, ed il signor di Chateneuf incombono gl'affari interni delle provincie, cadauno secondo il suo dipartimento.
Pelletiers dunque amministrava le finanze, Louvois sopraintendeva alla guerra, Croissì alle cose forastiere; il primo dipendente dall'altro, più nemico che emulo del terzo, erano però d'accordo sovente in alcune massime, se non di violenza, d'autorità, di predominio con gl'altri principi piegando al portar con minaccie le vaste forze, e pretendendo il giudizio delle ragioni con la superiorità dell'armi, dove l'oro non poteva giungere, o che il raggiro dei negoziati si riconosceva inefficace, e con negligere quelle finanze che sono studiate, non solo secondo la costituzione dei stati deboli, ma dalla naturalezza mo- derata di che le regge e consiglia, credendo entrambi doversi tutto, e quanto conviene rendersi necessarii: inclinava l'uno agl'impegni per farli passar in quelli di guerra coll'oggetto di farla durare col vincere più che all'uscirne per riposare, e secondando in ciò il genio del re; pieno della sua potenza, avido di dilatar titoli e stati preparava materie, e purché avesse il denaro, lasciava a chi incombeva il pensiero di ritrovarlo; l'altro dopo intrapresi gl'impegni conosceva dover passar per le sue mani l'accomodarli con negoziati di pace, o aggiustamenti sempre però con involuti interpretazioni, e tenendo, in sé forse sepolti vivi motivi di nuove discrepanze. Ad ogni modo questi due ministri erano per il più divisi nel consiglio; la timidità, la debolezza con che questo portava le cose e opinava li rendeva poca stima, e li faceva ceder alla capacità e alla forza dell'altro, onde di gran lunga prevaleva nello spirto del re, a segno che resosi superiore, se non faceva la figura del primo ministro, si può dire ne esercitava le funzioni, tenendo corrispondenze, e spedendo ministri presso dei principi forestieri, e riferendole negotiava all'inscienza dell'altro.
Ma frattanto portato il Signor di Segnalai dalla grazia, in che si pose per il suo impiego della marina (tanto da lui aggradita) e dal favore di Maintenon, non saputo, o non potuto mai guadagnare da Louvois al quarto posto di ministro di stato, si fortificò alquanto il partito di Croissì di lui zio con quale, tuttoché non interamente per le cose loro particolari corrispondessero, ad ogni modo s'appoggiavano nel consiglio, e come era di spirto capace e pronto, aveva illanguidito molto il credito di Louvois, poichè contrastando le di lui opinioni, che ben sovente cedevano, rendeva il re giudice di questi due aperti partiti, per trascielgere il migliore al suo reale servizio; ed indi nacque, che decadendo a poco a poco d'autorità anco in materia di guerra, risolveva il re senza di lui, il che bensì conobbe quando levò il comando dell'armate in Fiandra al maresciallo d'Humieres di lui strettissimo confidente, e lo diede a quello di Lucemburgo di lui inimico, con che mutò poscia la faccia e sostanza delle cose. Pure seguita la morte di Segnalè alcuno si persuadeva, che si sarebbe egli riposto nella prima superiorità, ma subintrato nel favore e nel bisogno di signor di Ponchartein, come nel mezzo delli due comparve sempre più combattuto, quando particolarmente dopo la rottura con Savoia nell'occasione del mal successo di Cuneo fu imputato dal re di aver egli causato quel inopportuno impegno, al che rispondendo: che se bene veramente era colmato di grazie e benefici, però serviva la Maestà sua con zelo, non prendendo momento di respiro, che per ciò se si ritrovava mal servito lo supplicava a dar l'impiego ad altri, e permettergli il suo ritiro. Il re molto s'adirò. La signora di Maintenon tre volte di seguito fece chiamare il ministro pregandolo a continuare nell'esercizio, e con motivi, ch'altrimenti sapeva sarebbe stato posto alla Bastiglia, si vuole universalmente che accorato da estremo cordoglio cedesse alla violenza del morire, che all'improviso lo sorprese pochi giorni dopo prevenendo forse il tributo alla natura l'infermità della sorte, che gli soprastava con la sua caduta.
Ministro veramente ch'era di grandissima capacità e perspicacia, di vasta mente, intrinseco nel minuto delle cose, pronto ne' negozii, sagace nel portarli, d'indicibile applicazione, e che con fatica da lunga esperienza facilitata dirigeva; tutti timidi dell'autorità sua, comandava con imperio a' generali, e li principi stessi del sangue gli facevano la corte, nella sua funzione ha portato la Monarchia a quella grandezza di forze, che la rende sì formidabile, obligando con le massime del ridur in bisogno la nobiltà all'applicare. Onde sebbene aveva molte creature, generalmente però era poco amato, e con economia tale manteneva le truppe, che non v'è alcun Principe, che con minor prezzo le assoldi, e le intrattenghi, nelli progetti poi vantaggioso e scaltro ha sempre condotto con misure sì concertate, che non li è fallito mai il colpo dell'esecuzione. Vero è che nelle massime di stato molte volte ha dato fondamento d'errori e di mala riuscita, essendosene veduti più esempii. Oltre il secretariato della guerra incombeva alle funzioni di più impieghi, a quello delle fabbriche, che passò nel signor di Villaser, di quello tirava profitto non ordinario, e che sin nell'ultimo del suo vivere continuò senza riguardo all'angustia dell'erario, ma con allegata apparenza, che si doveva dissimulare, e coprire il bisogno a stringenza del quale furono subito sospese. Presiedeva con la sopra-intendenza delle poste, a' quali successe il signor di Pelletier ministro di Stato; alle fortificazioni delle piazze terrestri passate nel signor Pelletier Souci, fu intendente in Fiandra, e ad altre cariche inferiori, che si sono divise in molti, da' quali tutti si fa render conto a parte, e senza unione del consiglio ascolta e risolve.
Ma l'importante carica del secretariato della guerra fu per privilegio di sopravivenza ereditata dal signor de' Barbesieux che dopo la morte del padre gettatosi a' piedi di madama di Maintenon con dimanda di protezione e del re, chi vuole per impulso di riconoscer li servizii del benemerito padre, altri vogliono per distruggere l'opinione invalsa, che non si sapesse girare questa grande macchina senza Louvois, in fine per essere il più pratico nell'impiego, ne ottenne l'esercizio. Egli però presiede solo all'esecuzione, poi che riferendo li dispacci e materie di guerra consuma gl'ordini che ad essa concernono, e che previamente dal re sono stabiliti a sua inscienza, fuorché d'alcuni che corrono per uso; non si può dire, che questo soggetto sia abile quanto occorre per questo grave peso, né in credito tanto che basti per assolutamente sostenerlo, non servendo l'applicazione quanto sarebbe di bisogno, e sebbene dall'esperienza de' subalterni suffragato, ogni uno decide che non passano le cose con quella certezza e puntualità, che risaltava per innanzi. È però civile e soddisfa con parole, e sta lontano da quell'asprezza che fu imputata al padre.
Questa sostituzione ineguale all'importanza del carico, diede a risolvere al re di far il maggior fondamento sopra il Signor di Charlai soggetto di grande confidenza, dotato di profonda memoria e secreto; fu impiegato in rilevantissime espedizioni, illustre ne' campamenti, movimenti, e marcie, non vi è alcuno che non gli predica un maggiore ascendente, al quale si va avvicinando, se non con la vanità del nome, però con le funzioni di ministro, partecipando, e dirigendo la sostanza degli affari principali della guerra. Il re lo ama, e se ne vale sovente tenendolo molte ore del giorno, nelle quali seco discorre, ed in cui stabilisce l'esecuzione dei progetti, li fa scrivere in secreto a' generali, e li comunica i di loro pareri. In somma nel di lui cuore ripone i pensieri più ardui della guerra.
Seguìta dunque la morte di Louvois ebbe per oggetto con il dar novi ricolmi alla pianta del Consiglio di mutar la sua natura, poiché volendo dare al mondo una muta accusa, che tutte le violenze procedevano dal defunto ministro, e che all'avvenire subintrarebbero le moderazioni e pacatezza, nominò il re per ministro di Stato il signor duca di Bonvigliers, e il Signor di Pomponne, uomini placidi, di retto animo, e di massime giustissime; dal primo prendendo forza ed appoggio il Signor di Croissi, di cui è nipote, e dall'altro ricevendo sussidio i consigli nell'esame della gravità delle materie particolarmente che toccano il politico.
Gode il duca di Beauvilliers l'applauso universale per la bontà esemplare de' suoi costumi, per essere affabile, e grato nel discorso è montato con la considerazione di essi a godere il favore speciale del re, che gli ha confidato i nepoti principi, pegni li più cari del suo cuore, in governo, a esclusione del duca di Montosiers, che per diritto d'aver assistito al Delfino li pretendeva. Oltre il suddetto governo tiene la carica di primo gentiluomo della camera, di sopraintendente del Consiglio real di finanze, dal quale tira 100.000 lire di rendita annua, nel consiglio opina senza andar contro la corrente. È arricchito dal naturale, d'intendimento, dallo studio mediocremente augumentato onde più per il buono senso, che per il fondo della cognizione decide, se non buono per ideare, bastante per conoscer l'ottimo.
Il signor di Pomponna tenne altre volte posto di ministro di stato deputato alle cose straniere, trovato di genio parziale, egualmente che l'altro agl'interessi della serenissima Republica, l'essercizio in molti impieghi, li giri in più Corti con tante negoziazioni passate per le di lui mani, lo rendono consumato nell'esperienza, e provetto negli affari, di dettami savii, d'eccellenza d'ingegno, di maniera soave, officioso e civile ne conseguita la stima che se li deve; nel consiglio niente di più fa, che di dire il suo parere, non preoccupato da passioni, sta appartato da ogni altro rumore, gode l'aggradimento del re, e sovente la beneficenza per li figli impiegati in guerra e nell'ecclesiastico; soffrì con costanza per molti anni la sfortuna di un onorevole ritiro, che fu attribuito più alla sagacità, e interesse di Colbert per innalzare Croissi di lui fratello, che per causa di sua accusata omissione nella puntualità.
Quando fu rimesso da più, questo non fu sorpreso, impallidito alla vista di ministro straniero, traviò con attrazione di mente dal discorso, e si credè temere maggiore disgrazia, che passò; tuttavia fu dichiarato argomento di debole sua stima per essersi introdotto nel ministero con soggetto provetto negli affari dei principi. Tiene tuttavia con l'esecuzione e spedizione di tutto ciò che tocca le cose forestiere, il dipartimento di secretariato ministro di Stato Croissi, carico il più spezioso tra gli altri, per che deputato a trattare le elevate materie, che veramente si chiamano di stato; onde si può dire, che per la sua funzione sia il primo nobile di questa potenza, se per genio poco portato al tenere contenti i ministri, e ben disposti i principi a coltivare le corrispondenze, a schivare li incontri degl'impegni, non fosse stato gran parte causa della guerra presente, senza pensare al modo d'uscirne, né avesse avuto per fine di guadagnare, e conservar il loro cuore è certo, che avrebbe portato la corona, e la gloria del sovrano alla maggiore felicità, ma con la sua elatezza, e ruvidezza di trattare con impeto maneggiando li negozii, negando anco il ragionevole, e credendo, che il timore più che la ragione avesse a far piegare ogni negozio, non v'è alcuno, che seco abbi avuti maneggi, che non sia altamente querelato; pretendendo che li ministri esteri li sieno dipendenti, e facendo tutto per abbassarli nella buona opinione, particolarmente quando non sono del suo gusto, procurando, che passino li loro negozi solo per le di lui mani e consenso, soffe- rendo procurino di avantaggiarli con li uffizi; oltre tali massime, e naturali e artificiose di negoziare, mostra dell'inequità nelle risposte, ora dicendo una cosa, ora l'altra, e sovente negligendo la spedizione degl'affari, o mancandogli la memoria per l'età sua avanzata e per le malattie che lo disturbano, non informa come dovrebbe il re, riporta poco fedelmente e con non poca parte di passione ad ogni piccola opposizione, che gli venga fatta non impugna, e pare, che li sii rimasto alcun timore di sostenere anco dopo la morte di Louvois le sue proposizioni; tuttavia per le cariche interne di giustizia e intendenza di guerra amministrata, per tanti trattati di leghe, paci, e negoziazioni, per la letteratura assai fondata, per la facilità nello scrivere e nel parlare, per la grande naturale imagimativa, di ch'è guarnito, per l'acuto nel profondere le materie, si può dire sia uno dei migliori e pratici ministri che abbi il ministero, doti, che bilanciate con il debole, e coronate d'ardentissimo suo zelo gli attirano però dal re una mediocrissima stima. Così egli si mantiene nel posto appoggiato dalla signora di Maintenon, particolarmente, che dopo la morte di Louvois non partecipò alcun retaglio dei suoi impieghi, che a pena conseguì il cavalierato dell'ordine di s. Spirto, mediante grosso capitale di denaro esborsato, e nella nomina recente delli marescialli non poté fare includere il suo fratello. A quanto seppe ascendere fu di far porre la sopravivenza della carica in testa del marchese di Torey suo primogenito, che fu in più Corti per uffizi di complimento, soggetto più del padre accetto al re a cui riporta li dispacci in di lui mancanza e niuna autorità si prende il ministro, che appena si può promettere di fare approvare per inviato una delle sue creature. Pare che nella Corte non si estenda molto il genio di soggetti alle legazioni, o perchè non ritornano con relazioni, impieghi e ricompense, ossia perché seguitando quello della nazione e l'esempio del sovrano amino meglio sacrificarsi nel camino delle armi, che impiegarsi in quello delle lettere. A Roma si vuol destinar sempre un riguardevole di nascita. A Vienna inviati per non urtar nella preferita precedenza con li ambasciatori di Spagna per l'altre Corti si tirano per il più della robba, e di quelli che di presente si distinguono in figura sono Harlay, più per capacità, che per cognizione delle cose forestiere, Lelessi per istruzione delle cose di Germania, li signori di La Haye e Amelot conosciuti dall'Eccellentissimo Senato, questo ha acquistato fama nel suo impiego attuale presso delli Svizzeri. Li abati di Corte e Polignac, quello in Portogallo, questo in Polonia di grande aspettazione, ma sopra tutti Courtein, e Aecuen son li più esperimentati, e consumati, e a questo ogni uno predice maggior ascendente.
Appena si fu nell'esordio della guerra, che Pelletiers prendendo la piena degl'affari con lodevole umiltà si disfece delle finanze, insinuando il signor Ponchartein per questa grande carica, sapendo col merito del servizio prestato conservarsi il posto di ministro di Stato, nel quale, benché suo stesso elemento appariva di piccolo genio sproporzionato alla mole degli affari, né quali assai tardo stancava partitanti, e chi seco trattava. Ora sopraintende solo alle poste delle lettere affittate per due milioni e novecentomila lire; denaro, ch'entrava nella cassetta del re, che tutto spende in occorrenze secrete. Sopraintende pure al convento di s. Ciro, per il che tiene frequente confidenza con la signora di Maintenon; nel consiglio parla con zelo e libertà, istrutto nelle cose interne, non pratico delle straniere; e godendo più di 100.000 lire di rendita viene comodamente senza in altro ingerirsi; l'ho ritrovato intieramente disposto per la Republica; aspira al posto di consigliere che gli contende il primo presidente dè Arlay, che con rigorosa giustizia, di vita esemplare, però d'ingegno sagacissimo s'è acquistato la stima del sovrano.
Con la demissione della carica del signor di Pelletiers fu assunto all'impegno controllor generale il signor di Ponchartein ministro e secretario di stato della casa del re, il più necessario all'essere de' tempi presenti per sortire da questa, a supplire alla quale non è stato solo l'abbondante sorgente del regno, ma della sua fertile invenzione nel ritrovar tanti nuovi modi di accumular denaro. I suoi natali sono di casa nobile, e nella quale l'han preceduto cinque secretari di Stato. L'impieghi sostenuti non usciti dalla sfera del parlamento, e il più illustre fu di primo presidente in quello di Bretagna, l'esperimentata capacità, zelo, applicazione e disinteressatezza l'han portato al presente posto che di favore sopra qualunque altro ministro gode. Parla bene, profondo con mirabile comprensione riceve, con poche parole risponde e conclude, disinvolto e speditivo, di qui nasce però, che affogato da una massa incredibile di cose, e da occupazioni infinite, alcuna volta decide con tanta prestezza che non esamina quanto basta; nelle materie di stato consiglia con la ragione, e non essendo di suo elemento non oltrepassa il mediocre, del suo dipartimento è geloso; non s'ingerisce dell'altrui. Dopo la morte di Segnalè li fu aggiunto il secretariato di stato della casa del re, il clero, e la marina, riuscito di fare impiegare nell'ambasciata di Danimarca con sortire della sua sfera, Bonrepos intendente generale di essa, che dava ombra per i fini di farla passare nel figlio. Dopo quella di Louvois ebbe le fortificazioni marittime, le manifatture e razze di cavalli, e in ordine al suo dipartimento comprende la sopra-intendenza al commercio delle compagnie delle Indie. Quanto avviene dei partiti per la guerra, di provisione e uscita di denaro dall'erario, tutto passa per le di lui mani nè potrebbe supplire a tutto ciò, se non fosse assistito da provetti subordinati ministri, così che il commercio sta appoggiato al signor Doghenau consigliere di Stato, che però solo esamina, e li riferisce; nella marina si riporta a subalterni, per bocca dei quali sovente parla. Alle finanze sono disposti sei intendenti, Pelletiers, Saucì, Breteuil, Bussion, Comartin, Camilard, e Darmenonuille soggetti tutti di qualità, e capacità grande, che ripartendo tra loro il generale de' stati, e delle finanze, corrispondendo con l'intendenti delle provincie, rendono indi conto di tutto al signor di Ponchartein, la cui mira non è di aggravare secondo il giusto, ma di spremere per il bisogno, sostenendo doversi uscire da questa guerra, che il tempo risanerà le piaghe, e darà sollievo alli popoli. Quando successe la carestia fu condannato di scarsa vigilanza, e d'aver mancato di prevenzione, e fu allora anzi che per denotare il possesso della grazia regia ottenne la sopravivenza della marina per il figlio, che si nutrisce in essa, e vi maneggia alcune piccole cose. Ho ritrovato questo ministro ben inclinato agl'interessi di Vostra Eccellenza: nello stato presente delle cose per il credito che tiene nei consigli, credo sarà molto avantaggio il farne caso, tanto più quanto presiede alle materie del commercio e marina, nelle quali succedono frequenti casi di disturbo a' ministri, e nei quali decide sovente nel campo.
Il quarto secretariato di Stato è sostenuto dal signor di Chateneuf che non gira oltre il suo dipartimento nel quale si comprendono affari della religione riformata, come è della stessa casa del signor di Ponchartein, così viene favorito. La sua funzione non riceve grande estesa d'ingegno, è civile ed obbligante oltre modo, e le sue mire portano a far passar il posto nel figlio.
Sopra il consiglio dunque dei sopradetti cinque ministri gira tutto il governo; e tutto che corre alcuna bassa voce d'un primo ministro, essendosi anco con individualità parlato del cardinale di Estrè, si conobbe in poco tempo ch'era un discorso più fondato sopra il di lui gran merito e capacità, che in alcuna reale disposizione.
Non si può però negare che il padre La Chaise gesuita confessore del re non si possa denominare ministro a parte per la collazione dell'abbazie e benefici vacanti, alcune piccole anzi senza saputa del re dispensa. Questa disposizione gli dà tanto credito, che tiene continuamente un modo d'audienza con anticamera aperta, con servilità de' soggetti, d'abati riguardevoli, e anco de' vescovi che necessariamente devono passare per le di lui mani; onde tenendo in poter suo il beneficare più l'una che l'altra famiglia, non ve ne è alcuna che non procuri la di lui amicizia; si tiene bene con ministri, e quelli particolarmente che hanno figli nell'ecclesiastico lo sostentano; tende ad avvantaggiare la propria, e non lascia di godere una vita tranquilla e deliziosa con un magnifico giardino di ricreazione, che sopra Parigi si è construtto. Si vuole che nelle cose della conscienza sorpassi alcune delicatezze, e quando viveva l'arcivescovo di Parigi repentinamente mancato, opinava unito in materie miste senza grande scrupolo; apparentemente non s'ingerisce in quelle di stato, ma chi profonda nelle cose ha preteso scoprire le sue secrete corrispondenze con il confessore di Cesare nelle cose correnti, e per far spargere quello che torna conto alla Francia nelle città dove conviene, si serve dei suoi confidenti della stessa religione.
Sopra queste cariche, consigli, e si può dire a parte d'ogni cosa se non profondamente almeno superficialmente tiene conoscenza la signora di Maintenon, la quale avendo per la via della divozione guadagnato lo spirito del re l'ha condotto, particolarmente dopo le malattie a tale disposizione, che si è resa intieramente padrona del regio volere. Li suoi natali sono mediocri, e le prime difficoltà ch'ebbe a superare per giungere a quel posto furono di cacciare la Montespan, dei cui figli naturali era governatrice ed educatrice, ed ebbe tanta forza l'arte e l'industria, absentatala dal fianco reale con l'insinuazioni della divozione, la ridusse a vivere lontana, benché con fasto e gran dispendio, che ora ha ristretto a più che moderato, mentre si è ritirata in un chiostro, dal quale esce ad arbitrio, e contentandosi con dissimulazione di veder i figli principi mischiati con matrimoni nel sangue reale. Rimasta dunque sola a tanto si è avanzata che gode le confidenze del regio cuore, non v'è giorno che il re non passi seco più ore, ed anco con intervento dei ministri che gli fanno il rapporto degli affari; si vuole che raddolcisca le cose contrarie, per non render agitato il suo animo dal vero; le sue massime però sono rettissime, inspira facilità alla pace per stabilire all'età che si avanza un regnare quieto, ed al figlio un governo tranquillo. Quanto a se stessa fa tutto per essere aggradita, e come ben conosce il genio del sovrano, così lo trattiene in ciò; ricava dalle moltiplici secrete corrispondenze che tiene per sapere li discorsi, li andamenti e le cose più interne della Corte e della città, ma sopra tutto per conservarsi il posto; tende a tenerlo lontano dalle donne, il che ha dato occasione alla mormorazione e mordacità dei cortigiani, che vi fosse vincolo maggiore dell'amicizia, mentre non sanno accordare grande sensualità con grande devozione. Con questa sagacità e spirito sublime vive in grande retiro e modestia, studiando particolarmente di conservarsi la salute del re; si vuole che la disgrazia del medico Daguin abbia proceduto dal fine di appartare un uomo debole ed incapace di curarlo, sostituendo, il signor Fagon molto esperimentato; quando il cielo lo chiamasse all'ultimo destino ha disposto il convento di s. Ciro per ritirarsi, dove nutrisce 400 donne di famiglie nobili, ma mendiche; ama ed innalza la sua famiglia, ma non quanto potrebbe: va educando la figlia del fratello, per maritar la quale è probabile sarà in suo arbitrio la scielta della persona. Come si ritrova in così grande favore, così non v'è alcuno che non procuri d'avere il suo. Tutti li ministri li sono uniti. Tiene un grande partito di donne, e la maggior parte delle grazie passano per le sue mani.
Oltre li tre soggetti di confidenza, Chiambai, Ponchartein e Maintenon godono parzialissima distinzione il signor di Bontemps, valletto di camera, il duca di Beauvilliérs,li marescialli di Boufflers, e Noailles creature di essa, quello di Villerey dalla memoria del padre e da compagna educazione, e dal padre La Chaise per gratitudine d'essere stato insinuato al posto di confessore in luogo del defunto arcivescovo di Lion di lui zio tirato, e appoggiato. Anco li duchi della Rochefaucaut, e di Vandomo più ne' familiari discorsi, che con effettivo volere godono apparente regio privilegio. Li domestici, che più l'avvicinano col servirle assiduamente riportano grazie e beneficenze, vera catena per tenerli schiavi. Altri soggetti, di qual natura siano, non ne tirano che per via del merito e del servizio. Il premio e il castigo, più che in ogni altro luogo s'esercitano, e il timore ha molta forza, onde unito alla speranza mirabilmente il servizio s'adempisce, essendo certo non v'essere alcun principe, che abbi tanti modi di beneficare con cariche di guerre terrestri e marittime, governi, beneficii di Chiese, sopravivenze, pensioni e commendarie; come però non v'è alcuno che con tali oggetti non sparga il sangue tra l'emulazione della gloria, così non essendovi grazie bastanti per consolare e ricompensare tutti, molti rimangono disgustati, dissimulano, e covano i torti che se li fanno. Così che se bene nell'esteriore pare che non vi sii più che desiderare per il principe e per li sudditi, ad ogni modo non v'è generalmente quella sincerità radicata ch'assicuri, che in occasione dei torbidi più d'uno non levasse il capo. La presente guerra avendoli inoltre ridotti a mendicità, sono privi di qual si voglia autorità nelle provincie, e se bene procura di supplicare il re con parole di lode, tutti però non rimangono soddisfatti.
Per principiare con ordine di rango devo dire, che tutti li principi delle case forestiere viventi in Francia sono senza impiego e autorità, godono però cariche in Corte, e solo il duca d'Elbeuf capo della Casa di Lorena ha il governo di Fiandra, e il conte d'Armagnac quello di Anjou; il principe d'Harcourt sta, per disgusto di non esser considerato, lontano, ritirato in Lione. Del ramo di Lillebone senza posterità mascolina il principe di Comercì al servizio di Cesare. Della Casa di Savoia, il conte di Soisson è noto il colorito modo della sua partenza. Il cavalier di Soisson bastardo per ricusa degl'onori del Louvre sta appartato dalla Corte. Il principe di Monaco se bene aggradito, senza impiego. Il duca della Tremoglia pare contento con l'esercizio di primo gen- tiluomo della Camera. Della Casa di Buglion rimessa in grazia regia, il cardinale non è a parte al segno che per innanzi della distinta parzialità che godeva, nè fu appoggiato come meritava nell'ultima occasione dell'elezioni del vescovo di Liege; delli tre fratelli, esso però sostiene la carica di gran elimosiniere con ricchissime rendite di benefici e abbazie, quella di gran cameriere del duca, e altra di general di cavalleria del conte di Avernia. Quando si fece la nomina dei marescialli fu questo scontento per l'esclusione, che rese pure il principe di Soubise, il solo della casa di Rohan impiegato nella carica di luogotenente della compagnia dei Gendarmi, il signor di Monchevreuil defunti li duchi di Choiseul, e Vandome, e Montal, e questi due servendo ora con corpi separati d'arme sperano di giungervi. Li altri in ozio senza però gran pensiere del re, non perchè non sieno considerati di esperimentato valore, ma perché non li mancano ufficiali, e generali.
Li parlamenti che sono, Parigi, Tolosa, Roan, Grenoble BorDeaux, Dijon, Aix, Reims, Peau, Metz, e Besanzon, li consigli sovrani di Bouillou, Aras, Tournois, e Brisach per gli affari della giustizia in tutto il regno avevano altre volte grande autorità. Certi privilegi antichi ora levati. Il re vuole essere solo re; quando si dovevano verificare gli editti andava in persona, da lungo tempo sono ammessi senza altro.
Il cancelliere non di gran zelo, meno di credito, ma la sua dipendenza dalla Corte gli conserva quello che tiene, perché non si serve di quella autorità che potrebbe. Li rigori nel criminale inesorabili con grande esecuzione; un regno pieno di oziosi, e vagabondi, facili alli omicidii lo ricerca; nel civile, famigliari sono li uffici, e le parzialità. Alcuni membri del parlamento della giudicatura civile e criminale passano nelle intendenze del regno, nelle ambasciate, consiglio di stato e ministero. Gli intendenti sono preposti a tutto, anco nelle esecuzioni che riguardano la guerra, e corrispondono con secretari di stato secondo li loro dipartimenti.
Li governatori di Provincie non sono che di nome, fuori che alcuni per riduzione delle cinque, che si chiamano stati, Provenza, Linguadoca, Borgogna, Brettagna e Fiandra, o per comandi d'armate. Non s'ingeriscono in cosa alcuna, privi di tutta autorità. Tirano grossi salarii, e li possedono più per ricompensa dei servizi prestati, o per grazia, che per esercizio.
Anco il clero è basato delli suoi antichi diritti, la vendita di molte cariche in questa guerra per decreto 1692, ch'erano distribuite dagli ecclesiastici, la revisione dei boschi, per quali sono stati aggravati d'intorno cinque milioni ne rendono scontenti alcuni. Il sussidio, che da più d'altrettanti, oltre due e mezzo che pagano sul piede della tassa fatta già 100 anni, assegnati a privati per essersi venduto il fondo, sono gli aggravii ordinari, inferiori però alla misura della toro grande ricchezza, volendosi che un terzo di tutte le rendite del regno appartenghino agli ecclesiastici.
Alcuni dei duchi parvero disgustati per la preminenza data nei parlamenti a quello d'Umene, e al conte di Tolosa, quali si scoprono a di loro distinzione quando il primo presidente li dimanda il parere, e più d'uno mi disse sperare ciò non avrebbe durato che in vita di questo re.
In generale molta della nobiltà è amareggiata; quando furono istituite le cariche dei merì, e ordinatane la vendita nelle
terre anco signoriari con la superiorità ai consoli, che esercitavano sopra la politica, e che erano posti dai signori dei luoghi
hanno essi dovuto comprar quello era suo, e l'impotenti se li hanno lasciato eleggere dai compratori con disgusto infinito per le
persone che non erano di loro soddisfazione. Alcuni godeano per
tolleranza, o per stima le loro terre sollevate dagli alloggi dei soldati, ora niuno. Gli aggravi eccedenti che pagano sopra di esse i
villici con inganno apparente che sieno esenti, li tolgono la maggior parte dei frutti. Prima il re, poi il padrone pagato. La necessità del servire opprime la nobiltà, alcuni senza fondi vanno alla
guerra per sostenersi. Quelli ne hanno per le deboli paghe li consumano al sostenere li reggimenti e cariche, la nobiltà dell'Ariereban levata per la guardia delle frontiere e coste del regno per
grande necessità altre volte ogni solo 40 anni levata. Ora alcuno d'essa a pena in stato d'aver da comprar un cavallo, il baliaggio, perché servi fornisce il denaro. Era più numeroso, perché più ricco, e perché non così più potenti gl'eserciti. Si mantiene cinque mesi in servizio, serve col suo, e senza stipendio,
ma con le tappe conforme la gente d'Armenia, e cavalli leggieri, più lucrosa che alle truppe ordinarie, e con li utensili nelle case dei paesani, che abusa molto dilatamente con strepito de' sudditi. Il numero della nobiltà nel regno sempre lo stesso, perché
per mezzo di cariche se ne crea, benché dal ferro, e dalla guerra
diminuito, che se di tempo in altro non sopravvenisse, come non
si può abbassare a' mestieri meccanici sarebbe un animale, che
vomiterebbe contro lo stato. Li abitanti villici sono ridotti ad
una eccessiva povertà, le taglie grossissime, li quartieri d'inverno con gli utensili, la frequenta leva loro le milizie che pagano
alcune provincie. In generale li grossi aggravi hanno rovinato il
regno diminuito dopo la presente guerra di più di due milioni di
anime, al che la carestia passata non ha poco contribuito, onde
moltissime terre incolte, e il raccolto da più anni scarso.
Sopra tutto ha contribuito a tanto pregiudizio la espulsione de' Ugonotti, impresa gloriosa e grande, perché seguita senza rancori e commozioni per l'effetto di forza superiore e pronta; e con differenza di quello fece Filippo secondo, che non poté assopire li primi semi delle discordie nei Paesi Bassi, perché li decreti dell'inquisizione non erano appoggiati da truppe bastanti; quelli che hanno abbracciato la conversione, non con tale sincerità di cuore che assicuri l'interno tranquillo. Il ministero così è persuaso, che la maggior parte dei poveri sieno passati in apparenza alla vera religione, per non essere soggetti ad effetti di rigore. Li ricchi per tirar pensione, con l'adescamento de' quali la Corte li ha condotti se bene differente, scarsamente e difficilmente pagate. Essi pure senza impieghi, e cariche, non si riconosce alcuno, che sia capace di porsi alla testa di un partito. La rivocazione dell'editto di Nantes, che li dava tanti privilegi si adduce da loro estorto, concesso solo per pacificare le guerre civili, a poco a poco si levarono con lavoro di molti anni. Per questo si apprende sempre questo umore peccante, perché disperso in molte provincie particolarmente a Berzerach nel Perigord, a Saintognes, Poitiers, Giurei, alla Rochella, ed Aunis nell'Overgnia, Rovergne, Delfinato, e sopra tutto nella Linguadocca, nelle quali due provincie con tutto che a freno loro si sieno erette le fortezze di s. Ippolito, Himes e altre, è sempre però pronta la forza per ostare le sollevazioni, quando si levarono milizie si ripartì sopra loro l'aggravio con pretesto fossero per tenerti in freno. Poi cessato il bisogno per la conversione seguita, ad ogni modo continuò. Molto si temé levassero il capo nel principio di questa guerra, onde per assicurarsene se gli proibirono le armi, ora pare non si guardi tanto sottilmente, e purché non si radunino in assemblee, il che alcune volte secretamente succede con le loro false prediche nelli lochi più ritirati, si dissimula, che non vadino alla messa e se bene sperano rimettersi una volta nella loro libertà, mai la Corte vi darà l'assenso, senza che sia obbligata da una forza superiore, il che è ben lontano dallo stato presente delle cose. Espressasi un giorno la signora di Maintenon che quando anco li nemici fossero giunti alla Loire, che è a dire nel centro della Francia, ancora il re non assentirebbe a tale decreto. Si introdusse del 1691 commercio di lettere tra il vescovo di Maut vivente, ed il signor Petisson convertito, che morse con l'abate Molonus, e il signor Leibevichz Luterani dello stato di Annover per convenire alcuni punti contenziosi della religione cattolica con quella della credenza di Lutero, ma però sinora senza frutto.
Questa mala conversione fu abbracciata da molti, ma da moltissimi rifiutata, e in modo, che abbandonata la patria, il suo principe, e li suoi averi si sono trasferiti negli esteri stati, particolarmente della stessa religione, e come la maggior parte di loro erano mercanti, il commercio nel regno ha patito notabile diminuzione, che s'è indi augumentato con molto crollo della presente universale guerra, e con vantaggio degli Olandesi, e Inglesi, e stati sopra il Baltico, che l'hanno introdotto con molte manifatture, e loro spazzo, dove la Francia soleva concambiarle, valendosi di tale congiuntura favorevole alle nazioni neutre. Fu primo artefice del commercio del regno il cardinal Richelieu con deboli principii piantato e come suol succedere nella disposizione delle cose grandi, stante la felice situazione sua sopra due mari nel mezzo dell'Europa al dare lo spirito e alimento agl'altri, con fiumi reali, che vi nascono e finiscono, con altri, che navigano presso di stati de' tanti differenti prencipi e corti, con popolo industriosissimo. Colbert lo ditatò in poco tempo aggiungendo alla felicità del naturale dovizioso, che fornisce tanti requisiti per la guerra, per il lusso, per il vivere, nove arti, e manifatture d'ogni genere, e se bene con discapito dei dazii che pria entravano, però con resarcimento di quelle stesse che sortivano lavorate per paesi esteri, impiegando in tal modo li popoli e non avendo bisogno delle altre nazioni invece di estrarsi denaro se ne tirava. S'introdussero compagnie per Oriente e per Occidente, e si sperava molto nella recente comunicazione col regno di Siam dove si spedì il cavaliere di Chomont ambasciatore in concambio d'altro che si ricevé; passarono ricchi reciproci donativi ideando grandi avvantaggi con la mano di questa navigazione. Costò più di due milioni il disegno, lavoro di molto tempo, che s'illanguidì appena posto in atto, poiché del 1693, con tragedia di morte tutt'i francesi sacrificati alle barbarie di quei popoli rimasero gettate tutta l'opera, fatica e dispendio. Così nelle Indie Orientali a tanta languidezza è ridotto il commercio, che appena quattro vascelli all'anno si caricano dalla Compagnia con cose di più generi concambiate da salnitri e manifatture.
Per l'Occidente poi disfatta la Compagnia, il maggior traffico di alcuni mercanti con le Martinique, da dove tirano cassie, endego, zuccari, pelli e tabacco, rimettendo manifatture. Il grande commercio della Francia consisteva nell'esito dei sali, che ora fornisce per il più il Portogallo, trovatolo migliore di vini, e acquevite per l'Olanda, Inghilterra e regni del Nord, e ad ogni genere di manifatture d'oro, e seta e mille industriose invenzioni per la Spagna e per le Indie a quella corona soggette, che si caricano nei galeoni e flotte, dalla qual spedizione provenivano in concambio tesori d'oro, e argento in verghe effettive, che vagliono 4 carati e mezzo di più dell'oro in doppie, per la qualità di liga non alterata, e per il di meno della spesa occorrente nel conio, e qui dirò, che è proibito a chi si sia il vendere oro in verghe, che si portano nella cecca, da quale tira il re un dono. Si calcolava che il suddetto traffico portasse in Francia un anno per l'altro più di dieci milioni di lire effettive con grandissima utililà e profitto, ma dopo la presente guerra a piccola parte si è ridotto, a segno che in solo Lione e Tours s'è levata mano a più di 20.000 talleri, nelle altre città a proporzione, e se bene per l'indulto generate non s'ha potuto mai distinguere il particolare interesse dei Francesi, e che li Spagnuoli negozianti usino con la prestanza del nome la più desiderabile pontualità, ad ogni modo le prese de' cor- sari, la proibizione in Spagna, la mancanza del denaro ne ha illanguidito il corso, restandone poco per la porta di Ginevra, che corrisponde in Germania, e per Baiona con la Biscaggia, e Navarra già un anno aperto. Quello per il Levante inquietato, e tra provincia e provincia non beneficandosi il totale del regno. Tutto che sii attentissimo il ministero, perché non esca denaro in spezie, o non si consumi in lusso superfluo, ad ogni modo le dorature, e alcune necessarie manifatture, li esborsi nel Levante, nel quale si supplisce in parte con li cecchini dell'armata Veneta, dove si portano commestibili e altro, non bastando li concambiati ricarichi di cere, miele, sete, pelle, cotoni, e altro, le pensioni a' principi, il pagamento a Roma di bolle per beneficii, che non si può adempire con cambii, la necessaria provisione dei cavalli, che solo si calcola otto milioni, non fornendo bastantemente le razze, ben che sieno animati i possessori da privilegi, il denaro, che sorte per il confine delle armate nei stati esteri assorbono insieme tali somme che di presente di gran lunga è superiore l'uscita all'ingresso e il regno in tal modo si va impoverendo.
Fu supposta massima di rimedio proporzionato il perseguire li Olandesi e Inglesi in mare per necessitarli alla pace, armare quantità di legni in corso, per quali con rigorose leggi anco sopra le nazioni neutre accomunate nell'universale iattura, sono stati confiscati, più di 900 bastimenti presi grandi e piccoli, ma documentati essi dal danno si sono dati a pari armamento, e convogli, che per l'estesa del loro traffico compliva l'unire. Onde per la loro effettuata prevenzione, la spesa degli armatori in generale non è risarcita dalle prese, così si applicò con mezzana riuscita a prevalersi per l'Oceano dei vascelli di Svezia, e Boemia al trasporto negli esteri stati accordandoli sovente passaporti, con la scorta dei quali particolarmente il signor Reventlau ministro Danese guadagnò somme considerevoli, e facendo passare il vino in quei porti li armatori d'Olanda li caricavano e introducevano nei loro. Per il mediterraneo hanno molto aiutato li Genovesi, e non restando di presente ad impedire che il commercio del Levante, le flotte degli alleati unite che lo predominano, sono attente a pregiudicarlo.
Il primo innalzamento delle monete superiore all'intrinseco valore, con quella industriosa invenzione che per la mutazione dell'impronto si decretò, non occasionò mormorazione perché moderato; ognuno tacque e si contentò nel concambio pregiudiciale di sacrificare all'indigenze pubbliche una piccola parte del proprio. Indi ribassate a poco a poco al suo preciso, sì previsto, si sarebbe fatta altra alterazione, quando strabocchevolmente eseguito con altra imagine, supponendosi di guadagnare il triplo del primo s'ingannò, perché ogni uno nascose le spezie, non le portò alla cecca per riceverne il cambio, e in pochi mesi mancò il corso, finì di crollare il commercio, e uscì quantità di moneta coniata, profittando gli alleati con effigiarle di nuovo impronto; colpa che fu data a' Ponchartein, che però pur che s'impinguasse l'erario regio, sprezzava le querimonie dei sudditi; nel primo stampo si convertirono sopra 350 milioni di lire con cinque per cento di profitto; nel secondo, nel quale si calcolava 15 per cento, con tutte le diligenze, pene e rigori non più di 200 milioni si convertirono, ad ogni modo entrò per queste due vie quantità di denaro considerabile con aiuto opportuno alle spese della guerra.
Quando essa si principiò, tenuissime somme esistevano in pronto, a segno che convenne subito aprirsi deposito d'un milione di lire di rendita, e con false misure si calcolò sopra le rendite d'allora come se non avessero avuto a soggiacere a difetto alcuno, poiché intorno a cento e dodici milioni si credeva di esigere, ma aumentati in poco tempo li nemici, e postosi in una spesa gravissima d'armate per terra, e per mare, ben tosto si conobbe che il temperamento sarebbe rimasto in poco tempo debilitato. Tuttavia l'ingegno pronto, e il terreno fertile han dato prodigiose somme, poiché con il tratto di tante invenzioni d'istituire, e aggravare cariche, di aumento dei salari, di doni gratuiti del clero, delle stesse Provincie, che contribuiscono come stati, dei donativi di più città, di prese sopra nemici per mare, di contribuzioni esattesi per terra, di aperte di depositi perpetui e vitalizii, in fine dell'accrescimento dei dazii sopra ogni cosa si è supplito in gran parte alla stringenza delli eccessivi dispendii. Ciò però non bastando, scarsamente si pagano li partitanti, che forniscono requisiti di guerra, pochissime le pensioni ai privati, con privilegio li salarii a' cortigiani e domestici più aggraditi, e più bisognosi, sospese le gratificazioni, le regie manifatture e le fabbriche, e ridottosi in tal regolata stretta economia, che si è riformata la casa del re, non solo in ciò che riguarda la grandezza e lustro delle stalle, vestiti, ma delle tavole stesse, e in ciò che contribuiva alle regie delizie, tagliando fuori sino l'alimentare li cortigiani prescielti per il soggiorno a Marlì, per il che la mormorazione e l'incomodo loro dilatandosi, si risolvè passare a Trianon, dove, a Varsaglia più vicino si rendeva più superflua la spesa. Si alterò alli stessi soldati il pane, ponendovi molta segala; in somma tutto lo spirito acuì per diminuire quanto era fuori della guerra e per trovare denaro per sostenerla.
Occorsero il primo anno quaranta milioni di estraordinari, nelle susseguenti non bastarono sessanta per li moltiplicati preaccennati difetti nelle rendite, e pregiudiziali cause, che mancato non solo il contante, ma il credito a fermieri generali, al re stesso, li capitali sopra la casa della città erano caduti ad un tal degrado di reputazione, che si contrattavano con venti per cento di perdita, al che non poco contribuì l'introdotto uso di firmar capitale il pro corso, con corrisponsione di pro, perché fosse esborsato altrettanto capitale.
Le armate di terra assorbivano l'ultimo anno sessanta milioni, quelle di mare ventiquattro senza li arredi, partiti di guerra, fortificazioni estraordinarie; il sopra più sino alla somma di 160 milioni s'impiegava nelle spese della casa reale, appanaggi a' principi di essa, in pensioni a' forestieri, al re d'Inghilterra, in salari di cariche di più sorti, in spese secrete di corrispondenza, e altre più minute, e nell'annua gravosa corrisponsione di trenta milioni di lire, del capitale de' quali è debitore la Corona per metà prima di questa guerra, per l'altre, ch'ascende a trecento milioni dopo il principio di essa; somma così rilevante, che ricercherà lungo tempo, e studiosa applicazione per esser estinta.
In tale costituzione si ritrova l'erario, che sarebbe superfluo l'inoltrarsi d'avantaggio nel minuto d'esso, se non credessi di pregiudicare alla dovuta esattezza, onde in passando lo toccherò, perché sia distintamente sotto l'occhio dell'Eccellentissimo Senato il nervo principale di questa presente Monarchia.
Tutte le rendite regie sono appaltate a fermieri, e sempre per loro conto, quelle sotto il titolo di sei appalti generali, che abbracciano le particolari delle gabelle di Francia, di quelle di Lionese, Provenza, e Delfinato, di quelle di Liuguadocca, e Rosiglion, anco sotto il nome di cinque grossi dazii, di quelle di tabacco, e marca di stagno, e in fine delle rendite dell'Occidente sono accordate per 36 milioni al corpo unito di 24 appaltatori generali. Altro appalto alli dodici fermieri generali delli fondi del Dominio della Francia delli soccorsi e diritti d'essa, corre per 27 milioni. Le rendite delle poste, acque e boschi, le finanze di Lorena, e frontiere contigue di Fiandra, della franca contea, cose accidentali, polvere, doni gratuiti del clero, delle Provincie dei stati per 18 milioni a più appaltadori separati sono deliberate. Cadaun corpo di questi interessati si riduce ogni giorno, tiene ministri dipendenti, dove occorre esige li dazii con rigore che difficilmente vengono defraudati per l'appoggio che ha della Corte; suffraga anticipatamente il re con l'utile d'otto per cento, e secondo il credito, nel quale, si trova, si provvede a censo più basso, molti particolari anco sotto loro nome impiegando il loro denaro. Il rimborso li entra con il dibattimento dei pagamenti, ma il re al mio tempo li doveva più di mezzo anno, e in quello di pace il guadagno loro è così grande, che per conseguire un luogo dentro il corpo generale è stato da alcuno fatto esborso di mezzo milione, e per ciò non mancavano le revisioni; ma nelli anni presenti per esser stati succombenti se li è diffalcata alcuna somma, e come il loro credito era mancato al ritrovar denaro bastante, così s'aveva introdotto il pagamento in biglietti, quali da particolari si vendevano con perdita di più di 25 per cento. Attenti alcuni a tale soverchio e indebolito profitto, l'uso era così invalso, e per necessità dissimulato, che non vi è timore, che in giudizio civile siano obbligati a restituzione, per altro né gl'officiali, né altri soggetti avrebbero potuto servire, impiegarsi e valersi del proprio.
Il rimanente delle rendite annuali consiste nell'esazione delle taglie generali in tutto il regno, non comprese le Provincie dei stati, si dividono 18 generalità, che contribuiscono ripartiti 32 milioni di lire, si contano più di 27.000 parrocchiani. In esse alternativamente esigono li degani gratis senza altri esattori; sono scielti li più ricchi perché abbiano modo di pagare, rispondono del debito della parrocchia, e non pagando, senza admissione di scusa o impotenza, sono alcune volte stimolati con la prigione, perché con tal timore non sieno negligenti, e ritrovino denaro; si risarciscono indi con il raccolto del quale prima si paga il debito della taglia, indi il patrone del fondo. Portano il denaro a' ricevitori particolari, che sono 165 in tutto il regno ripartiti, secondo la grandezza delle Provincie.
Questi hanno 36 ricevitori generali a due per generalità, che rendono conto a 18 intendenti di esse, da' quali poi passa alla conoscenza delli intendenti in Corte, che rendono conto al controllor generale. Con questo ordine si fanno le esazioni, e confluisce in tempo di pace sopra 112 milioni. L'inganni sono rari, e le spese nell'esigere non molte, perché la vigilanza privata accudisce al conto proprio.
Quali sieno le formali forze non v'è alcuno che non lo possi dedurre dagli eventi di tanti acquisti passati, e dalla presente validissima resistenza contro la sussistente potentissima lega. Non si può bastantemente spiegare l'applicazione al raffinare la disciplina militare. Uno che s'impiega nell'infanteria non passa nell'esercito della cavalleria dei dragoni, artiglieria o ingegneri, né nella marina; chi serve nelli vascelli non naviga nelle galere, ogn'uno di questi ranghi è un corpo a parte, con generali, officiali, o capi distinti, facendosi differenza dei soggetti capaci in essi non solo, ma nelle stesse occasioni sia d'accampamenti, attacchi, e difese; non si confondono li gradi, non si traviano le cariche, ognuno per il suo cammino, perché vi vuol molto, che uno buono per una o più cose sia buono da tutto. La prima scuola dei nobili, che devono servire per terra è fondata in compagnie di cadetti, e de' moschettieri, e in quelle apprendono le matematiche, e gli esercizi militari. Ascendevano ad intorno tre mille e cinquecento, se bene con fisso numero, che si va ora restringendo, perché non se ne arrolano, divisi in nove città con più compagnie per una, che hanno officiali propri, paga distinta, privilegi di guardar posti separati dalle altre compagnie d'ordinari soldati, da esse si estraggono li officiati per l'infanteria, quali passano alle prime cariche, e di raro sbalzano ad esser capitani; sono per il più gentiluomini poveri, poiché li soggetti di grande qualità, e fortune per servir nell'infanteria si pongono nel reggimento delle guardie, in quello del re, in alcuno del nome della casa reale, o in uno delle due compagnie dei moschettieri, che servono di porta per passar pure nella cavalleria, e non calcandosi questo primo cammino, chi si sia non può divenire ufficiale senza comprender quello della casa del re, ch'è separato. Per entrare al servizio per mare, Segnalai fu causa dell'instituzione delle guardie di marina, che apprendono la nautica, e il costruir vascelli nei porti, dove esistono arsenali. Montarono sino a 2.000, in questi ultimi anni sospesa la nomina, nella quale vi era più concorso, che per terra, perché minor fatica e maggior la paga; è però lungo l'ascendere, perché prima d'esser secondo e primo capitano si consuma molto tempo nelli primi gradi d'insegna, e luogotenenza. Nelle galere vi sono pure li loro officiali separati. Li signori di grande qualità per grazia non passano per il ruolo di guardie di marina, ma montano a qualche grande posto; grande regola nelle truppe, le diserzioni severamente castigate perché l'esempio frena una nazione naturalmente libertina, le fraudi degli officiali con grande castigo divertite, e se v'è qualche difetto consiste nelli quartieri d'inverno più per dissimulazione che per inscienza tollerato. La nazione tutta portata alla guerra seguita l'esempio del sovrano. Il primo sino all'ultimo vi concorre. Ogni ben nato si fa punto d'onore d'aver fatto una campagna, onde potrebbe il re passarsi de' forestieri, se non vo- lesse o dovesse avere così potenti forze. Il coraggio e bravura è incredibile, li assalti non si stimano, e si va alla breccia e assalti come se fosse ad un festino, anzi per riscaldar i soldati si adopera l'uso dell'acquavita. La cura loro negli ospitali è così diligente, che fa disprezzar li cimenti. Costa un suddito tanto tempo al divenir adulto per farlo soldato, tanto denaro, applicazione e occasione, che l'utile che si ricava dalla conservazione sua è con usura. Se la mala sorte riduce ad un vivere imperfetto con stroppiature o con ferite, l'ospitale degl'invalidi già molti anni instituito li nutrisce con vitalizio trattenimento. Li soggetti conspicui conseguiscono governi, cariche, pensioni, e commende dell'ordine militare di s. Luigi nuovamente fondato. Questo è il fine degli uomini nella guerra, che il servire è animato da certe ricompense.
Più di 300 ingegneri si contano in Francia. In ogni città di frontiera ne esistono tre o quattro con un capo esperimentato. Non vi è generale, che in servizio non ne mantenghi almeno uno del suo per far delinear campamenti, assedii e situazioni; sessanta di essi sono arrolati in sei brigate con capo per cadauna capacissimo, e sopra tutti il signor Vauban.
Li marescialli di Francia che sono li capi e li giudici delle differenze che nascono fra la nobiltà, sono dieci, li più in credito Boufllers colonnello delle guardie francesi, Villerois, portati oltre dalla stima, dal favore, egualmente che Noailles. Di Duratz, che fu in ozio, non fu contento il re nel principio della guerra creduto soverchiamente applicato ai propri interessi. Lorges di lui fratello, fu stimato migliore per la cavalleria. Questi sono li quattro capitani delle guardie. Il conte di Chaieul il più capace ma per l'imperfetta vista poco impiegato. Joieuse creduto uomo tardo e pesante, Catinat più attivo, in pochi anni portato all'ascendente in che si trova, sono quelli che servono per terra; quelli nella marina Tourville ed Estrè, il primo di molta esperienza e cautela, preferito all'altro, di soverchio ardire e guarnito d'erudizione. Più di 70 luogotenenti generali vi sono sopra cento e vinti marescialli di campo, e cento e trenta brigadieri nelli cinque generi di servizio, infanteria, cavalleria, ch'emulano nel servire, s'è così raffinato la guerra, e tanto si assottiglia in ogni azione, che non è meraviglia, se si riportano vittorie e prosperi successi.
Cento e sette reggimenti di cavalleria d'otto e dodici compagnie ogn'uno, de' quali era sino di cinquanta cavalieri, ora riformatone alcun numero per la scarsezza dei cavalli, e soldati. Quaranta quattro li reggimenti di dragoni che componevano uniti più di 60.000 cavalli senza la casa del re.
L'infanteria ascende a cento e sessanta reggimenti comprese le milizie mantenute dalla generalità. Cadauno di più battaglioni; onde tutti questi corpi uniti con la nobiltà dell'Arierban formano più di 300.000 uomini tutti sudditi, fuorché alcuni reggimenti Tedeschi, Italiani, Irlandesi, Svizzeri, e di questi ne sono 24.000 che tirano paga maggiore delli altri soldati. Tutte queste truppe mantiene il re al suo soldo, se bene però poco pontuale, nelli lavori si privilegiano con maggiore dell'ordinario, onde con veloce sollecitudine si compiscono. Li officiali però mal pagati, la nobiltà a cavallo con poco sussiste, e fa le reclute. Li generali hanno il mese di quaranta giorni, nel principio servirono con ardore, per genio, onore ed esempio, quando sono nell'impegno non si sanno levare, vendono capitali e fondi, e piombano poi nella povertà, per ciò stanchi ne non possono più. La cavalleria è molto più bella dell'infanteria, e la casa del re mai fu vinta, nè battuta; molte di queste truppe sono distribuite nelle piazze più avanzate in grossi presidii, circuito il regno da una fortificazione continuata di più barriere, guardate le frontiere di Fiandra, e le migliori s'incorporano nelle armate, che servono in campagna.
Duecento e diciotto piazze tiene il re fortificate, compresi li forti e cittadelle. Per quelle situate verso la Germania è padrone del Reno, della Mosa per tratto lungo di loro navigazione. Nel principio della guerra ne fortificarono quattordici in un tempo, è probabile che in calma se n'erigano dalla parte d'Italia, e a Loogh sopra la Manica, provato il pregiudizio di combattere in essa per difetto di ritirata sicura. In tal modo s'è rinserrato il regno, per penetrar il quale riesce tanto costoso di sangue agli alleati: la sua situazione felice anco per la facilità al far marciar truppe, dove richiede il bisogno, fingendo marcie, mandando e contramandando, si sorprende con inganno dove non si crede.
La marina poi fu forte in altro tempo di 50 vascelli e 30 galere, di queste, benché si tenessero 40 vasi sarebbero mancate le ciurme per maggior armamento se vi fosse stato il bisogno. Segnalai fece gettar mal a proposito due milioni nella fabbrica delle galeazze o siano grosse galere bastarde per servirsene nell'Oceano, ora li legni rimangono oziosi presso di Rohan, e si esperimenta non riuscibile la navigazione loro sopra quel mare. L'armamento dei vascelli che si è aumentato sino a novantacinque di più ranghi, compresi quelli per le Indie, mostra la potenza marittima; vero è che la scarsezza dei marinai obbligava al valersi della maggior parte delle cinque classi con esclamo loro, e dei mercanti, agl'uni togliendo il sollievo, alli altri il servizio, anzi non bastando se ne rolavano in qualunque luogo che si poteva; nelli disarmi si licenziano molti di essi risparmiando nell'inverno le paghe, regola di economia tale, che riserba il denaro al grosso armamento delle campagne guadagnando con ciò il dispendio del vitto che si richiede per sostenerlo, quando parte dalle forti armate di terra non lasciano di mantenersi sopra il fondo de' nemici. Col disarmo s'avanzò il dominio loro, e la libertà dei bombardamenti, non però con utile relativo alli dispendi, ma avendo la Francia pronti li vasi ad ogni cenno, può rimettersi la flotta nella sua fortissima comparsa.
Quanto dei materiali occorrono per la construzione loro non manca, raccolti negl'arsenali di Rochefort, Havre de Gace, Doncherche e Brest su l'Oceano; Di Tolone, Marsiglia sul Mediterraneo. Il getto del cannone si fonda a Tolone, Rochefort, Brest, Dovay, e Grenoble. In 36 luoghi si fabbricano polveri, l'abbondanza dei canevi in Brettagna supplisce; li roveri in più parti si tagliano con le misure sopra il luogo, si tengono all'aria senza che l'acqua li condensi, e si pretende con lo stesso effetto risparmiare l'aggravio eccedente delle condotte; si estrae il ferro dalle mine dell'Ardenne nel Forest, e per condurlo dal Perigot si è manufatto un canale vicino alla Cilla, ch'entra nella Dordona. Catrami in parte si fabbricano nelle lande di Norvergia ne viene trasportata quantità così d'alberi, che si giuntano in due pezzi egualmente forti, di Provenza e da' Pirenei non bastante il numero. Regno non v'è nel mondo come questo che produchi se non tutto l'occorrente del tutto, almeno una gran parte, se mancano le miniere d'oro, l'industria ne tira e arricchisce. Così tutto ciò la presente guerra distrugge, e consuma sempre, che se sarà lunga farà l'effetto del nutrimento, che usato in eccesso soffoca il temperamento, se moderato lo mantiene.
Ho sin dal principio della rottura conosciuto le massime del ministero concluse all'uscirne. Li miei dispacci l'hanno alla scoperta loro riportato. Ad ogni fine di campagna si formano progetti di pace, ma non si lasciano quelli per sostenere la susseguente, pareva in questo solo punto si accordasse con la lega, che non si voleva congresso per digerir le condizioni dei trattati, ma di convenire prima d'esso. La Francia per non dar gelosie al Turco, e occasione o pretesto di prevenire alleati per timore d'essere divisi con l'esempio del seguìto nelle assemblee di Nimega e Vestfalia. Da qualunque accidente ponno però derivar cambiamenti. Popoli stanchi, ogni uno vorrebbe il riposo, a quali condizioni sia per stabilirsi, incerto.
Descritto lo stato interno e forze del regno passerò alla sfera più eminente, nella quale si numerano e risplendono li principi della casa e famiglia reale. Il Delfino erede fu educato con applicazioni, sta negl'anni trentaquattro, di grande benignità, parla poco e con serietà, conserva gran rispetto al padre, non si conosce nascondi elevato spirito, più tosto che motto non ne abbi, ama la quiete, e l'uso del nutrirsi alcune volte con eccesso l'ha reso pingue, benché con l'esercizio della caccia procuri d'impedirlo. Iu più campagne fu impiegato alla testa delle armate, valorosamente e gloriosamente sortito. Dalla milizia acclamato per la sua grande liberalilà. Tante prove date di prudenza consigliarono già quattro anni il re di admetterlo nel gabinetto perché s'informasse delle cose. Pare sprezzi li bastardi del secondo letto, fomentato dalla principessa di Contì nata del primo, che tiene tutto l'ascendente sopra d'esso. Il duca di Vandomo, li marchesi di Authein, di Magli sono li suoi più favoriti soggetti che piacciono al re per essere di mediocre spirito, e dipendenti. Fu detto che dopo la morte della Delfina, che ama mediocremente, tenesse secrete inclinazioni, che dal re furono divertite, non v'è apparenza si rimariti, avendo quella principessa meritato molto con la felice fecondità concessale dal Cielo di lasciar ben stabilito questo real stipite.
Luigi è il primogenito chiamato il duca di Borgogna, titolo che gli Spagnuoli pretendono preso con usurpazione, come lo stato che dà il nome. È uscito dalli dodici anni con temperamento robusto e forte, di mirabile indole, dà speranze di dovere essere di eccelse parti, il suo vivo, niente toglie alla sodezza, apprende con facilità, e con pari ritiene, nelle azioni apparisce di retto genio, e dà quanto occorre all'affabilità senza pregiudicare al grave, si mostra avido di gloria, e inclinato alla guerra; quando lo lasciai era confidato al prudente governo del signor duca di Beauviliers che fu pure dato alli due principi fratelli, esamina egli la disciplina di questo tenero principe, invigilando al frutto e al profitto, che riporta da cinque maestri per giorno, non staccandosi dal fianco loro, che quanto ricerca la necessaria occupazione di cariche e consigli. Alcune ore li solleva lo spirito con la caccia per assodarli la complessione, e nella danza che con graziosità eseguisce.
Filippo secondogenito duca d'Anjon sigillò con perfetta salute li undici anni, delicato di complessione, di genio freddo pacato e cupo, non tiene indole pari a quella del fratello, se l'educazione non migliora il composto del naturale, pare non sii per riuscire di grande elevatezza, inclina alli divertimenti più che ad altro, e quanto di migliore palesa è la dipendenza del primogenito, che li viene instillata necessaria, e che è il più si possi desiderare.
Non mostra così d'essere il terzo fratello Carlo Duca di Berrì, che s'instrada alli 9 anni di disinvolta apparenza, nelle puerili occasioni non vuole cedere agl'altri, de' quali si dice eguale, e perciò non si può argomentare se contentandosi della sua sorte, vorrà con tolleranza soffrire tanta inferiorità alla maggioranza del primo. È di spirito brillante. Applica quanto ricerca l'età, e li dispone la cura; promette dall'inclinazione esteriore di divenir gran principe. Compariscono tutti questi tre fratelli ogni giorno al levar del re, che teneramente li ama, ma che un giorno s'espresse in pubblico con cortigiani, che se avevano ad essere di genio retto e cristiano pregava Dio conservarli lungo tempo.
Filippo duca d'Orleans unico fratello del re s'avvicina alli 55 anni con perfetto temperamento, sebbene alcune volte travagliato da passeggieri incontri causati da esuberanti raccolte e cibi, avrebbe richiesto il suo ingegno esser coltivato dallo studio con che sarebbe divenuto perfetto, ma educato tra piaceri, lontano da' negozi, conserva solo le doti della natura. Si è guadagnato l'acclamazione e l'amore universale con la bontà, cortesia ed affabilità con che riceve tutti; nella giornata vinta a Cassel diede bastanti argomenti d'applaudito valore, che non manca allo stipite di Borbone, la sua rendita ascende a più di 500.000 scudi, che tutti impiega in trattenersi magnificamente in fabbriche, in grandezze ed in giuoco che gliene leva alcuna parte. Con tal constituzione limitata all'animo suo generoso, non ha quel modo che brama per dispensar beneficenze, solo con pensioni, cariche domestiche, e con poche abbazie del suo appanaggio, che conferisce, consola e ricompensa. Era solito il re regalarlo con doni di tempo in altro, ma l'esigenza della guerra presente gliene toglie il prodotto, sia che venghi creduto in poco credito per facilitar grazie, o che non vogli adoperarsi, non ne dimanda per altri, né s'immischia in affari di sorte, ed in quelli pochi, ne' quali gli è permesso l'entrare, è imputato facile a discorrerli. S'affaticò a piacere del re di esortare il genero duca di Savoia alla pace con proprie lettere, che non riuscitogli, li fu sensibile il travaglio della figlia, con la quale non lascia di tenere senza negozio continuata corrispondenza. Non fu maggior prova della sua dipendenza, quanto il concorso dato al maritaggio del duca di Chartres con Madamigella di Blois spuria, con la Montespan secretamente maneggiato dall'abate fu Bois fu di lui precettore, che ne fu ben rimunerato, e dal cavaliere di Lorena, che tiene tutto il potere sopra il genio del padre, tutto che si lasciasse, indi detto, che la rilevante dote sopra quattro milioni di lire l'avesse ridotto agl'assensi, non fu ben sentita l'unione, con ingombro del re, che preponendo la tenerezza della figlia, ed il predominio sopra il fratello, sprezzò che il suo sangue reale rimanesse in tal modo macchiato.
Ben lo risentì la duchessa moglie non solo per l'imparità di questa unione, che per esser stata prima pubblicata, che da essa saputa; onde sorpresa non seppe mentire la sincerità naturale del suo cuore nel non averne avuta alcuna parte. Nacque questa principessa del defunto elettore Palatino, è di tratti cortesissimi, nutre inclinazione al suono, nel quale ritirata passa molte ore del giorno, ne dà alcune alla caccia, non s'ingerisce nelle cose domestiche, ma non può soffrire che il cavalier di Lorena regoli il marito, con cui si può dire che passa piuttosto reciproca stima, che amore; sfoga essa gl'arcani del suo animo con la signor di Beauron ritirata dalla Corte, e che visita alla grata d'un chiostro, dove si pone a tal occasione. Dal marito riceve 1200 doppie all'anno senza il vestito, e dal re 2000 per li suoi minuti piaceri.
Uscirono da questo maritaggio Filippo duca di Chartres, e Madamigella di Chartres, il primo entrato nelli 21 anni, di spezioso aspetto, educato con studio, e con tinture di più scienze; non uguaglia il padre nell'affabilità, bensì nella grandezza, e generosità, piegò al matrimonio più per modo di dipendenza, che per genio di soddisfazione. Riserva l'imparità, che non occulta per non esser corretta da privilegi di bellezza che li attirino amore, quindi la considera più per esser figlia del zio, e per aggradire ad esso, che perché l'ami come moglie; l'età giovanile, in che si trova, lo rende portato ai piaceri, inclinato quanto conviene alla guerra, all'occasione della quale è sempre con maggior coraggio di quello esige la sua alta condizione; ma sostenendo il comando della cavalleria preferisce il dar l'esempio alle cautele. Le apparenze fanno credere, che li spiriti di questo principe saranno quieti, e che non s'ingerirà fuori della sfera dei propri interessi.
Madamigella di Chartres di bellezza sopra il mediocre, soave nel discorso, e generosa, si tira generale l'affetto. Più che può spargere doni distingue li suoi famigliari, nel mio tempo anteciparono discorsi di speranze, che la Corona della pace, il nodo per la sua durazione, sarebbe stato il suo maritaggio con il re dei Romani; la madre lo desidera, ma il padre dipenderà anco in questo dal fratello, che s'attempererà alle convenienze dello stato quando non li contrasti la tenerezza che ha per il conte di Tolosa.
Del duca d'Orleans zio paterno del re vivono la duchessa di Guisa, e la gran duchessa di Toscana entrambi per loro rara comparsa alla Corte danno scarso motivo di osservazione; la prima data a pensieri di pietà e di devozione, viene riverita per principessa d'esemplare virtù; l'altra vivendo ritirata in chiostro tiene ad arbitrio l'uscita, né dà fondamento di maggior riflesso.
Seguita in ordine il principe di Condé altre volle primo de sangue, ora remoto per li molti, che più s'avvicinano alla Coro- na; fu educato dal padre con applicazioni alle armi, ed alle lettere palesandosi un po' più seguace di queste, che di quelle; nell'esteriore ha tratti civili ed obbliganti, viene però imputato di genio effeminato, e soverchiamente dato all'economia, con che, e con l'aiuto del signor di Gaurville suo confidentissimo, ha molto migliorato le proprie rendite, che sorpassavano annualmente di 400.000 scudi. Dalla moglie, che vive dell'Illustrissima Casa Palatina ha quattro figlie, l'una maritata nel principe di Contì, altra col duca d'Umene, ed altre due, quali per l'imperfezione loro nella statura, si crede non tenghi pensiere di maritare.
L'unico suo figlio è il duca d'Enghien Luogotenente generale, di genio cortese, secondo la sua giovanile età, sebbene con cautela, e prudenza depone le sue confidenze nel marchese di Lassé. Lo maritò il padre con madamigella di Montespan figlia bastarda del re, con la quale ha due figlie, per il che divenuto genero partecipò molta distinzione con la conseguita sopravivenza del governo di Borgogna, e con l'impiego nelle campagne passate, nelle quali servì con estremo valore. Il padre non lo potè mai conseguire, che dopo questo matrimonio con comando di corpo di gente, in quartiere separato sotto Namur. Paiono entrambi di genio sommesso al Sovrano, che se degenereranno dal principe defunto nella direzione delle armi, sono però più moderati di spirito, quando per avventura da un mal esempio non fossero sconvolti.
Se vi fosse alcun principe in Francia che si potesse porre alla testa d'un partito, lo è quello di Contì, colmo di tutte le parti acquisite, e naturali, che possono illustrare un grande personaggio; la sublimità dello spirito, l'applicazione al coltivarlo con la lettura, conoscenza perspicace nel mestiere della guerra, benché dall'esperienza non abbi appresso documenti per saperla, più prove, che ha dato alle occasioni, la sua affabilità obbligante, gli han prodotto l'acclamazione della Corte, e delle milizie.
Il re lo stima, ma si vuole non lo ami, non solo per il sovvenire di certe lettere scritte con mordacità contro d'esso, con che guadaguò l'esilio, che per dispiacerli la sua soverchia reputazione, e sapere, che non può soffrire il duca d'Umene bastardo, sebbene di lui cognato; onde quando il bisogno della Francia lo richiedesse al comando d'un'armata, li potrebbe far gran contrasto in vita del re non meno la sua capacità e credito, che l'amore verso del duca stesso. Come per il Delfino nutre sentimenti differenti, così lo ama, e distingue. Quando li nacque il primogenito dalla principessa figlia di Condé, solito di darvi una pensione di 20.000 lire gli fu accresciuta a 30.000 e questa è la sola regia distinzione, che ha goduto. Le sue fortune non giungono a 200.000 lire annue senza governi, che mai ha chiesto. Quindi non può usare atti di liberalità. Il cavalier d'Angouleme è il primo tra suoi confidenti soggetto di stimata prudenza, né v'è alcuno che non desideri insinuarsi nell'affetto di questo principe.
All'incontro non prova la stessa sorte il duca d'Umena, che sebbene di comprensione facile, e di talenti lucidi per la sua attribuita presunzione, viene creduto pretendi sapere più di quello sa, ancorché nell'età di 25 anni. Che vogli poner le mani e la voce, in ciò non li tocca, che riporti tutto al re, cose che lo tengono privo dell'amore dei cortigiani, e delle truppe. L'esser ad ogni modo sì prossimo al sovrano, il possesso di conspicue cariche, che possede di colonnello generale degli Svizzeri di sopraintendente dell'artiglierie, di colonnello del reggimento di tremila carabinieri nuovamente instituito; di governator della Linguadocca, l'impartiscono comando e giurisdizione tale, che gran numero d'ufficiali e creature per mezzo suo, o da lui stesso, ha ricevuto beneficenze, ed è in necessità d'esserli dipendente. La signora di Maintenon, che l'ha educato insieme col conte di Tolosa lo sostenta sempre validamente, ed il signor di Monchereveil che lo assiste di governatore si distingue nella di lui confidenza; sarà distinta benedizione celeste se nasceranno da esso figli per la statura piccola, che non ne promette. Ereditò il ricco, e privilegiato principato di Bombes dopo la morte di madamigella di Monpensier, che aveva promesso al re in prezzo della libertà del duca di Lauson, e possiede con la rendita d'esso, aggiunto all'altre, ed alle cariche, sopra di 180.000 scudi annui. Indole mirabile, ed esteriore placido si conosce nel conte di Tolosa ammiraglio del mare. Con li salari assegnatigli, e decime delle prese in tempo di guerra, fondi di terra, governo della Provincia di Bretagna, ha il trattenimento di più di 100.000 scudi. Questa gli fu conferita in concambio di quella di Ghiena per esser più ricca. Piena di porti, e per l'arsenale di Brest più adattata al suo carico, s'instruisce nelle cognizioni ad esso coerenti, negl'esercizi cavallereschi, ne' quali con meraviglia s'avanza, e nelle scienze relative alla sua età di 14 anni assistito dal marchese d'Eau soggetto di somma pietà. La prudenza di questo prencipe è tale, che fa sperare il suo genio tranquillo, e mirabile a riuscire per il servizio della Corona.
Questi sono tutti li principi della Casa, e famiglia reale di Borbone, che mi credo indispensabile toccar brevemente li sfortunati personaggi della reale Stuarda trasportati da sorte infelice in Francia, dove in asilo sicuro spirano un'aria non agitata da quelle incostanti turbolenze dell'Inghilterra, dalli pericoli de' quali convennero sottrarsi con il ritiro. Toccai li principi, e seguito d'essi, che dopo l'acclamazione del re Guglielmo alla Corona sussistono quattro partiti al giorno d'oggi, alcuni però secreti, e tutti divisi. Il superiore, ed il più forte è quello del nuovo regnante, per essere armato, è amato da popoli della stessa religione, con la sua destra e soave maniera se li conserva, viene descritto di natura cupa, di parlar poco, pensar molto, affabile, penetrante, ardito, valoroso, ed intraprendente, dotato infine di virtù degne di quella fortuna che possede, e solo rimproverabile d'essa in quanto abbi preso un torto cammino per giungerla. Buon re per gl'Inglesi, e quello vi voleva per domarli, sin'ora con riuscita a di lui modo, avendo tirato da essi prodigiosa quantità di denaro, sebbene con il sacrificio de' principali titoli della sovranità, come quello del render conto dello speso non come se fosse re, ma amministratore, e con la riduzione del parlamento triennale, restringendo l'autorità, che sebbene circoscritta era però maggiore. Ad ogni modo castigando senza sangue, e privando solo di cariche li soggetti sospetti, secondando l'inclinazione della nazione portata alla libertà, regna con quell'imperio, sebbene derogato, però tale quale conosce necessario al mantenervisi. L'inimicizia che tiene con la Francia è irreconciliabile, si vuole per sentimento di vendetta più che d'emulazione, ricordandosi di certe espressioni di sprezzo verso di lui, e delle divisioni che essa vuole porre con l'Olanda, quando contribuì al decreto della rivocazione della carica di statolder; che li fu poi nel tempo delli maggiori pericoli di quel stato restituita; ad ogni modo fu prova di grandezza d'animo quello fece nell'anno passato, quando retento un certo Gravel capitanio de' cavalli francesi convinto d'esser stato spedito dal signor di Barberieux, che lo sedusse in seguito del defunto Louvois per farli levar di vita, comandò quando volse il reo parlar del re di Francia, che fosse fatto tacere. La ruota fu il di lui castigo, e rimase per all'ora assicurato del pericolo di quel tradimento, al quale anco recentemente con nuovi tentativi si vide esposto. Ora le massime sue in questa guerra appariscono chiaramente essere di continuarla per far stancare la Francia, e perché li popoli se n'arricordino lungamente creduto l'unico modo del vincerla, sono pure di sostenere l'Inghilterra, con l'Olanda, e l'Olanda con l'Inghilterra, ch'è ciò che disse Vanboninghen, ch'era statolder di questa, e re di quella. Essendo meraviglia, che sii sortito per forza di sottilissimo ingegno di conciliare in una unione l'interessi contrari di due potenze emule, e nemiche per li profitti nel commercio e navigazione. In fine di mantener durabile la presente lega, al che contribuisce non solo la sua prudenza, e primaria direzione, che li soccorsi validissimi di denaro, che contribuisce. Se le cose di quel regno passeranno con tranquillità è probabile la Francia abbi sempre quel freno pronto alli suoi dissegni, e che quel re li sii sempre animoso, ed implacabile nemico.
Il secondo partito è quello delli inclinati al governo di Repubblica, al quale pendono per li dettami, e massime della libertà Anglicana, li professori della religione Presbiteriana, e quando mancasse o per colpo d'alcuna mala sorte, o per quello dell'ultimo destino la vita del re Guglielmo, viene creduto che questa fazione ad ogni altra prevalerebbe con attenzione de' francesi, che la vorrebbero piuttosto predominante, che ogni altra perché non essendo solito quel regno star senza re, avrebbero speranza con la mutazione del governo aprire la via alla reposizione del deposto Sovrano. Partito, che apparentemente starà quieto sino regnerà il presente re, che educato in Repubblica, benché con grande autorità non cura d'attemperare alcuni assensi a quella libertà alla quale conosce, che esso inclina.
Il terzo partito è quello della principessa di Danimarca, che dopo la morte della sorella, avendo avvalorato li titoli che tiene sopra la Corona, ha li suoi, benché pochi partigiani; le diffidenze che passano con il cognato la rendono debole, e quando non s'unisce ad un più forte, non v'è probabilità possi aver forza di vomitare alcun veleno contro il presente governo, o contro la mutazione di esso, che succedesse.
Il quarto partito è quello del re Giacomo, seguitato da molta nobiltà, e milordi di religione cattolica, alcuni anco dell'Episcopale, che è la portata per la monarchia, ma con capo lontano, e senza forze, con cattolici depressi, privi di autorità, e di cariche, pare lontano il giorno alle prove del loro zelo. Con alcuni tiene secrete corrispondenze, e per mezzo del padre Issich in Iscozia, e non si manca di mantenerli in speranze. Tengono essi scritto, che si vadi con esercito di 40.000 uomini, che il regno appoggiato si solleverà per li tanti malcontenti del governo presente, delli aggravii eccedenti, della stanchezza della guerra, discapiti nel traffico, e del denaro che sorte, ragioni che non si credono dal ministero di Francia bastanti alle forze impegnate di dovere o potere impiegare per secondare gl'inviti. Se precedessero le sollevazioni allora forse s'aiuterebbero, ma si confessa esser incerto, ed azzardoso, che si rimetti un re di religione cattolica, non guerriero, e poco stimato. Quando si ricoverò in Francia fu accolto con generosità sopragrande, si prese in consorzio la sua causa, non come comune, ma propria, se li destinò il Louvre di san Germano per soggiorno, si fornì con tanti e ricchi donativi, e se li assegnarono 50.000 lire al mese con convenuto trattato di promessa restituzione da eseguirsi al favore di felice mutazione, come dovrà seguire dalli esborsi fatti per la spedizione dell'Irlanda. Con questo trattenimento vive il re più da privato, che da principe, con corte ristretta, ritirata, e trista, e con tal misura d'economia, che si guarda il più minuto. Se n'impiega parte in pensione de' milordi, ed altri signori ricoverati, in salari de' domestici, di cariche principali, ed in pochi ministri. La dote, che doveva il duca di Modena è stata quasi per l'intiero pagata e consunta. Dopo la disgrazia pare veramente indebolito di quel spirito, che costante seppe sostenere in più avverse occasioni prima e dopo montato al soglio. L'età sua d'anni 62 apparisce gravosa, la mestizia trabocca la dissimulazione, ed ha più predominio la speranza di ritornare in Londra, che la costanza di averla lasciata. Consuma alcune ore del giorno in orazione, altre poche in consulta di ciò ch'emerge, alcune alla caccia, non se li scopre particolarità di sorte per alcuno, e li tradimenti passati anco de' più interni l'hanno documentato d'esser diffidente.
La regina è di bellezza mediocre, ma di spirito vivo, grata nel discorso, comprende facilmente, mollissime ore dà ad applicazioni pie, alcune alla lettura, di rado alli divertimenti; ama il giuoco, ma non se ne trattiene, parla più lingue perfettamente, è tassata di superba, il che tiene lontane le duchesse di Francia, e rende la Corte scarsamente frequentata. La contessa Montecucoli è la dama più intima sua confidente, nell'animo della quale solleva il proprio, con costanza coprendo l'avversità, ma molto risentì la falsa pubblicazione, che il figlio prencipe di Galles fosse supposto, dacché ne uscì con la verità per la nascita già due anni della principessa, alla quale volle servissero da testimoni più dame, e tra esse la moglie dell'inviato di Dania. Revificando questa celeste benedizione l'ombre sparse contro la reputazione di così virtuosa principessa, e contro le ragioni del legittimo e più vicino principe alla successione. È egli di sette anni, di perfetta salute, educato nella religione Cattolica con precettore gesuita, né la sua tenera età permette che per anco si possi rimarcare alcun segno della futura sua inclinazione.
Tiene il re due figli bastardi giovani, il duca di Bervich di 26 anni, valoroso ma mediocre spirito, sostiene il carico di capitano delle guardie, il cadetto di 24 anni, è il gran priore d'Inghilterra, ed ha servito sopra la marina senza impiego.
Oltre due capitani di guardie tiene il regio sigillo col carico di gran cancelliere il signor Herhert, quello di gran ciambellano milord Poes, e come sopraintendente alle finanze, o per ben dire all'economia, governa il signor Schelton. Altre inferiori esistono di non molto riflesso tutte conferite a soggetti seguaci, per essere rimasti a Londra dietro la fortuna li primi possessori.
Il Consiglio che tiene il re è composto di due secretari di stato, milord Bamillon luterano capacissimo, fedele, e generalmente stimato. Il signor Cavel fu secretario dei comandamenti della regina occupa l'altro posto, di religione cattolica, e per la sua avanzala età molto esperimentato nelli affari stranieri, per li servizi prestati. Fu sostituito a milord Melfort di mezzana abilità ma sagacissimo, odiato generalmente perché in tutto si voleva ingerire. Girava in molte cose la volontà del re coll'appoggio dei gesuiti, li quali si mantengono in quello stesso predominio, che avevano prima della sua caduta, di quale furono in gran parte causa. Sia, che fosse sospettato di poca fede, come si pubblicò, di che non ne fu tuttavia mai ingombrato il re per il zelo che vi trovava, o sia che l'odio e la cabala de' suoi emuli abbiano avuto la forza, fu levato dal posto. Rare sono le materie, che si ventilano nel Consiglio, con principi forestieri non si tiene corrispondenza alcuna, e tutta la massima si riduce al fare quello vuole quello della Francia, non si prende alcuna risoluzione, che anticipatamente non se li comunichi, e non si cammini di concerto, e frequentemente passano visite tra li due re, e li discorsi si credono in ciò che riguarda li comuni interessi, e di quello che succede con tratto di confidenza li viene partecipato. Passa ogni anno al delizioso soggiorno di Fontainebleau, dove tra li divertimenti delle caccie e delle lautezze viene tratlato. Che abbi a terminarsi questa guerra con il riconoscimento dalla Francia del re Guglielmo alla Corona, vari sono li pareri. Il generale degl'uomini lo crede articolo da facilmente convenirsi, ma per quello ho scoperto parmi poter assicurare, che quando si dovesse devenire a tal trattato, si farà tutto per stipularlo con il titolo di tregua, e non di pace. Se l'acquisto di quel diadema fu un rapto velocissimo d'occhio, di passo, e di mano, non si può credere che così facilmente lo perdi. Attenta è la Francia al poner divisioni, seminar disgusti, far spargere libelli, sinora però tutto riuscito senza frutto. La Religione Cattolica si è notabilmente indebolita, li partiti contrari senza forza e imbrigliati, li soggetti superiori sospetti, che fuggono per timore o per zelo, e si ricoverano in s. Germano con purificazione del di dentro. Li membri del parlamento o dall'inclinazione o dalli mezzi convenienti guadagnati; il credito del nuovo re al colmo per la prudenza, destrezza, e valore, e così se la sovranità del Cielo non abbi con giudizio secreto destinato altrimenti quanto comparisce sotto il senso, argomenta durazione quel presente Impero. Punto, che prima d'ogn'altra ventilazione nelle conferenze de' reciproci ministri si è preteso, come è noto ceduto, ma non bastante ancora, poiché per quanto traspira dal riportato dominio del mare con superiorità di forze insorgono idee d'intavolar l'uso della sua preminenza negl'incontri de' saluti, e del stendardo, allettamento a quella superba nazione di fornire per spuntarlo quanto occorrerà per continuar la guerra, non meno che spina alla delicata gloria della Francia di non cederlo.
Con quali condizioni s'abbi a segnare le paci con principi alleati secondo il credere d'essa, pare fattura assai piana al convenirvi, sostenendo consistere in pochissimi controversi punti di restituire Sciasbourgh, Luxemburgo, e la Lorena, di eseguire la demolizione di alcune piazze pretese fabbricate sopra il terreno loro prima della rottura, e le acquistate dopo d'essa, di rin- novare trattati non alterati sopra il commercio, ed infine di porre in arbitraggio le dipendenze aggiudicate dalle Camere, e parlamenti, ma non di soddisfazione a Cesare, ed all'impero, perché discordano sopra tutto nel modo, volendosi restituite, e non concambiate le dette due piazze, non ristrettivamente ma amplamente consegnato lo Stato al duca, e dalli ministri alle Corti lasciandosi cadere esser giusto il rimetter l'immediatità delle dieci città dell'Alsazia nelli suoi primi privilegi, il demolir tutte, e non parte delle fortezze erette sopra l'altrui fondi, ed il cedere per l'intiero alli insussistenti titoli di tante dipendenze usurpate, motivi, che sortono per occulto, mentre mai è comparso al mondo il contraprogetto desiderato con indizio assai chiaro, che non si vogliono fissare determinati gli articoli, che il desiderio, che si fa apparire di voler uscir dalla guerra non è che fiuto, ed artificioso, ma per poterli nella sua continuazione mutare a misura de' prosperati progressi, e secondo le speranze, che si dilateranno sopra le vittorie, ed acquisti, e la debolezza della Francia, che si va facendo maggiore, con che si figura, che questo è il vero momento di rimettere il sicuro, e permanente riposo in cristianità.
Dopo la demolizione di Casale pattuita con non poca gloria di chi la segnò, tende il duca di Savoia le mire all'acquisto di Pinarolo che li sta sul cuore, e che procura generali impegni, che non si stabilisca la pace senza la sua restituzione, con quelle oneste ragioni di liberar intieramente l'Italia da' francesi, di doverseli la ricompensa al sacrificio de' suoi rovinati Stati, e di ricuperare una piazza tanto tempo da essi posseduta, senz'aver mai esborsato il prezzo pattuito. Si vuole che Cesare n'abbi dato gli assensi per chiuderli questo passo, e per facilitar in testa dell'arciduca Carlo l'acquisto del Stato di Milano, in caso s'inaridisse la pianta spagnuola senza successione. La Corte di Madrid non se n'è però dichiarata, benché stimolata, onde questo trasporto importante non dipenderà solo dalla forza delle armi, che dal riguardo de' molti interessi, non tanto presenti, che futuri.
Quanto alle convenienze della Spagna sta essa sopra un'aria così alta, come se fosse vincitrice, più che perdente, ed in stato d'agire da sé senza bisogno delli validi soccorsi delli confederati; non si contenta della Baviera prescritta dal trattato di Nimega al quale non per anco la Francia ha condisceso; vorrebbe ristabilire quella de' Pirenei. Olandesi a' quali preme l'allontanarsi un tanto potente, prendono una via di mezzo, che non sarebbe poco se vi potessero giungere. Dopo la ricupera di Namur l'adito per quella parte è il più esposto al penetrare nel regno. Tre piazze, che s'acquistino si è nella Sciampagna, che è il paese più fiorito ed aperto; ma l'arte, e la forza, che si preparano da una parte per avanzarsi, s'invigoriscono dall'altra per opporvisi. L'orizzonte presente delle cose affaccia che più che un negoziato il taglio della spada, ed il furor del fuoco abbino ad esser giudici de' più remoti o più ristretti confini.
Quanto abbi operato il Ministero di Francia per impedir all'elettor di Baviera l'entrare ne' paesi bassi, lo dinotarono le protestazioni di Seguieres, e d'Avaux, il primo, ministro a Madrid, l'altro in Olanda, al solo nascere del pensiere, che se li fosse ceduto solo il governo ne sarebbe seguita la rottura. Spagnuoli si tennero allora in silenzio o per timore o per cautela, dal quale uscirono col dichiararlo al favore della corrente guerra. Lo risentì la Francia con estremo dolore, perché se li approssimava un principe potente guerriero, reputato nemico ed inclinato al partito contrario, e perché interessando le sue assistenze alla difesa di quei Stati, si profondava con antecipato preparamento di possesso la radice alli diritti del principe giovine, nato dell'Areì duchessa. Ad ogni modo da questo veleno si preparò l'antidoto, perché si offersero in proprietà, ed in partaggio della successione di Spagna (se seguisse il decubito del Cattolico senza d'essa) finezza artificiosa, ma fallace, ch'ebbe per oggetto con esibire la rinuncia sopra d'essi, accalorar li propri titoli sopra il rimanente, porre gelosie, e diffidenze con Cesare competitore per li suoi, perché si voleva, che facesse pure la rinunzia, ma che produsse le risentite dichiarazioni della Spagna con termini commossi, ed ardenti di voler sacrificare l'ultimo palmo di terra con l'armi alla mano, prima di sottoscrivere a così ardite imaginazioni premature d'un caso non disperato, incerto, e solo chiaro all'Onnipotente. Si fece tutto però per guadagnare l'Elettore, usando seco frequenti cortesi officiosità con magnifici regali; data connivenza all'elezione del vescovo di Liege al principe fratello, e mostrato piacere del maritaggio suo con la principessa di Polonia. Cose tutte, che non lasciano di dare della gelosia alla Corte di Vienna, e sopratutto il vedere, che non sarà conto della Francia, quando non possi incalmare la Corona di Spagna sopra un ramo della propria casa, piuttosto, che permetterla in uno dell'Austriaca, contribuirà perché si trapianti sopra quella dell'Elettore.
Con principi della Germania uniti in una stessa volontà nemica, non passa alcuna esteriore corrispondenza, sebbene con pensioni nelle Corti e con emissari, non si lascia di sapere il più intrinseco degli affari per confondere, e spargere quanto torna conto. Il successo del general Scovingh nel tempo del defunto Elettore di Sassonia è pubblico. Perdé motto la Francia con questo principe, perché mai si dichiarì di soccorrere con tante forze, quanto il fratello successore più marziale, più avido di gloria, e per la conoscenza dell'interesse de' stati vicini attaccato a Cesare. Non oltrepassava egli di fornire la sua quota, e col ritardare le marcie differiva li pregiudizi.
Il presente dà poche pronte per difesa dell'Impero per quella dell'Ungheria molte numerose truppe. Non può ricevere la Francia da un principe lontano maggiori argomenti d'avversione.
Brandemburgo potente nell'impero, e per l'estesa de' Stati, e per le sue numerose, ne fornisce una gran parte alla causa comune della lega. Fu questo Elettore per alcun tempo guidato dal principe d'Hannover con sentimenti ben inclinati, e neutrali. Questi mutatili al fervore di dichiarata inimicizia, l'hanno seco condotto, hanno fatto e fanno tutto i Francesi per staccarlo, ma il re Guglielmo disfà il fatto e lo tiene costante. L'eredità presuntiva delli di lui stati patrimoniali non è poco impulso per tenerlo legato. Quelli delli convicini al Reno portano le gelosie d'una aggrandita potenza capace d'inferirli. Sopratutto il sostenere le truppe dell'oltre suo contingente, parte con quartieri d'inverno, e parte con il denaro che fornisce l'Inghilterra, lo mantiene nelle massime dell'unione.
Il Palatino erede delle ultime del padre, stretto, con tanti nodi di sangue alla Casa d'Austria, lo è anco con l'arbitrio. Le usurpazioni, li incendi, e le devastazioni, che han consumato il fiore delle più città della sua stessa residenza, quanto li han dato di asprezza allo spirito, di ardenza alla vendetta, tanto più l'han stabilito nelli interessi di Cesare, da cui ha ricevuto incremento la fortuna de' fratelli, e della Casa. Per la debolezza divisa dei suoi Stati non potendo che da esso ricevere appoggio in un trattato di pace, per altro la situazione loro assoggetterebbe tutti li suoi movimenti alla sferza di mano poderosa ed attenta, che li soprasta, e sarebbe necessitato al segnare quella legge che suol prescrivere il più potente.
Fu marca di soprafino raggiro, e d'accorta direzione l'inganno, in che trattenne il duca d'Hannover per molto tempo la Francia, quando per pattuita neutralità tirando 100.000 lire al mese, sotto pretesto di liquidare conti de' Areraggi decorsi, di chiedere la soddisfazione, spedì il conte Balati, ma infatti per tenerla a bada, e negoziando il premuroso affare dell'Elettorato dare gelosia della spedizione a Cesare, agl'elettori, e altri prencipi per facilitarsi li loro concorsi. Benché costò molta pena, e denaro per conseguirli, non ha per anco spuntato la decisione, e per l'obice naturale di alcuni, e per fomento de' francesi, che non lasciano di porre confusioni sollecitando pretendenti, esagerando a Roma, e nell'Impero essere un principe eretico, ed intorbidando li voti delli collegi nella Dieta di Ratisbona. Il duca immerso nelle speranze, e nelle promesse, continua nell'unione (forse dell'interesse di Cesare non lasciarlo così tosto uscire, perché non cessi la causa del bisogno, e per spuntare il voto Elettorale per la Corona di Boemia) e dà senza aver niente prodotto con il prezzo di 30.000 scudi al mese, che li fornisce l'Inghilterra truppe alla lega. Intanto Balati ne seppe esigere più di 400.000, alettò nel negoziare il signor di Croisi, e quando scoppiò l'inganno, allegò d'esser stato ingannato con apparenza, che quel primo ministro lo volesse perdere. Ad ogni modo partì con soddisfazione, e ben regalato. Di Volfenbutel della stessa Casa, Langravio d'Assia, Virtemberg, ed altri principi inferiori, non si presenta motivo di riflesso, tutti contribuendo alle convenienze presenti dell'Impero, come pure le città libere seguono sommessamente le leggi d'esso.
Fu sempre studiosissima attenzione della previdenza francese di procurar che creature bene affette fossero promosse alli principati ecclesiastici, ed alle coadiutorie di tre Elettorali, di Magonza, Treveri, e Colonia per la loro autorevole eccelsa dignità nel corpo Germanico, delli Vescovati di Munster, e Liege per la loro potenza, e di quelli di Spira, Vorms, e Strasburg per averli nella loro vicinanza sommessi, non curandosi molto delli altri, o per esser deboli, o lontani. A questo effetto si coltivavano li votanti di quelli capitoli, e si soleva sostenere in cadauno un partito; ma si è provato anco in ciò, che questa guerra è stata fatale perché eccettuata la Chiesa di Strasburg, nella quale presiede il Cardinal Fristemberg, le altre sono occupate da soggetti fedeli membri dell'Impero, per conseguenza nemici della Corona. Poiché Munster poderoso per un formidabile numero de' combattenti, avendo per alcun tempo tirato pensioni s'è in fine determinato al venderne parte d'essi agl'alleati. Magonza posseduta dal vescovo di Bamberg tiene quella capitale nelle loro difese, e Treveri spogliato della propria si è ricoverato sotto la lor protezione, trovandosi entrambi con la maggior parte delli Stati rovinati, sono in forza d'esserli dipendenti. Ora quel giuoco, che da una parte si soleva fare con politica prevenzione, dall'altra di presente si maneggia, e s'avanza, perché nelle coadiutorie entrino soggetti di cuore tutto ale- manno. Nelli ultimi periodi del mio impiego travagliava però la Francia alla Corte di Roma per far passar quella di Strasburg nell'abate d'Aspremont nipote del cardinal Fristemberg.
Le controversie, che passarono tra questo prelato, come preteso postulato, ed il principe Clemente, come eletto dal capitolo di Colonia, hanno fornito tanta materia alle penne, alle lingue, alli disturbi, ed all'ostilità, che si può dire siano stati li primi fomenti di questa universale combustione. Con la consecuzione ch'ebbe questo delle bolle Pontificie con l'espulsione de' francesi, con il possesso pacifico è rimasto arcivescovo, ed un negozio tanto agitato riposa, e riposerà nel silenzio, e come il primo fu frustato dal sperato frutto di tanti affaticati anni impiegati con tal scopo nella Corte dell'arcivescovo precessore, così l'altro si è veduto in pochi colmato d'oltre la Chiesa di Colonia di altre tre d'Aidelschein gelosissima in mano d'un principe potente alli Eretici, nel mezzo de' quali è situata di Liege, alla quale con la morte inaspettata del principe Teutonico di Heoburgo, e con la scarsa protezione data al cardinal di Buglion, entrambi concorrenti, ha montato, e recentemente di Ratisbona, solo considerabile per essere inviscerata nell'Elettorato di Baviera. Tutti questi vescovati, in testa d'un solo, principe lo rendono poderosissimo, e ben si conosce che non lascia d'aspirare anco a quello di Munster, disegno a che apertamente l'Olanda, e la Francia opponeranno li propri mezzi per non lasciarlo dilatare con tanto aggrandimento.
Il cardinal Fristembergh tuttavia non dissimula la mala sorte della sua esclusione, sostenuta, che l'Imperatore gli aveva offerto di non opporli, purché avesse corrisposto con l'impegno del voto per il re de' Romani che Innocenzo li promise le bolle purché avesse fatto rinunziar li quartieri, e ritirare Lavardino ministro cristianissimo, che senza frutto eseguì indi la Francia. Che il cardinal d'Etré vi contribuì sopra gl'altri per un'ardente parlata, che li fece il Papa, sebbene con anteriore dimandata scusa, e che uscito dalla stampa seguì incontinente un comando a Monsignor Casoni di spedir le bolle per il prencipe Clemente. Che se il Cielo li avesse prescritto il destino di quella Chiesa, avrebbe ottenute le altre, e con 25.000 uomini in piedi dichiarandosi per il partito della giustizia avrebbe divertito la guerra. Il fatto è, che negoziò con mano ristretta con capitolari dottori, che sono quelli, non provano nobiltà; così nel capitolo di Colonia, che di Liege, e nell'alta Germania, li mancarono due voti, e fallì la postulazione della dovuta legittimità di uno. Gode questo prelato per li grandi servigi prestati alla Corona, distinte parzialità del re, ed è in credito d'esser retto, sincero, e generoso, e per le cose proprie, più che per l'altrui grande uomo, nelle cose riguardano la Germania se li dimanda sovente il suo parere, che li ministri discreditano, perché vogliono per essi il merito, né che da altri provenghi quello del buon effetto. Possiede oltre l'arcivescovato di Strasburgo, la ricca abbazia di s. Germano, ed una pensione di 24.000 scudi, che è parte di 80.000 annui, che tiene; la rendita dell'abbazia di Stablò nel Lucemburgo è confiscata dagl'Imperiali, ed a sua considerazione non vi si pongono contribuzioni. Infine dispone della nomina de' colonnelli d'alcuni reggimenti alemanni, due de' quali sono in testa de' suoi nipoti. Privilegi tutti di fortuna stimabile per un privato, ma tenui in paragone di quelli, a' quali il volo dell'idea s'aveva sollevato per fabbricarla.
Possedono matricolati nell'Impero ampli Stati le due Corone del Nord regnando sopra altri vastissimi oltre il Baltico, hanno sempre dato peso o trabocco alla bilancia dell'altre potenze, ogni volta, che con trattati di neutralità, di promesse ristrette o di forti impegni si sono dichiarite, non succede cosa nella Germania, particolarmente nella bassa, che non prendino parte, e ogni principe v'ha l'occhio attento per possedere la loro confederazione, esperimentatovi però, che per li opposti sentimenti ed interessi, che tengono guadagnata l'una, l'altra è divenuta contraria. Prevalse per molto tempo la corrispondenza della Svezia con la Francia per trattati segnati, che per disgusti acerbissimi dopo la pace di Nimega nella quale fu mal corrisposta, indi si separò, si vuole, che l'abbino seminati nell'occasione di quell'assemblea li particolari insorti tra le due mogli di Croisi, e Cxenstein quali trascielti per ministri di Stato da' loro principi appiccicarono con li fomenti dell'odio proprio li animi loro in un pubblico, abbracciando le insorgenze accidentalmente nate e facendone nascere per vendicarsi. Partì Basin ambasciator cristianissimo senza essere ammesso per difficoltà opposta di assegnare uno, non due senatori nell'accompagnamento. Piccò sensibilmente la famosa eretta statua di bronzo, e la dipendenza del duca di due Ponti aggiudicata dalle Camere instituite finì d'inasprire. Nel principio della rottura fu ritirato l'inviato Svevo, e molto apprese la Francia d'aver quel re nemico, ma tanto seppe, che con li aiuti della Casa d'Annover prima neutrale l'impedì, datosi intanto quel principe, di genio inclinato al migliorare il di dentro de' suoi Stati al dilatare il trafficare, s'unì con monstruosità di successo con la Danimarca per ampliarlo. Da questo allettamento mosso non fu più in tempo agl'alleati dopo la dichiarazione d'Annover di moverla, perché se li era restituito il ducato, che di presente possede, quanto all'utile, e diretto se li spedì Betunes, indi Havvau con cessione del preteso trattamento. Si spuntò non dasse truppe agli Olandesi per il trattato 1681, e riuscì di farlo passare dalla neutralità superata, se non con il formare un terzo partito, però al dar orecchio alla gloria della mediazione, di concerto con l'altra Corona. Li progetti, che si fecero agl'alleati passarono per alcun tempo per quelli usciti canali con non poca differenza loro, perché l'imperatore tenendola prima in speranze del matrimonio della figlia principessa col re de' Romani, la porta nelli negoziati ad inclinare alle proprie convenienze e la piena del desiderato ardore della pace, cosicché pare, che preferisca il lasciar continuar la guerra, per indebolire la Francia, più che a pressare, perché si finisca, e perciò non è intieramente contenta.
Quanto si allontanò la Svezia altrettanto con movimento contrario s'avvicinò alla Francia la Danimarca, strettasi del 1681, con trattato per dieci anni, mediante l'esborso di 200.000 scudi all'anno, e con il patto di reciprochi aiuti. Non fu però osservato quando occupò l'Holstein oppostovi Louvois, perché senza previa partecipazione l'avesse eseguito, da che prese ragione essa pure di negarli nelli primi impegni della Francia; di qui nacque, che questa sospese le pensioni, e rimastone quel re privo con la protezione, che se li prometteva con essa quando si fosse impegnata, ed in timore d'aver sopra le braccia più principi della Germania, s'indusse a restituirlo. Indebolito per li principi di questi disgusti il vincolo dell'amicizia, sia per vendicarsi o per scarico del peso vende 7.000 uomini per 240.000 scudi all'Inghilterra. La Francia apprendendo maggiori conseguenze offerì accomplire al trattato, fomentando le gelosie dell'occupata piazza di Ratzborgo nello Stato di Laxe Lucemborgo del duca di Annover. Ma Cesare purgò il mal nascente, e rimossa ogn'occasione si persuase quel re all'unione con la Svezia per migliorare il proprio commercio, ed all'applicare alla mediazione con connivenza dell'Impero, perché dimorassero in pace. In quello ricevevano molestie per la presa, e confiscazione de' vascelli separati: peraltro li convogli navigavano con meno pericolo. L'Olanda, e l'Inghilterra pure non vi avevano riguardo, e per quante istanze siano state fatte da ministri Danesi, peranco non hanno ottenuta imperturbata la libertà. Prima della morte della regina d'Inghilterra operava per la pace con contento del ministero francese, ma indi ingelosita, che solo si volesse passar per le mani della Svezia, e non contenta per il commercio inquietato, raffreddò il calore, e li alleati, che la vorrebbero più tosto parte, che mediatrice, travagliano per tirar con esborsi di denaro almeno aiuti; è incerto a che si determinerà però quella Potenza.
Le apparenze col Portogallo sono di buona intelligenza, benché abbino prodotti motivi di gravi indolenze l'inquietato suo commercio, e li frequentati pregiudizi, per le tarde spedizioni, e per le confiscazioni, che è il principale negozio, che controverte tra le due Corti. Se si difende la Francia nel punto delli arresti con l'esempio del praticato dalli alleati in quello del confiscarli con allegar contravenute le sue leggi di marina, e si dolse quando si prestarono soccorsi per la difesa di Centa, conoscendosi dispiacerli le perdite del vicino. La stretta congiunzione, che tiene quel re con le due Case d'Austria li tolgono il credito della confidenza nella sua mediazione, che ei offerisce, può essere non se ne facci caso.
Trovai la Polonia scarsa la corrispondenza, la congiuntura dell'unione con Cesare dava occasione di gelosie, e vedendo la Francia, che conveniva usare le asprezze, produceva, che quanto s'insinuava da Betunes era ricevuto con diffidenza, e la regina sua sorella, che ha tutto l'ascendente sopra il marito operava con maggior cautela, benché alcune volte fosse rapita dalli impulsi del suo primo latte. I principali fini della Francia sono stati di seminar torbidi nelle Diete, zizzanie tra grandi, ritardar l'uscita degli eserciti in campagna, e sopratutto di separar quella potenza dalla lega. Si rigettò questa, come veleno al servizio, all'onore, ed alla coscienza, e non dando orecchio alla proposta di principessa francese in moglie al principe Giacomo, si preferì la Palatina annodando con Cesare all'unione delli interessi quella del sangue. Parve che dopo la partenza di Betunes per l'ambasciata di Svezia, dove morì, abbino cangiato faccia le cose, perché instrutta la Francia dal di lui successore abate di Polignac, che si è avanzato nella stima della Regina, fosse meglio secondar li desideri de' regnanti, ha temperato le freddezze, in seguito di che fu mandato il titolo di duca al marchese d'Arquin di essa padre, si promise, che venendo in Francia sarebbe trattata con tutto il real trattamento, ed alli principi Costantin, ed Alessandro suoi figli passati recentemente per quella Corte si conferì l'ordine di s. Spirito. Con tuttociò è credibile, che quel re constante non rimanghi acciecato da queste artificiose finezze, né che sii mai per denigrar il merito, che s'è acquistato con il Cielo, con la Cristianità, e con Cesare, con il di cui appoggio può avantaggiarsi in un comune trattato con sicure durabili condizioni, più di quello può sperare in uno separato.
Superiore asprezza s'era usata con Svizzeri, e non poco si apprese alcun loro risentimento con quel timore, che suole produrre la giusta rimembranza delli trattamenti, poiché s'era sprezzata la spedizione di due loro ambasciatori non admessi, ancorché con poteri di tutti li cantoni si erano inoltrati struscii al commercio, negate le consuete tratte di grano, diminuite in pace le paghe pattuite alli reggimenti nazionali, ed in fine ingelositi con la creazione del forte d'Huninghen tanto vicino, come se fosse per signoreggiare la libertà, che tanto apprezzano; questi disgusti accumulati avevano irritati li spiriti particolarmente de' cantoni di Berna, e Zurich li più potenti, ed autorevoli, che per sottrar il ministero dalli pericoli dell'imminente inimicizia, s'imputò dal sagace Louvois la colpa tutta all'ambasciata Jam- boneau, e perciò si fece partire prevenendo la lentezza del partito contrario, che non seppe coglier la congiuntura d'Amelot munito di denaro, che spargendolo prima delle Diete superò la dichiarazione della nentralità. Nel seguito della guerra poi parendo nascente la gelosia dell'aggrandimento vicino della Francia con l'occupato della Savoia, s'offerì nella sua restituzione al Duca di render li Cantoni mediatori, e garanti depositari di piazze per sicurezza del trattato. Con tal rimessa confidenza lusingando li cuori, accampando nell'amicizia, e consolidandola con pagamenti di pensioni con opportune permesse estrazioni de' gravi, si abortì il decreto della richiamata de' Svizzeri impiegati non solo, ma si convertì la negativa posteriore delle reclute in dissimulata connivenza alli colonnelli ne facessero, ed indi in libertà aperta particolarmente dopo che diedero quattro reggimenti all'Inghilterra, che non fu in potere della Francia d'impedire, essendo peraltro sua massima generale di attraversare le leve a principi per tenere quella nazione in necessità, e dipendenza; ma quello importa, che oltre tali riportati vantaggi, la nentralità preferita si strascinò quella delle città forestiere, e dello Stato del vescovo di Basilea chiudendosi un passo pericolosissimo, per il quale alleati poteano tentare l'ingresso in Francia. A tutto ciò dunque servirono d'impulso li suddetti mezzi, ed arti, e l'incentivo dell'utilizzato commercio non ebbe poca forza, mentre la porta di Ginevra, che è la sola di presente amica, per la Germania, e dove si tiene un residente per questo motivo, e per quello d'invigilare alla religione, serve di cammino al portar ricchezze, ed aumentar comodi alli abitanti de' Cantoni. Stomps luogotenente generale colonnello del reggimento delle guardie francesi, molto anco vi ha contribuito, per l'autorità, che tiene in alcuni cantoni, che per la dispensa, che fa delle cariche in esso, e nelli altri di loro, sperando d'avanzar li propri parenti e figli; da esso dipendono. Dall'uscita d'involucro così minacciante con maneggi così accorti, e possenti, si può argomentare quello la Francia sia capace di superare in quella nazione, ogni volta, che succedino casi che difficilmente possono essere così pressanti. Nel paese de' Grigioni tiene un partito sostenendo al proprio servizio con beneficenze, ed impieghi parte della famiglia Salis contraria della pianta, che vive in Coira.
Quali siano li sensi, e le massime della Francia con la Porta, il mondo tiene bastanti riscontri per conoscere; dalli sussidi portati da' legni francesi a piazze assediate, e dalla Corte protetti, dalla subordinazione de' loro ministri fatta a governatori per la reddizione del commercio veneto interrotto da decreti, che lo pregiudicano fatti da' Turchi contro il corso di lunga tolleranza, dall'offerte di mediazione di pace separata, e di garantirla, avrà chiare prove l'Eccellentissimo Senato, a che giunga l'intelligenza quanto sincera quanto ferma, e quanto di necessario servizio. La mutazione de' Gran Signori, la frequente de' Visiri, e del governo, diede non poco imbarazzo a Castagnet ministro cristianissimo, si vuole, che di anno in anno si concertino misure con impegni di non far la pace, che si diffondino somme considerabili per corromper capi, e in pecuniarie pensioni. Quando fu egli sostituito a Girardin trovò in resto molti areraggi, che furono pagati. Ma se è punto massima di Stato il conservarsi quella intelligenza, altrettanto è delicato alla fama, e nome d'un re cristianissimo il tenerla secreta, benché la libertà francese senza tante cautele nelli discorsi della Corte più se ne vanti, che la occulti. Come fu a due diti di rompersi, quando la Corte di Vienna si valse delle proposizioni in stampa fatte per la pace in cristianità, per far conoscere a' Turchi doppiezza di trattare, riuscì con pena di persuadere il contrario, e dar ad intendere, che le stampe erano finte, ed inventate. Così si prese per documento di far successivamente li progetti solo in voce, ma sopra tutto ha persuaso la speranza alla diversione, perché se utile per l'una parte nell'Ungheria, per l'altra pure al Reno. L'appoggiare il Techeli con li offici, e con pensione di 30.000 lire al mese, il sostenere, che non si doveva abbandonare un nemico acerrimo di Cesare, che sebbene depresso poteva con poca mutazione risorgere, e risorgendo inquietare; furono li consigli preferiti. Se la fortuna arridesse un poco per il regnante Gran Sultano, è probabile che la corrispondenza si mantenesse sempre più sodamente. Del commercio col Levante, che si è coltivato quanto si è potuto per mezzo de' Consoli a tutte le scale con ottenuti privilegi sopra le altre nazionii sempre che permanghi la flotta degl'alleati nel mediterraneo, sarà sospesa la regolata libertà alla navigazione, e di presente è più in diminuirsi, che in preservarsi.
Con li corsari di Barberia sovente cangia, ed altera la corrispondenza. La Francia la trova utile, perché non inquietano il commercio per li formenti, che tirano in bisogno, e perché possono più perdere che guadagnare, non sufficiente il risarcimento de' schiavi. Tuttavia l'aver imparato il prendere li loro legni, con l'uso di velocissimi, li ha reso più umili, e più col volere, che col negozio si stipulano seco loro li trattati. De' Tripolini non si fa conto, perché ristretti in cinque soli vascelli, Tunesini sono della stessa forza, e quando spedirono due ambasciatori per ricuperare un ricco vascello, che fu preso a profitto dal signor di Segnalè furono licenziati senza risposte. Poco riflesso meritano di presente involti in guerre vicine, e fastidiose. Il corso degli Algerini è più infesto, perché possono armare sino 18 vascelli di guerra. Due di loro ambasciatori del 1692, segnarono la pace, perché erano in guerra col re Guglielmo, inchinarono il re Giacomo. L'armata sul Mediterraneo li fece cangiar di genio con riporsi in rottura. Ora con nuova spedizione di due ambasciatori si è convertita in pace, e non si deve esser fuori di sospetto che siano seguiti secreti concerti.
Il re di Marocco lontano e debole per mare, può apportare poco danno. Tredici mal armati legni di Sales, corseggiano, ma per terra la diversione usata contro la Spagna è di conseguenza. Quando s'inviò del 1694, l'ambasciator Santolan fu con pubblicato motivo di cambiar schiavi e di dilatar il commercio, che con tutti questi barbari si coltiva per mezzo dei Consoli nelle scale, che vi danno la mano, ma l'assedio susseguente di Centa fece supporre essere stato il vero, ed il principale d'impegnarlo.
Fatto un lungo giro la penna dalli riguardi del cristianissimo con le potenze più estere dell'Europa, per finire questa imperfetta relazione si deve ridurre alli rispetti, che passano con quelli dell'Italia. A misura della parziatità de' regnanti sopra la Santa Sede sono più o meno confidenti le disposizioni, e che s'alterano anco non solo secondo il cambiamento delle persone, ma delli negozi. Riuscirebbe tedioso all'Eccellentissimo Senato il riandare quanto corse nel periodo di tre Pontefici di gusto, o di disgusto: la virtù sopragrande dell'Eccellentissimo signor cavalier Venier, che mi precedé nell'impiego, n'ha come d'ogni altra cosa reso puntual conto, e li miei imperfetti dispacci continuate le serie di tempo in tempo; pure conviensi dire avere ritrovato le amarezze infiammate nel reciproco maggior bollore quando regnava Innocenzo undecimo. Per una parte con le pretese regalie sopra provincie in ordine all'atto del clero 1673, e coll'esempio della bolla di Clemente nono, che le estese sopra li acquisti, con la contesa sopra le quattro proposizioni dichiarite del 1682, con franchigie fondate sopra il trattato di Pisa, con l'ambasciatore Lavardino armato in Roma per sostenerle, con un nunzio cardinale poco meno che in sequestro. Infine con lo Stato d'Avignone occupato, reso nudo delle sue difese, e con la relegazione di alcuni di quei vescovi. Per l'altra con aver tenute vacanti 44 Chiese, negando le bolle alli vescovi anco non intervenuti nell'assemblea, con ministro non riconosciuto, e con contraria decisione nelle controversie dell'arcivescovo di Colonia. Tutti questi furono li disgusti fomentati da' Spagnuoli, e le offese da reciproca acrimonia, che poco mancò non prorompessero in più aperte dichiarazioni, se non fossero state divertite dalla guerra insorta, che fece cambiar alla Francia di tuono la voce e di atto il procedere. Ma che altrettanto così nel mezzo degl'impegni, che quando si raddolcivano, si ritenne sino allo spirare al Cielo, fermo il Papa nelli suoi decreti, ed imperturbabile al scagliar delle minaccie. Sostituitoli Alessandro ottavo comparve un barlume di mutazioni; si versò in maneggi, e la pronta promozione di Roves lusingò la Francia d'aggiustare il rimanente a proprio modo. Ma la nomina susseguita del signor d'Harlais arcivescovo di Parigi punse fortemente l'animo del Pontefice, che dopo aver conseguito la rinunzia de' quartieri fatta dall'ambasciatore Duca di Chaune e la restituzione d'Avignone, passato il tempo in inutili dibattimenti, cedè a quello del vivere prevenendo l'ultimo punto con la pubblicazione della bolla condannatoria le quattro proposizioni. Dichiarazione più inaspettata non sopravenne alla Francia, che ben conobbe la necessità a quale era ridotta di facilitare la difinizione delle controversie. Onde asceso alla Tiara Innocenzo duodecimo, parte di esso lo furono tra gl'equivoci dell'espressioni, per quali ogn'una delle parti pretende di aver vinto. Rimase però indecisa quella delle regalie, che di principale che fu, divenne accessoria, ed ora senza riflesso. Le grazie, che ha ricevute la Francia da questo Pontefice, così in ordine, che in merito, sono tante, quante ne ha saputo domandare. Vero è che la presente promossa soggezione de' regolari a' vescovi, incontra grandi difficoltà essendo solita essa, quando ne conosce un ben inclinato, a valersi dell'occasione, e superare quanto può, è certo non v'essere principe in Cristianità, che tenga più prerogative indipendenti della Corte di Roma a distinzioni d'alcun altro, e stare in tanta attenzione il parlamento, che squittinia, ed il ministero, che delibera sopra le insorgenze con essa, che non solo si mira al conservarsi quello si possede, ma ad ascendere a grado più lontano da qualunque soggezione. Alcun suddito non può sperar beneficii Ecclesiastici, che dal re, essendo la maggior parte tenuti quelli, che da arcivescovi, vescovi, capitoli, ed abbati si dispensano. Li cardinali nazionali del partito francese sono cinque: Bovillon, Etré, Bonsi, Camus, e Fourbin. Li dichiarati per essa: Fristemberg, e Maidalchini, altri partiti, e voti si uniscono secondo gl'interessi de' conclavi. Desidererebbe la Francia, e me ne mostrò il ministro Croisi, che la Repubblica vi avesse aggiunti li propri. La morte dell'arcivescovo di Parigi ha levato un grande ostacolo alla promozione. La nomina del vescovo d'Orleans prelato di gran merito sostituita, e si fa tutto perché nella prima occasione siano incluse quelle delle Corone, dal che pare il Papa non lontano. Tutto ciò tocca il spirituale, poiché quanto al temporale della potenza del Papa non si fa gran caso e particolarmente quando vecchio; li offici, e non le arti propri di sua incombenza. Si pretenderà sempre aver un freno pronto, ponendo in campo la ricupera di Castro per il duca di Parma, e che la forza domerà la Corte di Roma, tutte le volte, che siano vittoriose le armate. In un trattato di pace quando si avranno ad esaminare punti di religione, si stimerà sempre la sua mediazione, perché la guerra che si maneggia contro tanti principi, tra' quali molti eretici, sola non può aver l'intiero prezzo; unita lo avrà maggiore, e la Francia non è mai discesa a dichiarazione positivamente col Papa. Per quelli d'Italia possono esser più facili, che per l'universale le disposizioni, e l'offerta fatta per la pace di Savoia di renderlo non solo garante con altri principi, ma depositario di piazze, pare ne sia un principio, tuttavia l'età tanto avanzata del Pontefice, l'incertezza del genio del successore, ponno fare grande contrasto. Si eccitano però li suoi officii perché di preciso suo debito genio, ed attemperati al zelo di principe capo in Cristianità, e perché senza altro fine, che del bene in essa. Li accidenti però ponno far mutar le massime ed i consigli.
Il gran duca per li duplicati matrimoni del figlio, e figlia con personaggi alemanni, per la protezione, che ha il cardinale dell'imperatore, e Corona di Spagna, per le ricche rendite ne tira, per la dipendenza da questa con li presidi in Toscana, per li fini di liberarsene una volta, ed infine per quelli di conseguire dalla Corte di Vienna titoli, e trattamenti eguali alli accordati al duca di Savoia, viene creduto nelli interessi delle Case austriache. Ad ogni modo si è quel principe tenuto in tanta prudenza agl'incontri, che non ha dato soggetto di gelosia, e se nel principio della rottura rinnovò la spedizione d'un ministro di tanto interrotta, fosse per tenerlo fermo nella nentralità, e che per quella del porto di Livorno, che fu imputatagli rotta ricevé la Francia l'estraordinaria del cavalier dal Bene, ne sortì però esso dal negoziato con soddisfazione del duca. Ora non passano altri affari, che quelli nascono dall'infestazione del commercio, per quale preme al gran duca la buona corrispondenza che viene reciprocamente coltivata con apparenti dimostrazioni. Li Genovesi v'hanno trionfato in questa guerra più degli altri avendolo per la situazione del paese con occulta facilità, ed anco col favore de' passaporti felicemente progredito. Benché si conosca, che li passati trattamenti li conservino l'animo velenato, che il possesso privato di tante terre nel regno di Napoli, di capitali, e dilatato negozio nelle Spagne, e nell'Indie rendino quel governo più inclinato a questa Corona, ad ogni modo per li riguardi, ch'hanno di conservarsi la navigazione per le prove date d'intimidita rassegnazione con l'umiliazione del loro capo in persona, per il poco fondo ritrovato negl'altrui appoggi, per il vigore della forza pronta, e vicina della Corona non si fa molto caso di quella Potenza, e se con alcun degrado di altura di presente seco loro si tratta, si deve attribuirlo alla congiuntura presente, benché oltre li accidenti assai frequenti di prese di loro nazione non sono insorti altri motivi d'indolenze o dispiaceri.
Non si rappresenterà convenienza per la Francia, che il duca di Parma non la secondi, lo comprovò il punto concesso del palazzo Farnese a Roma quando fu spedito Lavardino, e se per la minacciata restituzione di Castro non seppe risolversi al prestar assensi, non ebbe cuore tampoco al negarli. Dopo il matrimonio replicato con la principessa Palatina, strettosi in parentela con Cesare, e col re di Spagna, rimessa quella libertà, che la Francia si era posta in testa di giugulare a principi Italiani, soprasterebbe un veicolo di dipendenza di quella Casa, se il confine del suo stato con quello di Milano, e li molti negozi, ch'insorgono con governatori, non facessero passar più argomenti di differenze, ed alienazione.
Benché il principe Cesare inasprito per le cose sofferte, e che col dominio della volontà del passato duca di Modena dirigeva assolutamente le cose, pareva nascondesse sentimenti di poca inclinazione alla Francia; ad ogni modo il ricovero della regina d'Inghilterra sorella del duca, li appoggi, e soccorsi lo attiravano intieramente rassegnato. Ora cambiato quello stato di principe per la dimessa Porpora del cardinal successore, come s'è egli sempre esperimentato più aperto, e sinceramente portato alle compiacenze della Corona, così è da credersi si tenirà costante, e che il nuovo matrimonio con la principessa di Annover non sia per alterarli li suoi antichi dipendenti sentimenti.
Il sacrificio dei Stati, che fece Mantova all'oro de' francesi, aveva unito anco quello dell'arbitrio. La vendita di Casale, le fortificazioni erette in Guastalla, furono conseguenze pubblicate d'un prezzo rilevante, inferiore però alla sua poca economia, e l'annue pensioni sebbene recentemente mal pagate; mezzi al tenere il duca sommesso, acquisti reputati con mire tendenti all'imbrigliar li principi d'Italia, al facilitarsi quello dello Stato di Milano, nel caso fosse per oscir dal dominio spagnolo, e del Monferrato, che per li diritti di femmine deve passar nella Casa di Lorena dopo la morte del duca. Ha però egli con spedizione de' ministri, con arti apparenti, e con stessi suoi viaggi voluto sincerare delle proprie intenzioni e passi, la Corte di Vienna, che non ostante fu sospettato ingannevole nel negoziare, e doppio nell'apparenze, ma voltatasi la faccia delle cose in Italia è stato costretto a commutare il predominio, che lascia in dubbio, qual delli due fosse più grave, se quello che li aveva posto la Francia con la forza dell'oro, e con l'arte de' negoziati alla sovranità d'un principe libero, togliendoli parte de' Stati; o quello che sotto colore d'assicurarsi della sua volontà, e porre in quiete l'Italia, li ha applicato la Casa d'Austria con la forza delle minaccie, anzi del ferro, avendolo imperiosamente violentato a licenziare il ministro francese all'allontanare li sospetti dal suo Consiglio, e dichiarazioni contro propri sudditi, arbitri presi in seguito della demolizione di Guastalla, investita in B. Vincenzo Gonzaga, e precedenti a quella di Casale, che ad un esercito superiore fu per minor male sottoscritta, e vantata come perfezione di opera alla redenzione della Provincia. In queste angustie di Stato ridotto il duca, non li rimane più di libero senza esporsi all'ultime rovine ha quanto poter agire a piacere della Francia, la quale persuasa del genio rassegnato, che conserva, ma che non potendo da sé cambiar la mala sua presente sorte, convenghi per necessità soffrire e tacere.
In generale la Francia osserva con gelosia, ed esagera con vigore li vasti disegni di Cesare, l'autorità, il credito, che va sempre più stabilendo con armate poderose in Italia, con imponer giogo a principi, e col succhiare il sangue più sostanziale de' loro Stati. Di tutto ciò ne fece l'eco la voce di Rebenach con la rappresentanza de' loro mali, del pericolo de' maggiori, della rovina, in che si pongono dando le loro forze, perché contribuissero alla propria distruzione, della necessità di svegliarsi dal letargo, esimersi dall'oppressione, pensare alla sovranità, ed infine insinuandoli, che non dassero quartieri d'inverno o sussidi, e con offerte di soccorsi, non con altro oggetto, che di contribuir alla loro pace, tranquillità, e sicurezza. Furono a questi uffici, ed insinuazioni, generali le risposte, niuno poté o volse impegnarsi, forte incerto alcuno, se li esibiti soccorsi, sebbene palliati dal manto di sollevar l'Italia dal peso, introdotti, che fossero, l'avessero maggiormente gravata. Ad ogni modo volle far vedere la Francia, che tutti li principi sarebbero stati pronti ogni volta che la Repubblica ne avesse dato l'esempio, e come la prima, e la più forte potenza della Provincia si fosse dichiarata d'impegnare lo scudo della sua libertà. Fu opinione assai universale, che la suddetta spedizione non fosse veramente con speranza di muoverli, né di unirli, ben conoscendo, che anco dal primo nascere in alcuno sarebbe rimasto primo oppresso, che dichiarito, perché la propria debolezza separatamente non s'avrebbe risolto, che per la poca unione, ed intelligenza, non sarebbe stato facile la riuscita d'una lega, che le forze dei francesi sarebbero state tarde, che il paese esposto al soffrire molto più, e che in fine era meglio tollerare la presente oppressa condizione, in parallelo di tanti dubbi, e pericoli, ma che l'oggetto principale fosse di tenerli con la contra-posizione de' offici, costanti nella neutralità, e per divertire le temute dichiarazioni d'alcuno, che non avesse potuto resistere alli pensieri, che suole suggerire il più forte la felicità del vincere.
Può essere, che con la stessa massima, e per dileguare le ombre, Cesare tentasse d'estendere l'unione, che teneva con la Repubblica contro il Turco, ad altra con gl'alleati che la dichiarò nelle offerte della pace con Savoia depositaria di piazze, ed in quella coll'Impero arbitra delle controverse riunioni delle Camere. Quello è certo che avrebbe più piaciuto alla Francia, che la Repubblica si fosse riscaldata con li uffici nel tempo delle differenze con la Santa Sede nel quale si tenne in silenzio, che all'insinuazioni di Rebenach si fosse mossa, ed avesse risolto con quelle antiche forti massime, che si professa esigere la premura delle cose sbilanciate, e quasi parzializzando essa per l'interesse d'un principe alleato li complisce, ed avesse caro con l'uscita de' francesi dall'Italia, e che con la continuazione della guerra divenissero più deboli.
Né fu anco dedotto il supposto della situazione de' rispetti contrari, mentre giova alla Francia, che la lega si disunisca, che s'avanzino le prosperità del Turco, che il commercio sia inquietato per compiacerli quando è necessario ed utile alla Repubblica, che l'armi così de' confederati, che proprie trionfino, che l'unione si mantenghi costante, che il Turco s'indebolisca, e che il suo commercio sia sicuro, e libero, per tirare gli aiuti valevoli al sostenere la guerra.
Così sebbene passa tra queste due Potenze direttamente l'amicizia, che si coltiva con le più desiderabili apparenze, transversalmente sono sì opposti li loro riguardi ed interessi, che hanno resa al ministro Veneto in quella Corte, e renderanno durante la guerra, la congiuntura delicatissima, li negozi arduissimi tra un involucro di scrupolosissime sottigliezze.
Con tutto ciò si lasciò persuadere quel ministro dal fatto, e ragioni, che le convenienze della Repubblica non potevano permettere d'ingelosire li suoi alleati, che era equità il non abbandonare una guerra di religione per entrare in altra, che affligge la Cristianità. Che per li desideri pubblicati per la pace la prudente indifferenza, in che s'è contenuta, è quella stessa che fu sempre di reggersi con massime religiose, e giuste, e con decreti, ne' quali il politico non prende alcuna parte quando si tratta del retto, e del cristiano.
Così si è prestato aggradimento alli insinuati uffici, s'è profferta stima d'assensioni alla mediazione, ed in un certo modo si confessa, che l'ulivo della pace ha da essere portato dalla bocca della Repubblica. Con ciò confirmandosi, che le linee del cuore della Francia non sono traviate da quell'antico centro, ch'è stato sempre inviscerato, e medesimato in corrispondenza, in affetto, ed in confidenza con quello della Repubblica. Dichiarazione non è emanata dalla Corte Austriaca agl'uffici passati da ministri Veneti, forse più caro ad essa, e creduto proficuo il passar per il canal della Svezia, che per quello d'un principe con quale si stringono tanti vincoli d'unione, o per darli in mano un maneggio di Cristianità in contrapunto di quello con il Turco, del quale vuole Cesare esserne l'arbitro e dispositore.
Che se questa dichiarata disposizione, e prontezza della Francia è fondata sopra il zelo della Repubblica, sopra il concetto di sua prudentissima direzione sapienza, e giustizia, derivata anco dalli riflessi della gloriosa, possente resistenza sostenuta col più formidabile barbaro Impero dell'universo, del splendor di tanti trionfi, e del polso invigorito de' vasti acquisti, che forse in altro tempo si sarebbero rimirati con sguardo di gelosia, se non si credesse ch'all'occasione potessero fornire al contraporsi all'aggrandimento, così dilatato di Cesare, ed alli pensieri, che meditasse di valersene. Ma è probabile, che questa disposizione continui, perché se la sorte dell'armi decidesse l'acquisto di Pinerolo agl'alleati, crede la Francia sia interesse de' principi Italiani, che se gli restituisca perché non preponderi con dominio assoluto il contrario partito, ed è di onore alla Repubblica, per esser quella, che col suo ministro manipulò il trattato di Munster, che conferma precedente della sua cessione.
In tal sì ben disposto sistema lasciai il ministero, ch'è sicuro, che la mirabile desterità, il sublime talento, la consumata esperienza dell'Eccellentissimo Erizzo successore, contribuiranno a sempre più consolidarlo, ed a nutrire, perché creschi il mondo Cristianissimo, quel parto, che nel mio tempo solo nato comparve, che s'ha esatto il merito incomparabile della patria, ed al quale ha dato sembianza il buon genio di quel Monarca. Come risuonano li applausi del di lui impiego, dalla voce degl'encomi universali, così non ha bisogno, che si lasci sentire quella sarebbe ineguale alla giustizia, ed al dovere.
Il re con benignità sopragrande m'ha sempre amesso, ed ascoltato, con obbligantissima soavità, risposto con sensi di stima alla rappresentanza, frequentemente, e con lode alla Repubblica, tratti di suo particolar genio, di virtuoso abito, e di perfetto naturale.
Come le discussioni de' negozi passano per il più per le mani de' ministri, non è meraviglia, se per li riflessi dell'interesse degenerano alcune volte con corruzione delle prime inclinazioni. Se il naturale del ministro, con che si deve trattare sovente appariva poco inclinato alle instanze, giovava al servizio valersi del frutto dell'attenzione prestata al coltivare quello degl'altri più possenti e favorevoli, e posso dire, che questa via vi ha mirabilmente contribuito, peraltro sarebbero rimaste inofficiose le richieste, o sinistramente corrisposte.
Per coltivarlo non ho mancato alle mie parti impiegan- do li mezzi convenienti ed idonei per acquistar confidenze e amici, e penetrar nel più secreto delle massime de' consigli, e nel più vero de' successi. Posso dire con grande fortuna, più che per alcun attributo, nel trattare essere in tanti negozi prevalso l'esito di pubblica approvazione, nonostante li obici portati alcune volte dall'intrinseco loro non poco dalle persone, molto dalla natura de' tempi, ed a generoso compatimento, di che appariscono per testimoni tanti registri dell'Eccellentissimo Senato.
La comparsa alla Corte dell'illustrissimo signor Alvise Tiepolo fu dell'Eccellentissimo signor Francesco, dopo essersi erudito in quella di Torino se con generosità di trattamento diede splendore alla rappresentanza, che ho procurato con il maggior decoro sostenere, ha saputo con la sua virtù, ed attrattiva far spiccar il merito suo singolare, e far applaudire le riguardevoli doti, delle quali è guarnito.
A cumulo de' passati considerabili servigi, che ha prestato nelle ambasciate dell'Eccellentissimo signor Contarini a Parigi, e a Vienna, Giacomo Colombo in qualità di secretario si è umiliato con prontezza alle disposizioni sovrane anco per il tempo del mio impiego. Come acquistò tanto grado di merito in essi, così non devo rappresentare il peso di questo, quando con la quarta attuale rassegnazione sotto l'Eccellentissimo signor cavalier Ruzzini si può ben argomentare, che li oggetti suoi sono portati all'inoltrarsi nella pubblica considerazione, non devo tuttavia omettere a di lui giustizia, e dovuta lode, che le parti di assiduità, modestia, e prontezza al servizio sono state tali, che di più non si poteva desiderare, onde meritano gli effetti della real beneficenza dell'Eccellentissimo Senato.
Non posso abbastanza esaltare il servizio di Gio: Francesco Vincenti, che in qualità di coadiutore ha intieramente adempito con l'uso di fedeltà religiosa, di zelo sviscerato, di attenzione vigilante, di volontà rassegnata, di puntualità diligente, e per il tempo del bisogno supplito allo scrivere, ed alli numeri tutti dell'impiego, parti ereditate dal benemerito suo padre e maggiori, e da esso per li vantaggi del suo principe, per la gloria di sua persona con il più fino onore praticato. So di non ingannarmi se, documentato dall'esperienza, avanzo all'Eccellentissimo Senato la sicurezza, che sarà per riuscire del suo real ottimo servizio tutte le volte, che saranno applicati questi savissimi di lui maturi talenti, ed il concorso d'alcuna gratitudine sarebbe una giustizia di ricompensa al loro purgato prestato sacrifizio.
Rimane, Serenissimo Principe, Eccellentissimi Signori, di parlare, di chi sopra di tutto dovrei tacere, perché più il silenzio abbi ad autorizzare il timore, con che ho intrapreso questo gravissimo impiego, che perché la lingua osi inscusar le debolezze, con quali l'ho sostenuto. Ben lo conobbi subito che il sovrano volere me lo conferì. Poiché fui atterrito dalla presenza di sì rilevato posto, confuso dalla mole che mi sovrastava, intimorito dall'inferiorità de' scarsissimi talenti, ed angustiato dentro l'ambito di ristrettissime fortune, che da recenti aggravi per il reggimento del fratello a Bergamo da percosse de' matrimoni s'erano tanto indebolite. Con tutto ciò l'esempio del sacrificio successivo de' miei maggiori aquietò l'agitazione di questi violenti movimenti; presi coraggio, intrapresi l'ubbidienza, ed impiegai quanto seppi e potei con vigilanza, applicazione, zelo, e passione per il servizio della Patria. Il cuore generoso dell'Eccellentissimo Senato con l'espressioni che vivono di compatimento coprì gli errori del fiacco servire, né poté applicare conforto più soave, e possente alli pungenti rimproveri, che mi dava il rimorso di conosciute debolezze. Ma nelle misure concertate per passare il prescritto corso d'un triennio, fallirono le disposizioni del raddoppiato intiero sino a sei anni, causate da altrettante rifiute che elezioni di otto riguardevoli soggetti ogn'uno migliore di me nell'abilità, e più abbondante di mezzi. Così convenni rinnovar più volte le livree, scuderia, ed in aggiunta alli giornalieri dispendi per il decoro della rappresentanza, mi accaderono quegl'incontri, che il calcolo non seppe prevedere, con che divenni tanto più sbilanciato, poiché dovei supplire a più effettivi lutti, a tre dispensiosissimi viaggi in Fiandra, ed in due d'essi ad accampamenti d'assedi, all'occasione di due pompose nozze dei principi reali, e perché tutti li accidenti attivi del profondere mi giungessero alla calamità della carestia, che finì di divorarmi le sostanze, suffragò infine la carità dell'Eccellentissimo Senato animando li successori cittadini con accrescimento di mensuale stipendio, al sollevarmi dell'oppressione, e diede ad intendere, che vuole tirare quanto è possibile. Dopo congedato da Sua Maestà volle farmi presentare per mano degl'introduttori, con il consueto contrassegno di generosità, il suo reale ritratto gioiellato di diamanti, unito a catena d'oro con la propria medaglia. Sottopongo questo dono all'arbitrio assoluto della dispositrice mano del Principe, dalla di cui grandezza dipende non come seconda, ma prima beneficenza a ristoro de' miei pressantissimi bisogni.