INDICE
De' capiversi delle presenti Rime, e de' loro Autori
Aci Delpusiano
Il suddetto è il nome che porta in Arcadia il Sig. Dottore Eustachio Manfredi, Bolognese, Pastore Arcade della Colonia del Reno, e già uno de' Colleghi nella Generale Adunanza di Roma, Accademico della Crusca, e Professor pubblico di Matematica nell'Università della sua Patria; e come tale soprantende all'Acque del Bolognese.
Amor, mira costei con qual disdegno <pag.> 6
Benché non belva in antro, e non fra l'erba <pag.> 14
Ben ha di doppio acciar tempre possenti <pag.> .
Come se dal bel nido almo, natio <pag.> 16
Dietro la scorta de' tuoi chiari passi <pag.> 16
Dov'è quella famosa, alta, superba <pag.> 1
Donna, ne gli occhi vostri <pag.> 21
Eccelsa Donna, or che al principio nostro <pag.> 9
E tu pur fremi, e tu pur gonfj e spumi <pag.> 11
Il primo albor non appariva ancora <pag.> 15
Io veggio, io veggio il Cielo: ecco il bel chiostro <pag.> 5
L'augusto Ponte, a cui fremendo il piede <pag.> 2
Le Ninfe, che pe i colli e le foreste <pag.> 9
Non templi od archi, e non figure o segni <pag.> 6
O fiume, o dell'erbose, alme, feconde <pag.> 11
O Ronco, ed o del Ronco in sulla riva <pag.> 15
Or piangi orba e dolente in negra vesta <pag.> 12
O Verginella umile <pag.> 18
Perché t'affliggi, e ti disciogli in pianto <pag.> 12
Poiché cinger costei d'aspre ritorte <pag.> .
Poiché di morte in preda avrem lasciate <pag.> 5
Pur con quest'occhi alfin visto ho l'altero <pag.> 3
Qual feroce Leon, che assalit'abbia <pag.> 10
Quest'ampio Foro, ove da lieti, ardenti <pag.> 17
Sacro, felice, avventuroso altero <pag.> 4
Se la Donna infedel, che il folle vanto <pag.> 7
Sgombra, Ninfa gentile (a che contendi <pag.> 17
Sì dunque, e gli angui, e le feroci attorte <pag.> 13
Stanco oramai della fatal vendetta <pag.> 7
Superbe navi, che i tranquilli e lenti <pag.> 2
Tal da' Romulei rostri, o innanzi al trono <pag.> 18
Tal forse era in sembianza il Garzon fero <pag.> 13
Titiro, tu di largo faggio al rezzo <pag.> 25
Vegliar le notti, e or l'una, or l'altra sponda <pag.> 14
Vergini, che pensose a lenti passi <pag.> 10
Vidi l'Italia col crin sparso, incolto <pag.> 3
Voi pure orridi monti, e voi petrose <pag.> 4
Aglauro Cidonia
Porta questo nome in Arcadia la Signora Faustina Maratti Zappi, Romana, figlia del celebre Cavaliere Carlo Maratti, e consorte dell'eruditissimo Avvocato Gio. Batista Zappi.
Ahi, ben mel disse in sua favella il core <pag.> 33
Ahi che si turba, ahi che s'innalza, e cresce <pag.> 42
Ah rio velen delle create cose <pag.> 39
All'Invidia in occasione d'una predica del P. Dolera.
Allor che oppressa dal gravoso incarco <pag.> 42
Amato Figlio, or che la dolce vista <pag.> 36
In morte di Rinaldo suo figlio.
Bacio l'arco e lo strale, e bacio il nodo <pag.> 30
Bosco caliginoso, orrido, e cieco <pag.> 37
Cadder preda di morte, e in pena ria <pag.> 36
"Che? non credevi forse, Anima schiva <pag.> 28
Chi veder vuol come ferisca Amore <pag.> 30
Dappoi che il mio bel Sol s'è fatto duce <pag.> 32
Dolce sollievo delle umane cure <pag.> 31
Donna, che tanto al mio bel Sol piacesti <pag.> 34
Dov'è, dolce mio caro amato Figlio <pag.> 35
Per la mortale infermità di Rinaldo suo figlio.
Fra cento d'alto sangue illustri e conte <pag.> 39
Per la Principessa Donna Teresa Grillo Panfilj.
Invido Sol, che riconduci a noi <pag.> 32
Io mi credea la debil Navicella <pag.> 28
Io porto, ahimè, trafitto il manco lato <pag.> 29
Muse, poiché il mio Sol gode, e desia <pag.> 33
Non so per qual ria sorte o qual mio danno <pag.> 29
Ombrose valli e solitarj orrori <pag.> 34
Ovunque il passo volgo o il guardo io giro <pag.> 35
Per non veder del Vincitor la sorte <pag.> 41
Porzia.
Poi che narrò la mal sofferta offesa <pag.> 41
Lucrezia.
Prese per vendicar l'onta e l'esiglio <pag.> 40
Vetturia
Questa, che in bianco ammanto e in bianco velo <pag.> 40
Tuzia.
Questo è il faggio, o Amarilli, e questo è il rio <pag.> 31
"Scrivi", mi dice un valoroso sdegno <pag.> 38
Se è ver che a un cenno del crudel Caronte <pag.> 37
Se mai de gli anni in un col corso andranno <pag.> 38
Citisso Bleninio
Porta questo nome in Arcadia Monsignor Iacopo Sardini Lucchese, Avvocato Concistoriale, e Votante della Segnatura di Giustizia.
Amor, che a voglia sua regge e governa <pag.> 43
Amor, tu piangi, e la faretra e l'arco <pag.> 46
A tuo dispetto, Amor, l'aspra catena <pag.> 47
Che cosa è quel pensier, che meco ho sempre <pag.> 45
Chi fuor d'un mar pien di tempeste in porto <pag.> 50
Coll'arco teso Amor femmisi avanti <pag.> 43
Come di fiore in fiore Ape ingegnosa <pag.> 48
Desio qualor d'alma virtù sull'erto <pag.> 51
Al Signor Canonico Gio. Mario Crescimbeni, Custode d'Arcadia.
Di bosco in bosco io vo sovente errando <pag.> 45
Dimando al pensier mio come s'intenda <pag.> 49
Dissi ad Amor, che tutto lieto io vidi <pag.> 52
Per le nozze di D. Artemisia Colonna, Principessa di Carbognano, con D. Vincenzo Tuttavilla, Duca di Calabrito e S. Germano.
Già dieci lustri ho di mia vita scorsi <pag.> 51
Godo, Andreozzi, anch'Io le Pecorelle <pag.> 50
Al Sig. Pietro Andreozzi, degnissimo Dottore nelle leggi, e Curiale di Collegio in Roma, detto tra gli Arcadi Bandalio Fezzeo.
La festosa Lodoletta <pag.> 52
La tua leggiadra Colonnese, e saggia <pag.> 46
Olmi, faggi, ed abeti, e lauri, e pini <pag.> 47
Porgi a me quella tua Lira <pag.> 53
Poiché d'Idalba, Amor, chiedi ch'io scriva <pag.> 44
Scuote sua face Aletto, e le faville <pag.> 49
Per la Santità di N.S. Papa CLEMENTE XI.
Sento improvvisa in mezzo al cor discesa <pag.> 48
Sovra un'alta colonna io vidi assisa <pag.> 44
Clidemo Trivio
Sotto tal nome si cela in Arcadia il Signor Cesare Bigolotti da Reggio di Lombardia, dimorante in Roma, e più volte Collega della Ragunanza degli Arcadi.
Ahimè, ch'io sento sbigottito e smorto <pag.> 69
In morte del Cardinal di Tournon, detto in Arcadia Idalgo.
Allor che l'increato eterno Amore <pag.> 67
Al Sig. Giuseppe Ghezzi, celebre Pittore, pel quadro della venuta dello Spirito Santo, dipinto per la Chiesa de' Napolitani.
Allor che pien d'un vivo immenso ardore <pag.> 58
Per la renitenza di N.S. Papa CLEMENTE XI d'accettare il Pontificato.
Alto Signor, che glorioso al Mondo <pag.> 59
Per l'anniversario dell'assunzione al Pontificato di N.S. Papa CLEMENTE XI, nel quale la Santità sua destinò la Missione alla Cina e ne' Regni Orientali.
Canta, e lieto il Nocchier prende diletto <pag.> 58
Rende ragione, perché non vuol cantar cose amorose.
Del magnanimo Re, che col consiglio <pag.> 60
Per la dimora del Principe Alessandro Subieschi di Pollonia in Roma appresso la Regina sua Madre. Sonetto stamp. nella Bellezza della Poesia del Crescimbeni.
Ecco la Mole, il cui gran piede ingombra <pag.> 63
Per la Mole Adriana, già sepolcro de' Cesari, ora ridotta in fortezza, e detta Castel Sant'Angelo, ove si conservano l'Archivio e le suppellettili preziose della Santa Sede. Sonetto stamp. nella suddetta Bellezza della Poesia.
Idalgo, andrai là, dove al Sol nascente <pag.> 66
Nel separarsi per cagione d'indisposizione l'Autore nell'acque di Tarragona da Monsignor di Tournon, Patriarca d'Antiochia, detto tra gli Arcadi Idalgo, a cui era destinato compagno nel viaggio della Cina l'anno 1702.
Italia, Italia, l'Ottoman s'avanza <pag.> 70
Per il Santissimo Natale, celebrato dagli Arcadi nella Cancelleria Apostolica l'anno 1716 a' 6 di Gennaio.
Licida mio, sai tu con qual vigore <pag.> 65
Al Sig. Malatesta Strinati, Letterato ornatissimo, detto in Arcadia Licida, e molto Amico dell'Autore.
Mentre Voi di Minerva e di Bellona <pag.> 66
Per le nozze del Sig. Co. Ercole Aldrovandi e della Sig. Co. Clarice Borgogelli.
Pellegrin, che dal freddo, o dall'adusto <pag.> 61
Per l'Accademia di Pittura, Scultura, e Architettura, eretta in Campidoglio sotto gli auspicj della Santità di N.S. Papa CLEMENTE XI, nella quale l'Autore, tornato in Roma, ebbe ordine di recitare con altri Accademici, a' quali era vietato il lodare scopertamente sua Santità.
Per le dome Provincie e i vinti Regi <pag.> 61
Pel Serenissimo Gio. Antonio Giustiniano, eletto Doge di Genova.
"Poiché strazio crudel colmi di sdegno <pag.> 62
Promosse le belle Arti dalla Clemenza di chi regna, Roma così parla.
Pur ti risvegli, Italia, al suon guerriero <pag.> 63
All'Italia nelle presenti guerre.
Qual nell'autunno condensato in gelo <pag.> 69
In morte dell'Eccellentissimo Signor D. Orazio Albani, Fratello di N.S..
Quando a tergo mi volgo, e il guardo giro <pag.> 65
Quel dì, che in vesta sanguinosa e bruna <pag.> 68
In morte del Maggior Riviera, seguita combattendo in difesa della Sede Apostolica
Quel dolce Strale, onde piagar solea <pag.> 67
Per un'Accademia per la SS. Vergine Annunziata, fatta in Cancelleria Apostolica dall'Eminentissimo Ottoboni.
Qui dove or dall'Oronte, or dall'Ibero <pag.> 62
Per l'Accademia di Campidoglio.
Signor, quel giorno, che dal Ciel Germano <pag.> 60
Per la Ragunanza tenuta dagli Arcadi in occasione che sua Santità promosse alla Sacra Porpora l'Eminentiss. Sig. Cardinale Annibale Albani, suo Nipote, richiamandolo di Germania, dopo aver aggiustate le differenze con quella Corte.
Stanco di più dolermi della speme <pag.> 64
Vedovo orror, che fosti al bel soggiorno <pag.> 68
Mentre l'Autore visitò la Spelonca di Marsiglia di S. Maria Maddalena.
Veggio l'iniqua Frode e il cieco Inganno <pag.> 64
Collo scudo dell'innocenza ribatte i colpi della maledicenza.
Un non so che sento, che l'alma invoglia <pag.> 59
Per li Giuochi Olimpici celebrati in Arcadia l'anno 1701 in onore del Regnante Sommo Pontefice, de' quali uno era intitolato Le Trasformazioni. L'Autore desidera di trasformarsi in Ape, e allude al pianger che fece la Santità Sua nell'assunzione al Papato.
Coralbo Aseo
Porta questo nome in Arcadia il Sig. Abate Pompeo Rinaldi, Romano, più volte Collega in tale Adunanza. Vive egli in Roma all'attual servigio di sua Santità.
A Febo un dì chiedei <pag.> 92
Democrito ed Eraclito.
A generose prove <pag.> .2
Per la nascita del Principe di Savoia, celebrata in Arcadia l'anno 1699 a' 2 d'Agosto. Introduzione ad una Corona Poetica.
Io delle Muse amico <pag.> 75
Muse, in sì fausto giorno <pag.> 72
Per la ricuperata salute di N.S. Papa CLEMENTE XI
Non perch'io già scagliassi al tuo Natale <pag.> .5
Canzone 2 per la nascita del Principe di Savoia.
O amabil Clio, c'hai sulla cetra impero <pag.> 101
Canzone, in cui lodansi le pitture sacre del Sig. Giuseppe Ghezzi, esposte nella Chiesa della Vallicella di Roma, ed in quattro distinti quadri rappresentanti la Creazione dell'Uomo, il Giudizio finale, Santa Maria Maddalena penitente, e Rebecca col Servo d'Abramo.
Oggi, Pierie Dive <pag.> 96
Catone Uticense.
Or che alla Cetra io torno <pag.> 79
Per li Vincitori de' Giuochi Olimpici nell'Olimpiade DCXXI, cioè l'anno 1705. L'Oracolo il fece Cleandro Elideo Acclamato, cioè l'Eccellentissimo Sig. D. Carlo Albani, Nipote di N.S. Papa CLEMENTE XI
Poiché a ber su questo lito <pag.> 114
Risposta ad un brindisi d'Alfesibeo Cario, Sig. Canonico Gio. Mario Crescimbeni, impresso nella seconda edizione delle sue Rime. Lamino nominatovi è Gio. Michele Milani, Romano, chiaro Letterato e Maestro dell'Autore, che morì nel 1689.
Se da que' gravi affanni <pag.> .7
Tempra omai l'eburnea Lira <pag.> 105
Introduzione a' Giuochi Olimpici celebrati in Arcadia nell'Olimpiade DCXX, cioè l'anno 1701.
Elagildo Leuconio
Il Sig. Abate Marc'Antonio Lavaiana, Focense, oriundo Romano, uno de' Colleghi d'Arcadia nel presente anno, e Accademico Intronato. Si trattiene egli in Roma appresso l'Eminentiss. Fabbroni in qualità di suo Aiutante di studio d'onore.
Amai, poiché ragion conobbi, ed amo <pag.> 129
Anima augusta, ch'i begli occhi apristi <pag.> 121
In morte del Sig. Prencipe Ferdinando di Toscana.
Bella, leggiadra, e, qual credeami, onesta <pag.> 119
Colse Filli una rosa; io di lontano <pag.> 126
Furia, che all'altrui danno, e tuo sei nata <pag.> 125
Io diceva al pensiero un dì, che fiso <pag.> 124
Io vorrei da te lungi, e dagli alteri <pag.> 120
I' vo' tornare alla prigione antica <pag.> 123
Nel dolce tempo dell'età fiorita <pag.> 125
Occhi, che per usanza sol piangete <pag.> 122
O di erbette novelle, e vaghi fiori <pag.> 120
O felici Campagne, in cui l'antica <pag.> 141
Selva in lode dell'Eminentiss. Fabbroni, composta dall'Autore nella villeggiatura di Frascati l'anno 1713.
O miei pensieri, se poneste mente <pag.> 118
O nave, nave, che per l'alto Mare <pag.> 123
Ovunque io volga i passi, o gli occhi giri <pag.> 121
Padre del Ciel, che val ch'io gridi e piagna <pag.> 127
Quale avrò forza e quale avrò consiglio <pag.> 124
Qual feroce Leone, a cui nel fianco <pag.> 119
Se è ver che l'Uom dalla natia sua stella <pag.> 122
Se mi tornano a mente i sospir' vani <pag.> 126
Spirto gentil, che al primo onor salisti <pag.> 135
Canzone pel Serenissimo Gio. Antonio Giustiniani,
eletto Doge di Genova l'anno 1714.
Talor s'innalza dal terreno limo <pag.> 133
Verdi mirti ed allori <pag.> 127
Euganio Libade
Il presente nome portava in Arcadia il Sig. Benedetto Menzini Fiorentino, Canonico di S. Angelo in Pescheria, e Accademico della Crusca, il quale morì a' 7 di Settembre l'anno 1704, e la sua vita si legge nel Tomo I di quelle degli Arcadi Illustri.
Altri la Rosa <pag.> 161
A me d'intorno <pag.> 155
Ancor dal sacro ed onorato busto <pag.> 175
Canzone recitata quando in Arcadia si stabilirono e promulgarono le leggi di quell'Adunanza: il che addivenne a' 20 di Maggio l'anno 1696 nel Giardino Farnese.
Aure lievi odorate <pag.> 165
Belle figlie d'Anfitrite <pag.> 168
Dianzi io piantai un ramuscel d'Alloro <pag.> 153
Di nuovo io torno a questa cetra d'oro <pag.> 169
Canzone per il Sommo Pontefice CLEMENTE XI, composta l'anno 1701.
Disse un dì la Pittura: "Alzarsi a tanto <pag.> 150
Pittura e Poesia. Son. recitato in Campidoglio nel 1704.
Due nate al dilettar chiare Sorelle <pag.> 150
Pittura e Poesia. Son. recitato nell'Accademia di Campidoglio l'anno 1704.
Giove, che d'alto ogni tesor diffondi <pag.> 178
Per li Vincitori ne' Giuochi Olimpici d'Arcadia nell'Olimpiade DCXX, cioè l'anno 1701.
Giù deposta la faretra <pag.> 163
"Io, che le genti dissipate e sparte <pag.> 149
Sopra l'Architettura. Son. letto in Campidoglio nel 1703.
L'alte pareti, e 'l destro lato, e 'l manco <pag.> 148
Pittura, Scultura, e Architettura. Son. recitato dall'Autore nell'Accademia del Disegno la prima volta che dalla Santità di N.S. Papa CLEMENTE XI fu aperta in Campidoglio, che fu l'anno 1702.
L'antica Scuola, che Parnaso aperse <pag.> 149
Sonetto sopra la Scultura letto in Campidoglio l'anno 1703.
"Mentr'io dormia sotto quell'elce ombrosa <pag.> 152
Molti son, che deludono <pag.> 158
Non mai più giusta dall'afflitte genti <pag.> 173
Canzone per la ricuperata salute d'Innocenzo XII l'anno 1699.
Odia Alcippo le greggi, odia gli armenti <pag.> 153
O folle Nume, occhibendato Arciero <pag.> 180
Ditirambo letto in una delle Ragunanze d'Arcadia.
O voi, che Amor schernite <pag.> 161
Per più d'un angue al fero teschio attorto <pag.> 147
Pianger vid'io <pag.> 156
Quando Amor per suo diletto <pag.> 154
Quante ha quell'olmo foglie <pag.> 164
Quel Capro maladetto ha preso in uso <pag.> 151
"Questo bel vaso all'arte, all'ornamento <pag.> 151
Qui giace il Tasso: ah non ti sembri angusto <pag.> 187
Elegia al Sepolcro e Immagine di Torquato Tasso.
Saggio Pittor cortese <pag.> 158
Sento in quel fondo gracidar la Rana <pag.> 152
Senza il fuoco d'Amor nulla è giocondo <pag.> 184
Elegia ad un suo amico, e parla degli effetti d'Amore, cui desidera celebrare ne' suoi versi.
Tolse all'Aurora i suoi purpurei fiori <pag.> 148
Questo Sonetto sopra la Pittura con altri due Sonetti, che si accennano a' suoi luoghi, lo lesse l'Autore nell'Accademia di Campidoglio l'anno 1703.
Tomba del gran Sincero. Almi Pastori <pag.> 154
Va intorno il grido <pag.> 166
Eurindo Olimpiaco
Tal nome porta in Arcadia il Signore Avvocato Francesco Maria Gasparri, Romano, Lettor di Legge nella Sapienza e nel Seminario Romano, Auditore dell'Eminentissimo Signor Cardinale Annibale Albani, Accademico Assordito ed Apatista, e più volte Collega in Arcadia.
Aura di libertà spira al Giordano <pag.> 192
Sonetto col primo e ultimo verso obbligati, inserito in una Corona pel Serenissimo Lorenzo Centurione, eletto Doge della Repubblica di Genova quest'anno 1716.
Chi vuol veder quantunque arte ed ingegno <pag.> 190
Recitato nell'Accademia di Campidoglio nel 1711.
Due nate a trionfar chiare Sorelle <pag.> 191
Per la Monacazione di due Signore di Casa Rocchetti, Sorelle, che fanno per impresa una Rocca.
Forse ch'è giunto il desiato fine <pag.> 191
Per la presente guerra contra il Turco, e per la nascita di Leopoldo Arciduca d'Austria, Figlio dell'Augustissimo Imperadore Carlo VI. Sonetto recitato ed impresso nell'Accademia di Campidoglio quest'anno 1716.
I gran' nomi a pianger usa <pag.> 199
Canzonetta detta in Arcadia nell'Adunanza che vi fu tenuta in morte di Don Orazio Albani, Fratello di N.S. Papa CLEMENTE XI.
Io ti vidi, o bella Clori <pag.> 192
Canzonetta letta in Arcadia l'anno 1710.
Io trascorsi i campi eletti <pag.> 202
Canzonetta per San Filippo Neri, recitata nell'Adunanza fattasi in lode di detto Santo sul monte di S. Onofrio quest'anno 1716.
Lascia omai l'egra campagna <pag.> 195
Canzonetta detta in Arcadia l'anno 1712.
Or che ritorna il sacro dì beato <pag.> 205
Egloga recitata nella solennità del SS. Natale celebrata dagli Arcadi nella Cancelleria Apostolica l'anno 1711.
Sebben delusa dalla steril terra <pag.> 189
Se non vibrava Amor sì forte il telo <pag.> 190
Per l'Assunzione della Beatissima Vergine. Sonetto detto in Cancelleria Apostolica nell'Accademia tenutasi per detta festa dall'Eminentissimo Signor Cardinale Pietro Ottoboni.
Gelindo Teccaleio
Questo nome ha in Arcadia il Sig. Florido Tartarini da Città di Castello, il quale si trattiene in Roma, e nell'Adunanza degli Arcadi ha sostenuto il Collegato.
Benché quel fuoco, che la mia nimica <pag.> 213
Colei, che in basso ciglio e in rozza veste <pag.> 216
Sonetto recitato nell'Accademia tenutasi per S. Filippo Neri, ad istanza de' Padri della Congregazione del detto Santo, nel Monte di Sant'Onofrio l'anno 1716.
Deh cangiar potess'io teco il mio stato <pag.> 218
Generoso invincibile Destriero <pag.> 215
Sonetto fatto in lode del famoso Cavallo Barbero del Signor Marchese Gabrielli.
La Vergine Romana, a cui tu vanti <pag.> 214
Nel Monacarsi la Signora Verginia Baruichi, Maceratese.
Non so, Elpin, se ti rammenti <pag.> 215
O Tebro, tu che in grembo all'Apennino <pag.> 214
L'Autore stando in Roma parla al Tevere, che nasce non molto lungi dalla sua Patria, a cui bagna le Mura.
Picciol verme, che fra l'erba <pag.> 217
Pietoso Notator, se di lontano <pag.> 213
Qual chi da furiosa atra tempesta <pag.> 212
S'io fossi stato a seguir l'orme inteso <pag.> 216
Su questo Colle, o Arsenio, arida è l'erba <pag.> 218
Si spiega dall'Autore in questa Egloga la generazione e natura degl'insetti, secondo le opinioni ed esperienze de' moderni, e spezialmente di Francesco Redi, che col nome d'Anicio veniva appellato in Arcadia. Si portano ancora alcuni passi d'antichi Poeti, e si accenna qualche osservazione fatta dall'Autore, che con un'altra Egloga spera più diffusamente trattare questo stesso soggetto.
Vago Augellin, che sul nascente giorno <pag.> 217
Mireo Rofeatico
Questo nome ha in Arcadia il Signor Abate Michel Giuseppe Morei Fiorentino, Ch. Benefiziato della Basilica Liberiana, Accademico Apatista, e al presente ed altre volte Collega nella Ragunanza degli Arcadi.
Carco già d'anni, e più di palme onusto <pag.> 232
In morte di Luigi XIV il Grande Re di Francia.
Dell'Esquilie qualor sul Colle altero <pag.> 231
Sonetto recitato in Cancelleria Apostolica, mentre vi
si solennizzava da' Pastori Arcadi il Natale di Gesù
Cristo l'anno 1711.
Ecco, o Gran Padre, il memorabil giorno <pag.> 229
Sonetto recitato e stampato nell'Accademia del Disegno in Campidoglio tenutasi d'ordine di N.S. Papa CLEMENTE XI l'anno 1713 nel giorno anniversario della Canonizzazione de' quattro Santi.
Fiume, che d'alta dirupata parte <pag.> 230
Al Fiume Aniene. Sonetto fatto in Tivoli villeggiando
ivi i Signori Convittori del Seminario Romano.
Laddove all'ombra di quei verdi allori <pag.> 227
Primo Sonetto recitato dall'Autore in Arcadia.
Non ben compito il terzo lustro avea <pag.> 226
Non perché in te con vanto eccelso e raro <pag.> 231
Fu fatto il presente Sonetto coll'altro in sua difesa, che incomincia S'altri osa dir etc., in lode del Sig. Don Gio. Antonio Moncada e Aragona, Conte di S. Piero, Primogenito del Sig. Principe di Monforte Grande di Spagna etc..
Oh qual da lei benigno guardo scende <pag.> 228
Per l'elezione al Trono Cesareo dell'Augustissimo Imperador Carlo VI. Sonetto col primo ed ultimo verso obbligati, inserito in una Corona fatta dagli Arcadi per la detta elezione.
Perché la forte Gioventude, eletta <pag.> 233
È stato questo Sonetto letto ed impresso nell'Accademia Capitolina quest'anno 1716, e vi si allude alla mossa dell'Armi Cesaree contra il Turco.
Poiché nel puro sen desti ricetto <pag.> 233
Per la Festività della Visitazione della Beatissima Vergine.
Prodi Guerrieri, che di Libia a scorno <pag.> 234
Per la presa d'un Vascello Turchesco fatta nelle vicine spiagge dalle Galee di Toscana questo anno 1716. Si allude all'aiuto prestato da Cosimo I de' Medici contra il Turco, ed al glorioso titolo di Gran Duca riportatone in premio da S. Pio V.
Quando il gran Re, che ha sovra l'onde impero <pag.> 228
Parafrasi del famoso Epigramma del Sannazzaro, che incomincia Viderat Hadriacis, in lode di Venezia.
Questa fresca valletta, e questa fonte <pag.> 235
Egloga, in cui introducendosi Eurindo Olimpiaco P. A. Cognato dell'Autore, di cui vedi le rime a carte 189 del presente Tomo, si deplora la devastazione della vera Arcadia in Grecia per mano del Turco; e fatta digressione, si prende motivo di lodare i quattro Signori Convittori del Seminario Romano ultimamente ammessi in Arcadia, cioè col nome di Vitalgo il Sig. Don Federigo Lanti, Romano, di Darete il Sig. Marchese Luigi Torrigiani, di Nidaste il Sig. Conte Gherardo della Gherardesca, Fiorentini, e di Corineo il Signor Conte Niccolò di Montevecchio Fanese.
Questo erto colle, che di nuovi allori <pag.> 229
Per lo nuovo Teatro concesso agli Arcadi, e fatto fabbricare con incomparabil generosità sul colle Aventino, dal Signor Principe Don Francesco Maria Ruspoli, detto in Arcadia Olinto.
S'altri osa dir che non distingua, e raro <pag.> 232
Vedi l'altro che incomincia Non perché in te etc..
Tale, e sì folta Gente un dì vid'io <pag.> 227
Tal grazia acquista ne' tuoi lumi il pianto <pag.> 230
Sonetto cavato da una Canzonetta del Signor Abate Pompeo Figari inserita nel presente Tomo a carte 285.
Vorrebbe Amor che almen per breve istante <pag.> 234
Mirtilo Dianidio
Con questo nome si contraddistingue in Arcadia il Sig. Dottor Pier Iacopo Martelli, Bolognese, Professor Pubblico di Lettere Umane nello studio della sua Patria, Pastore Arcade della Colonia del Reno, e più volte, e anche presentemente, uno de' XII Colleghi d'Arcadia. Ebbe egli un figlio di grazioso aspetto e d'indole generosa, che si chiamò Gio. Battista, il quale in età di sei anni compiuti morì con universal dolore di chiunque lo conosceva, e fu pianto dal proprio Padre sotto il nome d'Osmino con tutte le seguenti Rime.
Allor che Osmino incominciò Natura <pag.> 250
Morte acerba d'Osmino.
Allor che Osmin vide a seguirlo appresso <pag.> 253
Altro figlio similissimo ad Osmino.
Appiè d'un colle e presso ad una fonte <pag.> 240
Morte d'Osmino.
Cadde Agnelletto ad Armellin simile <pag.> 251
Morte d'un Agnelletto d'Osmino.
Cadde il Fanciul sotto destrier fatale <pag.> 239
Augurj della morte d'Osmino.
Come, se allor che si pascea tra' fiori <pag.> 239
Morte inaspettata d'Osmino.
Dalla vegliata inesorabil notte <pag.> 243
Sogno.
Dove, dove, o pensier? t'intendo, il mio <pag.> 245
Osmino non perduto.
Dove l'aria intorno ingombra <pag.> 260
Il Colosseo. Per la morte d'Osmino.
D'un anno uscia dal primo lustro appena <pag.> 240
Età e fattezza d'Osmino.
Era la notte, o senza Sole il giorno <pag.> 241
Giorno, in cui morì Osmino.
Fera cosa è veder su prato adorno <pag.> 245
Osmino incenerito.
Figlio, che a te vedi partir dal piede <pag.> 247
Ad Osmino, essendo la Madre travagliata dalla Colica.
Io vedea ne' tuoi bruni occhi cervieri <pag.> 244
Ad Osmino.
Le soglie d'or, fuori di cui sta morte <pag.> 244
Morto, Osmino trova i Fanciulli parenti.
Ma verrà pur quel dì de' giorni fine <pag.> 249
Risurrezione d'Osmino.
Maladetto quel dente, e quel tricorne <pag.> 254
Altercazioni. Egloga.
Nell'alta Roma, in cui sé stesso abborre <pag.> 252
Non ardisce tornare alla Patria senza il figlio.
Odo una voce tenera d'argento <pag.> 246
Chiamata d'Osmino.
Oh, come l'onda hai tu, limpido rio <pag.> 254
Al fonte d'Osmino. Elegia.
O Pastorelle, se a voi sia cortese <pag.> 246
S'invitano fanciulle a piangere Osmino.
Pender vegg'io cinta di rai Donzella <pag.> 253
Alla Beatissima Vergine.
Quella, col crin, di cui gìan l'aure in traccia <pag.> 252
Astrazione in pensando ad Osmino.
Questa è la porta, ov'io sovente entrando <pag.> 247
Memorie d'Osmino.
Questa pianta odorata e verginella <pag.> 249
Caratteri del figlio.
Rondine, che dal Nilo al Tebro arrivi <pag.> 250
Sogno d'Osmino interrotto.
Se a me sai numerar quant'Astri ha il Polo <pag.> 248
Grazia d'Osmino.
Settecento fiate, e mille, ed otto <pag.> 241
Visitando Osmino nel Sepolcro.
S'è ver di Niobe, che qual marmo in riva <pag.> 243
Desiderj.
Sparso intorno ad Osmin su bara eburna <pag.> 242
Sepoltura d'Osmino.
Stuol di beltà per lunga via s'aggiri <pag.> 248
Nel corso carnevalesco di Roma vedendo la varietà de' begli occhi, riflette a' quelli d'Osmino.
Vedesti mai nero Sparvier, che grifi <pag.> 242 Dissenzione d'alcuni Medici nell'infermità d'Osmino.
Viva, o Pittor, del mio già Figlio il viso <pag.> 251
Al Pittore del Ritratto del figlio.
Mirtinda Parraside
Sotto questo nome è intesa tra gli Arcadi la Signora Elena Riccoboni Ferrarese.
Amor sì di repente al sen s'apprese <pag.> 264
Col tuo dono, Signor, dove feconda <pag.>265
Al Sig. Marchese Luigi Bentivoglio pel dono d'una raccolta di Poeti Ferraresi.
Da umile Donna a te, Signore, ancella <pag.>263
Al Sig. Gio. Battista Recanati, Patrizio Veneto.
Di sdegnoso furor tutto ripieno <pag.>266
Italia, Italia, de' tuoi danni ognora <pag.>264
Per la partenza del Sig. Pietro Pariati, Poeta di S. M. C..
Meco talor forte mi affliggo e doglio <pag.>263
Tanto di Amor non son fiera nimica <pag.>265
Montano Falanzio
Tien questo nome in Arcadia il Sig. Abate Pompeo Figari, Genovese, uno de' Fondatori, e più volte Collega della medesima Arcadia.
Ahi che a me stesso, e a tua bontà tiranno <pag.> 274
Sopra quel versetto del Salmo, che dice Quoniam die ac nocte gravata est super me manus tua; conversus sum in aerumna mea, dum configitur spina
.
Alto, immenso Ocean, che larghi rivi <pag.> 269
Sopra il versetto Domine exaudi orationem meam, et clamor meus ad te veniat
.
Come tenera Madre, a cui dolente <pag.> 285
Con bassa fronte e scarmigliata chioma <pag.> 278
Per la villeggiatura in Albano del Sig. Card. Ottoboni.
Corron talor dietro all'insane voglie <pag.> 275
Sopra il vers. Sicut opertorium mutabis eos, et mutabuntur: tu autem idem ipse es, et anni tui non deficient
.
Così di forze a poco a poco io manco <pag.> 276
Sopra il versetto Et perdes omnes, qui tribulant animam meam, quoniam ego servus tuus sum
.
Credean d'Erebo i Mostri (ahi par che ancora <pag.> 274
Sopra il versetto Erubescant, et conturbentur vehementer omnes inimici mei; convertantur, et erubescant valde velociter
.
Dal primo dì, che pargoletto in cuna <pag.> 279
Degli Eserciti Dio, Dio di Vendette <pag.> 269
Sopra il versetto Docebo iniquos vias tuas, et impii ad te convertentur
.
Della colpa a fuggir talor mi provo <pag.> 268
Sopra il versetto Cor mundum crea in me Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis
.
Di acerba servitù tra gli aspri nodi <pag.> 271
Sopra il versetto Ut annuncient in Sion laudem Domini, et laudem ejus in Hierusalem
.
Dopo la breve sì, ma ognor dubbiosa <pag.> 272
Sopra il versetto Ne revoces me in dimidio dierum meorum, in generationem et generationem anni tui
.
E d'onde a tanti mali alcun rimedio <pag.> 284
E quando mai col crin fiorito e biondo <pag.> 273
Sopra il versetto In conveniendo populos in unum, et Reges ut serviant Domino
.
Eterno Genitore, eterna Prole <pag.> 277
Sopra il versetto Gloria Patri, et Filio, etc.
.
Già fatta alfin da' proprj danni accorta <pag.> 276
Sopra il versetto Notam fac mihi viam in qua ambulem, quia ad te levavi animam meam
.
Gloria a voi, Selve amiche, e gloria a voi <pag.> 277
Io v'amo, o Lidia, e siccom'uom, che avaro <pag.> 280
Lontan dalla mia Ninfa, oh come ardito <pag.> 284
Mie deluse speranze! Io già credea <pag.> 281
Mista all'umor, che da' miei lumi sgorga <pag.> 275
Sopra il versetto Domine exaudi orationem meam; auribus percipe obsecrationem meam; in veritate tua exaudi me in tua justitia
.
Muse voi, che tutte altere <pag.> 288
Per lo SS. Natale, celebrato dagli Arcadi in Canc. Ap..
Nave, che dal furor di torbid'onde <pag.> 268
Sopra il versetto Ne proicias me a facie tua, et Spiritum Sanctum tuum ne auferas a me
.
Oh bella, se ridete <pag.> 285
O Pellican, ch'ove più il calle è incerto <pag.> 270
Sopra il versetto Similis factus sum Pellicano solitudinis; factum sum sicut Nycticorax in domicilio
.
Poiché già per tant'anni essere io soglio <pag.> 278
Qual per cieco desio correndo all'esca <pag.> 283
Qual, se innocente incauta Lodoletta <pag.> 282
Quando mi accese in seno il primo fuoco <pag.> 283
Quante fiate, o troppo incauto core <pag.> 282
Quanto sei bella, o Lidia! Io veggio il fiume <pag.> 281
"Questa, ch'io calco ognor, terrena strada <pag.> 272
Sopra il vers. Intellectum tibi dabo, et instruam te in via hac, qua gradieris; formabo super te oculus meos
.
Se col pensier sovra me stesso io m'ergo <pag.> 267
Sopra il versetto Domine ne in furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me
.
Se del Ciel tra le piagge alme e serene <pag.> 271
Sopra il vers. Tu autem Domine in aeternum permanes, et memoriale tuum in generationem et generationem
.
Se quanto al guardo tuo celar si prova <pag.> 272
Sopra il versetto Delictum meum cognitum tibi feci, et injustitiam meam non abscondi
.
Siccome venti al mar, con varie tempre <pag.> 267
Sopra il versetto Et anima mea turbata est valde; sed tu, Domine, usquequo?
Sovente in ascoltar quel, che spargea <pag.> 279
Alla Sig. Contessa Prudenza Gabrielli Capizucchi, tra gli Arcadi Elettra Citeria.
Tra l'Arabiche selve unico Augello <pag.> 293
Canzone per l'Assunzione al Cielo della B. V..
Tra le vaghe due Ninfe Eurilla e Clori <pag.> 280
Vidi in un campo allo spuntar del giorno <pag.> 270
Sopra il versetto Dies mei sicut umbra declinaverunt, et ego sicum foenum arvi
.
Vivendo in altra età cieco seguace <pag.> 266
Nidalmo Tiseo
Addio, Castalio fiume: il Ciel cortese <pag.> 300
Allora che si sfiorano <pag.> 326
A me piacciono pur tanto <pag.> 326
Anime accese da gentil desire <pag.> 304
Che val con aurea poppa ed auree vele <pag.> 306
Chi di me più scortese, aspro, inumano <pag.> 297
Come Nocchier, che le procelle e l'onde <pag.> 295
Come parta e come arrivi <pag.> 320
Come vanno e come tornano <pag.> 326
È follia <pag.> 324
Era tranquillo il mare, e il Ciel sereno <pag.> 300
Filli mia, non è credibile <pag.> 328
Il mio bel fuoco e l'aurea mia catena <pag.> 301
Il riso, il pianto, l'allegrezza, e 'l duolo <pag.> 307
In un boschetto ombroso <pag.> 319
Io mi stava una mattina <pag.> 314
Io non posso, non so, né voglio aitarme <pag.> 299
Io son Nocchier, che per fatali stelle <pag.> 296
I pesci di vivagno <pag.> 322
La fragil Nave mia corre a seconda <pag.> 307
Lo star da voi diviso <pag.> 338
Mentre andava solingo lagrimando <pag.> 297
Nella gran Corte, ove soggiorna Amore <pag.> 303
Non m'importa e non mi curo <pag.> 329
Non ragionate più, come una volta <pag.> 303
O bianca, o negra Uva pigiata e stretta <pag.> 318
O Cameretta mia <pag.> 321
Occhi belli, io lo confesso <pag.> 331
O dolce, o cara, o mia diletta Fille <pag.> 302
Per tua beltade, e in tua virtù sicura <pag.> 298
Piccola pianta, che si scorge appena <pag.> 304
Qualora io penso, e qualor gli occhi io volgo <pag.> 332
Qualora io veggio in bel seren le Stelle <pag.> 301
Quant'è, ch'io sospirava e ch'io piangea <pag.> 306
Quella quercia, ch'or tanto alta e superba <pag.> 299
Quercia non tanto infra la terra e i sassi <pag.> 302
Se all'amoroso viso, agli occhi belli <pag.> 298
Se al poco e falso dolce, e al molto amaro <pag.> 305
Seguano pure nubilosi e brevi <pag.> 305
Se il piacer del pensar mi fosse tolto <pag.> 295
Se quella fiamma, che di vena in vena <pag.> 296
Siccome corre ogni momento al mare <pag.> 308
Tanta invidia ti porto <pag.> 323
T'ho pur giunto, furfantello <pag.> 309
Vergine santa e pura, e Madre insieme <pag.> 308
Ottinio Corineo
Il presente nome vien portato in Arcadia dal Signor Giuliano Sabbatini, Modanese.
Allorché morte il grand'Orazio tolse <pag.> 344
In morte del Sig. D. Orazio Albani, Fratello di N.S..
Bambino ancor d'accorgimento e d'anni <pag.> 348
Chi è costei, che ha sì superba a sdegno <pag.> 347
Dalla più pura e più sublime sfera <pag.> 346
Di tua bontà dal luminoso fonte <pag.> 344
Dotto Salvin, che il mio vil nome oscuro <pag.> 345
Al Sig. Abate Anton Maria Salvini.
Iniqua larva, dell'onor nimica <pag.> 346
Io sospirava che tornasse al lido <pag.> 345
Ma scolorirsi in un baleno io vidi <pag.> 342
Infermità di Ferdinando G. Principe di di Toscana.
Mentre un dì mirossi al fonte <pag.> 349
Sopra il vers. Decoloravit me sol
.
Ninfa gentil, che per gli afflitti lidi <pag.> 354
Canzone in morte del Senator Vincenzio da Filicaia detto Polibo Emonio, recitata e stampata ne' Giuochi Olimpici, celebrati in Arcadia l'anno 1710.
Ogni virtù fa scorta al piè sovrano <pag.> 347
Per l'elezione del Serenissimo Lorenzo Centurione, Doge di Genova. Sonetto di Corona.
Ohimè d'Etruria il solo almo conforto <pag.> 359
Elegia in morte di Ferdinando G. Principe di Toscana.
Oh sovra ogn'altro a noi bello e lucente <pag.> 343
Ritorno di Ferdinando Gran Principe di Toscana
O lungo tempo disiato invano <pag.> 363
Egloga intitolata La Solitudine, in cui l'Autore s'introduce a parlare con Eumante Acheleio, cioè il Signor Piero Ignazio della Torre de' Conti di Bobio, Institutore e primo Principe dell'Accademia degl'Innominati di Bra, nella quale l'Autore ha il nome di Disastroso, e per Impresa alcune scoscese montagne col motto Spirant praesagia
. S'allude a un dubbio proposto dalla stessa Accademia, nel quale, preso il motivo dall'aver Cristo scelto, per orare avanti la passione, l'Orto di Getsemani, si cercò se per le operazioni della mente, tanto sacre che profane, sia più confacevole la solitudine o l'abitato.
O Rime, o Rime, che, le valli ascose <pag.> 341
Ove è la saggia nobile Donzella <pag.> 349
Monacandosi la Sig. Bianca Spannocchi, Dama Sanese.
Poiché i sacrati onnipotenti carmi <pag.> 350
Pur tra l'orror del tenebroso giorno <pag.> 342
Risanamento di Ferdinando G. Principe di Toscana.
Qual Cacciator Fanciullo, a cui davante <pag.> 348
Nel passaggio dalle belle Lettere alla Filosofia.
Ricco di quest'eccelsa altera Immago <pag.> 341
Ritratto di Ferdinando Gran Principe di Toscana.
Signor, che miri in qual gran pianto è involta <pag.> 343
Voto per la salute di Ferdinando G. Principe di Tosc..
Tirsi, se udrò mai più che Aglauro canti <pag.> 350
Al Sig. Avvocato Gio. Batista Zappi detto Tirsi, per tre mirabili Sonetti della Sig. Faustina Maratti, sua Consorte detta Aglauro, sopra le tre Romane, Vetturia, Lucrezia, e Porzia, che furono veduti i primi dall'Autore, e sono impressi in questo Vol. cart. 40 e 41.
Palemone Licurio
S'intende per questo nome il Sig. Silvio Stampiglia, Romano, uno de' Fondatori d'Arcadia. Vive egli in Vienna, avendo da molti anni servito gli Augustissimi Imperadori in qualità di Poeta.
Ahi come il pianto al suon funebre e mesto <pag.> 377
Per l'anniversario della morte dell'Imp. Giuseppe I.
Allor che volli innamorarmi anch'io <pag.> 370
Di Roma, in tempo giovanile e lieto <pag.> 373
Al Signor Gio. Pietro Primoli, Segretario Imperiale.
Dorinda mia col ciglio suo lucente <pag.> 374
Ecco la pianta, a cui ferì la fronte <pag.> 370
Ecco l'Augusta Sposa: oh come il Fato <pag.> 378
Arrivo in Vienna dell'Aug. Imperadrice Elisabetta.
E pure al fine a rivederti io torno <pag.> 372
La Città di Forlì nel ritorno del Sig. Cardinal Giulio Piazza. I due Monarchi che in esso si enunciano sono gli Augustiss. Imperadori Giuseppe I e Carlo VI.
Forma gentil d'altera e dolce idea <pag.> 374
Grande visse Innocenzo, e grande il nome <pag.> 372
Arrivo da Pollonia in Vienna del Card. Odescalchi.
Laddove a un rio giace sepolta accanto <pag.> 373
L'Immago di Giuseppe, o tu, che miri <pag.> 377
Per un ritratto dell'Imp. Giuseppe I defunto.
Ninfa di bella e maestosa immago <pag.> 376
Per la morte del Principino di Parma.
Padre e Signor, tu sei su gli astri asceso <pag.> 378
Morte di mio Padre in Roma, stando io in Vienna.
Qual sull'inferme piume egro, che giace <pag.> 375
Quando le vostre colle mie pupille <pag.> 371
Quando vibrò da' vostri lumi Amore <pag.> 375
Quell'Agnelletta, che vezzosa tanto <pag.> 371
Sotto un Allor' di cento rami, e cento <pag.> 376
L'Autore implora la grazia dell'Aug. Imp. Carlo VI.
Tornava, allor che in Ciel sorgean le stelle <pag.> 382
Egloga, il cui titolo si è: Veglia di Ninfe e Pastori nella Capanna di Palemone Licurio.
Vaga Dorinda, eccomi a te ritorno <pag.> 379
Egloga per la leggiadrissima Pastorale in Musica L'Amore Eroico fra i Pastori, composta e dedicata all'Arcadia dall'Em. Sig. Card. Ottoboni, detto Crateo, e rappresentata nel 1696 col mezzo di bellissime figurine, che con mirabile artifizio operavano al naturale.
Teleste Ciparissiano
Porta tal nome fra gli Arcadi il Sig. Gio. Batista Recanati Patrizio Veneto, Accademico Fiorentino e Innominato di Bra.
Ben si conosce la virtù possente <pag.> 395
Col dolce manto di pietà si adombra <pag.> 399
Come Augellin, che colla Madre allato <pag.> 394
Come Nocchier, che in mezzo al mar molt'anni <pag.> 392
Del mio voler troppo fedel seguace <pag.> 397
Dolce pensier, della mia mente figlio <pag.> 398
Nello stess'anno entro mortali spoglie <pag.> 397
O di Febo immortal trascelta Ancella <pag.> 395
In risposta al Sonetto di Mirtinda, che incomincia
Da umile Donna etc., dato di sopra a c. 263.
Poiché quel nodo, a cui formar molt'anni <pag.> 390
Quando al gradito altrui dolce riposo <pag.> 391
Quella tua generosa inclita Figlia <pag.> 391
Sola cura di Filli, e sol diletto <pag.> 398
Sotto il gran peso di mie gravi cure <pag.> 394
Spesso de' miei desir' l'ali raffrena <pag.> 392
Tanta pietà di me stesso mi assale <pag.> 393
Tu ancor contro di me lieto congiuri <pag.> 393
Tu, che sì dolce ogn'or, vago Usignuolo <pag.> 396
Ver' voi lo spirto mio sì ratto n'esce <pag.> 396
Un dì gli spirti, a cui forse dovea <pag.> 390
Alla Sig. Elena Riccoboni, tra gli Arcadi Mirtinda.